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XXI SECOLO: ANCHE IL CALCIO SI SPOSTERA’ VERSO IL PACIFICO?

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Quante volte in questi anni abbiamo ascoltato ripeterci che l’asse del mondo si è spostato verso il Pacifico? Che questo  sarà il secolo dell’Asia? Dove, secondo gli studiosi, la Cina e l’India, ma non soltanto, anche altri Paesi come quelli del Golfo Persico oppure la Thailandia, l’Indonesia, il Vietnam o le Filippine, hanno prospettive di crescita economica decisamente migliori rispetto, per esempio, a Paesi come l’Italia. Tanto da finire sotto la lente dei più grandi investitori mondiali che lì, piuttosto che da altri parti, vogliono andare a portare i loro quattrini.

Ma sviluppo economico, in questi Paesi, può significare anche sviluppo di uno sport come il calcio? Da quando il campione brasiliano Zico (agli inizi degli anni Novanta) decise di andare a svernare in Giappone concludendo lì la sua carriera da giocatore e poi, più di recente, il nostro Marcello Lippi ha accettato di andare ad allenare in Cina, la domanda non è più così peregrina. Infatti, anche il calcio asiatico, da qualche anno ormai, è considerato un fenomeno in forte ascesa, capace di attrarre sempre di più, i calciatori di ogni provenienza che , nella loro carriera, hanno militato in campionati storicamente più riconosciuti. Quale sia ad oggi lo stato dell’arte, del gioco del calcio nel versante del Pacifico, lo si può apprendere leggendo il report pubblicato dal sito www.football-observatory.com, nel quale sono riportati dati e statistiche delle squadre che militano nei campionati d’Asia, Golfo Persico e Australia.

Diverse le tematiche prese in esame dallo studio: dall’età media dei calciatori, all’internazionalizzazione dei club, per arrivare allo sviluppo dei settori giovanili. Leggendo le 55 pagine del report ,si apprende allora, che il primato che riguarda l’età media più alta delle squadre, appartiene al Qatar (27.4 anni) mentre quella più bassa all’Australia (25) e che nel complesso l’età media dei campionati d’Asia e Golfo Persico si avvicina molto a quella dei 5 più importanti campionati europei. Prova ne è il fatto che l’età media dei calciatori che militano nel campionato qatariota si avvicina molto a quella della nostra serie A (27 anni), di poco inferiore. La situazione cambia invece se ad essere presa in considerazione è l’età media degli stranieri che militano nei campionati d’Asia o d’Australia, rispetto a quelli europei. Infatti, in questo caso, l’attitudine delle squadre asiatiche è quella di acquistare giocatori “maturi”, ossia in età non più giovanissima (come il caso di Drogba acquistato dal Guangzhou), ma ancora in grado di fare la differenza.

Inoltre, secondo i dati raccolti da FO, in nessun campionato asiatico militano giocatori stranieri con età inferiore ai 27 anni: si passa dai 28.8 dell’Australia ai 27.3 del Giappone. Spetta invece al Al-Ittihad il primato per la più alta percentuale di minuti giocati da calciatori al di sotto dei 21 anni (36,2%) mentre al Montedio Yamagata il primato per il più alto minutaggio dei calciatori over 30. In Europa invece lo stesso primato spetta rispettivamente al Monaco (per l’impiego dei calciatori più giovani) e all’Hellas Verona (davanti a West Bromwich e Juventus) per l’utilizzo di giocatori più anziani.

Per  ciò che riguarda la stabilità di una squadra, (cioè la frequenza con la quale vengono impiegati i calciatori già in rosa l’anno precedente) la situazione varia da campionato a campionato e soprattutto da giocatore a giocatore. Infatti, come accade anche in Europa, i più stabili da questo punto di vista sono i portieri, con il più elevato numero di presenze che si rivela nelle squadre giapponesi. Al contrario, gli attaccanti sono i più inclini a cambiare casacca, ogni due anni. Inoltre, nei campionati asiatici, rispetto a quelli europei, si registra una percentuale più alta di attaccanti stranieri (in media il 28.5% del totale). E, per di più, nelle squadre asiatiche, è più elevata la permanenza dei calciatori nazionali (3.7 anni) rispetto a quelli stranieri (1.9).

