Chiedere all’Uefa di adottare il Var, e dunque di rinunciare al libero arbitrio dei suoi arbitri, è come pretendere che Donald Trump si spogli dei poteri presidenziali per sottoporsi di buon grado all’inchiesta sul Russiagate. O che Dart Vader rinfoderi la spada laser in nome del pacifismo. Un tempo gli arbitri di calcio potevano scegliere tra due epiteti: venduto o cornuto. Poi arriva Calciopoli e la figura della giacchetta allora nera ne esce ancora più malconcia: se gli va bene prende ordini dalla cupola ma c’è anche il caso che un malmostoso Luciano Moggi chiuda a doppia mandata negli spogliatoi un apprezzato fischietto.
Oggi gli arbitri rappresentano un formidabile e blindato sistema di potere. In Italia, grazie all’Aia, temperato dalla coraggiosa introduzione del Var che pur con qualche difetto è un efficace strumento di controllo sugli eventuali errori e di trasparenza. In Europa, invece, gli arbitri restano i depositari di un dominio pieno e incontrollato di cui rispondono ai vertici di una piramide granitica e inviolabile come quella di Cheope. In più i membri di questa classe eletta godono di una illimitata franchigia morale. Circostanza che non può non sorprendere in una società dove la cultura del sospetto non risparmia niente e nessuno. Ma gli arbitri si sa sono innocenti per definizione. Anche quando sbagliano di brutto nessuno mette in dubbio la loro “buona fede”. Fino al punto che i mazziati per evidenti sviste devono misurare le parole se non vogliono: a) passare per degli sfigati piagnoni. b) subire delle ritorsioni disciplinari e non soltanto. Infatti, il massimo della critica consentita può spingersi fino a un rispettoso: a) tutti possono sbagliare, ci mancherebbe altro. b) introduciamo il Var anche nelle coppe europee.
Sul primo punto prenderemo in esame un solo match di questa Champions tra i tanti dall’andamento scandaloso: Real Madrid- Bayern di Monaco. Dallo sviluppo dell’azione resta difficile credere che l’arbitro turco e i suoi quattro assistenti non abbiano visto lo strepitoso fallo di mano di Marcelo, che se segnalato avrebbe probabilmente indirizzato la semifinale a favore dei tedeschi. Con questo vogliamo forse lanciare infondate e dissennate accuse di dolo nei confronti di stimati professionisti? Certo che no, ci mancherebbe altro. Al contrario, riteniamo che il prestigioso Cakir e i suoi degni collaboratori abbiano esercitato in pieno l’illimitato potere loro conferito. Di fischiare cioè come caspita gli pareva. Altro che la patetica sudditanza di una volta. Ora i sudditi sono gli altri. Per i sacerdoti di Cheope conta meno di zero se perfino l’onesto Marcelo ha ammesso che il rigore c’era e grande come una casa (questo lo aggiungiamo noi). Poiché, in sovrappiù, è concesso loro non dare giustificazione alcuna per gli scempi perpetrati (se ne catastrafottono, per dirla con il grande Camilleri). Par di capire che se anche di rigori a favore del Bayern ce ne fossero stati quattro o cinque o sei, gli onnipotenti avrebbero potuto negarli tutti. Per favorire gli arroganti madrilisti? Forse sì ma anche no o chissà. Chi può sondare l’estro capriccioso di un arbitro nell’esercizio della sua infinita discrezionalità anche quando può mandare in malora la stagione di un club e investimenti miliardari? Ditemi voi quale premier europeo o quale grande banchiere o quale geniale scienziato possono disporre di un simile assoluto imperio? E come diavolo potete pensare che il faraone di tutti gli arbitri europei, Pierluigi Collina, accetti di essere sottoposto al giudizio di qualche telecamera? Quanto a chi persevera nella protesta stia bene attento: le squadre passano ma gli arbitri restano.
PS. Come si noterà ho evitato accuratamente qualsiasi riferimento alla direzione arbitrale di Roma- Liverpool. E ai due rigori (con annessa espulsione) che mancano alla mia squadra. Tutti possono sbagliare, ci mancherebbe altro.