Quella che si va profilando tra Vivendi e Fininvest per il controllo di Mediaset sarà in tutti i sensi una partita da Champions. Perchè in ballo, insieme al controllo del principale polo televisivo privato italiano, c’è anche tutto ciò che ne deriva. In termini di contenuti (che piacciono tanto al numero uno di Vivendi Vincent Bollorè), di ricavi pubblicitari ma anche di costi relativi ai diritti televisivi. Come quelli che Mediaset, attraverso la piattaforma Premium, ha sostenuto fino ad oggi per aggiudicarsi la trasmissione delle partite di Champions League delle squadre italiane. Pagando la stratosferica cifra di 660 milioni di euro per il triennio 2015-18. Una cifra che sarà anche la base di partenza della prossima asta (prevista per febbraio E presumibilmente al rialzo) per i diritti relativi al triennio 2018-21. E che, c’è da credere, influirà e non poco su quelle che saranno le prossime strategie di Mediaset che verranno presentate ufficialmente agli investitori internazionali, il prossimo 18 gennaio a Londra. E che dovranno convincere i mercati che Mediaset sotto la guida della famiglia Berlusconi è ancora un’azienda sulla quale poter puntare. Ma il dubbio che circola (e non da oggi) ai piani alti del Biscione ruota tutto intorno ad una precisa domanda: conviene o no, investire ancora sulla piattaforma Premium?
L’accordo dell’aprile scorso che prevedeva tra l’altro anche la cessione del 100% di Premium da Mediaset a Vivendi indurrebbe a rispondere in maniera negativa. E d’altronde i numeri fino ad oggi rivelano che nonostante una mole di ricavi complessivi che ammontano a circa 800 milioni di euro e abbonati che superano i 2 milioni, la società chiuderà in rosso il bilancio per l’anno 2016 (a fronte di costi elevati per diritti su partite e film). Un fardello per Mediaset. Che infatti, avrebbe voluto disfarsene vendendo ai francesi di Vivendi. I quali dopo l’accordo iniziale, hanno fatto una clamorosa retromarcia (sulla quale Mediaset ha già annunciato l’inizio di una battaglia legale) per iniziare a partire dal dicembre scorso, un’operazione di rastrellamento sul mercato delle azioni Mediaset. Fino a portarsi, come rivela Il Sole 24 Ore, dal 3 al 28,8% del capitale sociale (equivalente al 29% dei diritti di voto). Cioè la soglia massima consentita dalla legge italiana, oltre la quale scatterebbe l’obbligo di dover lanciare un’Opa sul resto delle azioni. Che conti alla mano costerebbe a Vivendi, all’incirca 7 miliardi di euro, considerando che l’offerta andrebbe lanciata a cascata anche sulle controllate di Mediaset. Una buona ragione, come rivela sempre il Sole 24 Ore, che sembra spingere Vivendi verso ben altre direzioni. Ipotesi che tra l’altro, potrebbe essere anche cancellata del tutto dall’Autorità garante in materia di comunicazioni (l’AGCOM) ai sensi dell’articolo 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar). Che vieta appunto ad una società di poter esercitare un’ “influenza dominante” controllando una quota di mercato dei media ed un’altra delle telecomunicazioni. In questo caso, Vivendi, qualora lanciasse l’Opa su Mediaset arriverebbe infatti a controllare il 13% del mercato dei media, dopo aver già ottenuto il controllo del 44% del mercato delle tcl (attraverso Telecom, di cui Vivendi è il principale azionista ). Per l’Authority, risulterebbero quindi superati il tetto del 40% e del 10 stabiliti dal Tusmar.
Nel frattempo però, proseguono le strategie del Biscione a protezione dell’ “italianità” di Mediaset. Nei giorni scorsi era stato proprio Silvio Berlusconi a sollevare la questione invocando la costituzione di veri e propri “comitati a difesi dell’italianità di Mediaset”, da formarsi all’interno della residua quota di capitale sociale (circa il 15%) che è ancora in mano al mercato. E quanti sarebbero questi azionisti? Come rivela il Corriere della Sera, l’elenco si comporrebbe di 90 mila nominativi. Una galassia sterminata di nomi tra i quali non mancherebbero i casi “eccellenti”. Tra questi, a parte il Re d’Arabia Saudita Salmān bin ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd (titolare di una partecipazione vicina al 2% per circa 80 milioni di euro di capitale) ci sarebbero anche l’ex calciatore di Milan e Juventus Andrea Pirlo, il finanziere Ennio Doris (socio di Berlusconi in Mediolanum) e dulcis in fundo Veronica Lario, l’ormai ex moglie dell’ex presidente del Consiglio. Per conservare l’italianità di Mediaset Berlusconi dovrà convincere anche loro. Ci riuscirà?