Come, allo stesso modo, è più alta (del 24%) la permanenza dei calciatori in quelle squadre che disputano la Champions League asiatica, in base alla regola che più una squadra è stabile e più risultati ottiene. Da questo punto di vista, in Asia e Golfo Persico, le squadre più stabili sono i qatarioti dell’Al Sadd e i giapponesi dei Kashima Antlers; mentre in Europa troviamo in ordine Manchester City (60%), Real Sociedad (58%) e Juventus (57%).

Arriva invece dal Brasile la maggior parte dei calciatori stranieri. Sono la maggioranza in tutti i campionati asiatici: 35 giocano in Giappone; 24 in Corea e 21 in Cina. Le uniche eccezioni riguardano i campionati australiano e uzbeko dove rispettivamente gli spagnoli (7) e i moldavi (6) sono la maggioranza sul totale dei giocatori stranieri. Tra i quali, ci sono anche quelli che, almeno una volta, hanno vestito la casacca della loro nazionale, e sono il 22,9%. La metà rispetto ai presenti attualmente nei 5 campionati europei più importanti che sono il 50.7%.  In questo senso il primato appartiene al Qatar che ha la più alta percentuale di nazionali (il 30.9%) rispetto al resto dei campionati asiatici. Tra questi, gli attaccanti rappresentano ancora la maggioranza.

Nelle squadre che disputano la Champions League asiatica, in media, giocano almeno 9 giocatori che hanno vestito o vestono la maglia della nazionale e, facendo un paragone con le squadre che disputano la Champions League europea, in esse i “nazionali” (o quelli che lo sono stati almeno una volta) sono (sempre in media) circa 16 per squadra, con un picco di 25 nella Roma. Tra le squadre europee è il Chelsea la formazione nella quale i “nazionali” sono impiegati di più: nei blues hanno giocato il 99% delle partite. Invece in Asia e Golfo Persico le squadre con più nazionali sono il Guangzhou Evergrande (13) in Cina e l’Al Gharafa in Qatar (16).

Il discorso cambia ancora se parliamo di settori giovanili. Cioè di “academy players”. In questo caso è l’Asia che nei numeri batte l’Europa. Infatti nei campionati asiatici un 1/5 dei calciatori che debuttano nelle serie professionistiche arrivano dai club di appartenenza. Tra questi, se la minoranza sono i portieri (il 18%), la maggioranza sono i centrocampisti che in Giappone arrivano ad essere il 40%. Nel complesso gli “academy players” asiatici, che debutanno, sono l’8,5% in più rispetto ai debuttanti presenti nei 5 campionati europei più importanti. E giocano anche di più rispetto ai loro colleghi europei. Da questo punto di vista, il primato spetta sempre al Qatar (40.9 minuti per giocatore). Se invece parliamo di età, in Europa, i calciatori debuttano prima. In Asia, infatti, l’esordio avviene ad un’età che si avvicina ai 20 anni (19.83) , anche se rimangono le differenze tra un campionato e l’altro: negli Emirati Arabi Uniti, per esempio, il debutto avviene con 2 anni di anticipo rispetto alla Corea del Sud e alla Cina.

A proposito di Cina, l’ultima notizia è che la società (la Gestifute) di Jorge Mendes, considerato al momento il numero uno tra i procuratori, ha stretto un accordo con il fondo Fosun del miliardario cinese Guangchang che è reduce da un’imponente campagna d’Italia all’insegna di shopping immobiliare. Visto che nell’aprile scorso ha acquistato a Milano l’intero palazzo dell’ex sede Unicredit per 345 milioni di euro. Chissà che tra un po’ di tempo, nella testa dei cinesi del Fosun, il pallone non prenda il posto del mattone.

LEGGI L’ARTICOLO “Anche Jorge Mendes a Pechino: il calcio cinese alza la posta in gioco”

FOTO: www.youtube.com

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