“Il Milan non ha i soldi, a un certo punto pagheranno le conseguenze”. Perché il presidente della Roma James Pallotta arriverà alla fine di luglio a parlare in questo modo della società rossonera? Sarà per il clima torrido della Capitale, fattosi rovente per l’arrivo di Lucifero, l’ondata di caldo che renderà infernale anche la vita dei romani? Oppure per il nervosismo, dovuto ai problemi finanziari della società giallorossa e moltiplicato dagli ennesimi intoppi sulla questione stadio? Sia come sia, le parole di Pallotta serviranno a surriscaldare ulteriormente il clima tra la “sua” Roma e il Milan il quale, con buona pace del finanziere di Boston, di soldi da investire sul mercato sembra averne e tanti. Dopo il passaggio di consegne tra Silvio Berlusconi e la cordata cinese guidata dall’imprenditore Yonghong Li. Fino ad oggi, a mercato non ancora chiuso, il Diavolo ha infatti speso la bellezza di 214 milioni di euro. In Europa soltanto il PSG, dopo l’affare Neymar, è riuscito a spendere di più. Ma allora perché Pallotta che tra l’altro alla fine vorrà scusarsi, parlerà in quel modo?
Il discorso può cambiare se cambia anche il punto di vista con il quale si leggono le dichiarazioni del presidente giallorosso. Il quale, prima di essere il numero uno della “Maggica”, è stato (e lo è ancora) un finanziere navigato, che ha fatto fortuna gestendo fondi per miliardi di dollari. E’ mai possibile allora, che arrivi ad esprimersi come forse farebbe soltanto uno sprovveduto ai tavolini di un bar? La risposta diventa ancora più interessante, se si aggiunge che oltre al fatto di essere un abilissimo gestore di fondi, Pallotta è anche americano, proprio come lo è Paul Singer, fondatore del fondo Elliott, uno dei fondi di investimento a stelle e strisce più attivi nelle operazioni di ristrutturazione finanziaria di una società. Che Pallotta evidentemente deve conoscere molto bene e che negli Stati Uniti, come scritto anche dal quotidiano Libero, si è guadagnato negli anni il poco lusinghiero titolo di “fondo avvoltoio”. Già coinvolto nel default argentino del 2002, da un po’ di tempo attivo anche in Italia con interessi sparsi in diversi settori: dal bancario (nel salvataggio del Monte dei Paschi di Siena) alla telefonia (Telecom Italia) e alle ferrovie (con una partecipazione del 30% in Ansaldo) per finire appunto, con il calcio.
Diventando così il creditore numero uno di Yonghong Li e della sua Rossoneri Lux Sport Investment, la società proprietaria del Milan, con un prestito di 180 milioni ad un tasso altissimo: oltre l’11%. E’ grazie a questi soldi che il passaggio di consegne da Berlusconi ai cinesi è potuto avvenire. E in realtà l’ammontare della cifra complessiva prestata dal fondo Elliott sarebbe anche maggiore, perché vanno aggiunti 73 milioni per sistemare la posizione debitoria con le banche e altri 50 da destinare ad operazioni di sviluppo del Milan. Conti alla mano la cifra arriverebbe a toccare i 300 milioni di euro di prestito. Il quale, anche se mancano in questo senso informazioni ufficiali (come riportato dal sito Calcio&Finanza dal bilancio del Milan 2016 non si evincono i dettagli né la durata del finanziamento) dovrà essere rimborsato nel giro di pochi anni (secondo il sito Pianeta Milan la scadenza è ottobre 2018). E che cosa potrebbe succedere se invece il debito non venisse rimborsato? Come prevede il diritto lussemburghese che vige in questo caso, essendo la Rossoneri Lux una società con sede in Lussemburgo, in caso di default della società debitrice tutti i suoi beni diventano subito di disponibilità della società creditrice. Quindi, se i cinesi non pagano, anche il Milan diventa di proprietà degli americani del fondo Elliott. Questo perché come riportato anche dal sito Calcio&Finanza, come garanzia per il prestito il fondo Elliott, attraverso una società che si chiama Project Redblack (anch’essa con sede in Lussemburgo), ha chiesto come pegno il 99,93% del AC Milan Spa, vale a dire l’intera quota detenuta dalla Rossoneri Lux.
Ma non solo, come riportato sempre da C&F, le garanzie volute dagli americani hanno riguardato anche il pegno su conti correnti (uno in particolare acceso presso la Banca Popolare di Milano); archivio immagini, dati e registrazioni e video di proprietà del Milan e in più tutti i crediti derivanti dai vari contratti commerciali e sponsorship stipulati dalla società Milan Entertainment. Dunque se formalmente il Milan è di proprietà dei cinesi, in sostanza è dato in garanzia agli americani. La domanda sorge spontanea: ma chi sono i veri proprietari? Chissà se Pallotta conosca già la risposta.