Tra due giorni c’è un aereo speciale. Sarà quello che la porterà a Rio, verso le sue prime Olimpiadi. Veronica Inglese, che il pass olimpico nei 10.000 metri, la gara più lunga di quelle sul tartan rosso, lo ha staccato a maggio, ora che il momento è arrivato non finge freddezza e imperturbabilità, e dà flusso all’emozione. Nel frattempo, meno di un mese fa, è arrivato anche un argento Europeo ad Amsterdam, nella mezza maratona, che non è disciplina olimpica ma che proietta ancora di più su di lei le speranze più inattese di un intero movimento, quello dell’atletica italiana, colpito dalle ultime defezioni olimpiche. Per #RioGiocoPulito, a una manciata di ore da quell’aereo, Veronica si racconta per l’ultima volta prima che la sua avventura a cinque cerchi cominci. E ci fa vivere un po’ del suo grande sogno.
“Sto contando le ore, i giorni sono lunghissimi. Penso non solo alla gara, ma anche a cosa proverò quando sarò lì, arrivare a Rio, vivere il Villaggio Olimpico, sono molto emozionata. E curiosa delle emozioni che proverò lì, sapendo di dover rimanere più tranquilla possibile, per fare una buona gara. Nella testa di un’atleta scattano tante cose prima di un’esperienza come questa”.
Un minimo per Rio ottenuto in abbondante anticipo, poi l’argento europeo nella mezza maratona: un biglietto da visita fragoroso, per i tuoi primi Giochi, a 25 anni…
“Quest’anno sui 10.000 metri vogliamo giocarcela bene, per lavorare poi per i prossimi quattro, in vista del 2020, magari nella maratona. Ma voglio dare il massimo, fare la gara sperando di giocarmi tutte le mie carte: non mi aspetto una medaglia alla prima esperienza, ma c’è la voglia di dare tutto quello che ho in quella che è la gara su pista più lunga in programma, con una finale diretta, in cui conta non solo il fattore fisico, ma anche quello strategico”.
Ecco, la strategia: ti conosciamo quale atleta molto razionale e determinata. Staccato il pass per Rio, dicesti immediatamente a tutti: “Calma, prima ci sono gli Europei. La mia testa è lì”. Ed è arrivato l’argento nella mezza maratona. Quanto incide la testa rispetto alle gambe, nella tua corsa?
“La testa conta eccome, almeno il 90%, solo il 10% dipende dalle gambe. Se non ci sono la concentrazione e la determinazione giuste, puoi anche avere le condizioni di forma giuste, ma in gara non riesci a dare quello che ti aspetti. Nelle gare di velocità non c’è da pensare o da gestirsi, bisogna dare sempre il massimo. In quelle lunghe il fattore legato alla testa, alla strategia e al calcolo incide tanto: specialmente in momenti in cui pensi di fare determinate cose ma non ci riesci, è necessario mantenere la lucidità”.
Sarà in ogni caso l’ideale coronamento di un’annata incredibile…
“E’ stato un anno speciale e particolare, abbiamo ragionato obiettivo per obiettivo, un appuntamento dopo l’altro. Dal punto di vista mentale è stato importantissimo ottenere il minimo per la qualificazione olimpica già a maggio con la gara di Palo Alto: essere già sicura delle Olimpiadi di Rio con quell’anticipo mi ha permesso di concentrarmi al 100% sull’Europeo di Amsterdam, e l’obiettivo è diventato quello. Non avevamo messo in programma come obiettivo principale i Giochi, ma è stato un anno in cui per me è cambiato tutto, a livello internazionale: ho cambiato allenatore, ho fatto le mie prime gare importanti all’estero, è stato un anno di crescita, dopo gli infortuni che mi avevano condizionato in precedenza”.
Dopo il tempo di 31’42”02 a Palo Alto, nella gara che ti ha qualificata per Rio, confessasti il tuo stupore: “Quando ho visto il 31 davanti, stentavo a crederci”, raccontasti. Ma quel tempo è addirittura migliorato agli Europei (sesto posto con 31’37”43, ndr). Dopo Amsterdam, puoi considerarlo come uno standard che ormai ti appartiene?
“Sicuramente sì, essere riuscita a ripetermi in una gara piena di strappi, con una partenza molto forte, poi un momento in cui era necessario allentare e poi di nuovo con la necessità di forzare nel finale, mi fa pensare che in questo momento nelle mie gambe un tempo del genere c’è. Speriamo di migliorarlo a Rio, ci proverò”.
La tua terra: associare Barletta all’atletica leggera chiama inevitabilmente in causa un totem come Mennea. Eppure nella tua scelta di terminare la preparazione tra le strade della tua città c’è di più…
“Condividere la stessa origine di Mennea, per tutto quello che ha fatto, è sicuramente motivo di orgoglio, è stato un grande campione e ogni barlettano ne va fiero. La mia forza la traggo anche realizzando quella che è la mia vita, che è qui: in questa città sono nata, ed è nata la mia storia sportiva, tra il campo e le strade di Barletta, una città alla quale sono legata, che mi ha visto letteralmente crescere, tra le strade, fin da piccolissima. Mi sento a casa mia, sento il calore e il tifo delle persone, e mi alleno molto bene, grazie anche alla pista di Bisceglie, ora che a Barletta il campo è chiuso. Stare qui mi carica, mi permette di partire per le gare più forte, tornare a casa e sentire l’affetto di chi mi circonda è importante, lo faccio sempre nella settimana che precede le gare, completando qui la preparazione che faccio nelle strutture del Centro Sportivo dell’Esercito a Roma e nei centri federali FIDAL, dove ho tutto. Ma il periodo nella mia terra, immediatamente precedente alla gara, per me è fondamentale”.
Ora è veramente arrivato il tempo del tuo aereo speciale, Veronica. Se chiudi gli occhi e pensi a Rio cosa vedi?
“Ancora devo capire, giuro che non riesco a rendermi conto che fra tre giorni sarò lì per le Olimpiadi. Gli occhi aspetto di aprirli a Rio, e vivere tutto di questa esperienza”.