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Uno champagne dal gusto nuovo per Jorge Lorenzo

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Ci si nasconde tante volte dietro a frasi del tipo “io sono fatto così”, “io in certe situazioni agisco sempre così” ecc ecc; dietro a ciò si cela, tra le altre cose, in modo abbastanza evidente, l’umana finitezza e dunque la paura verso la vastità del Diverso che sembrerebbe minacciarci.
Jorge Lorenzo è, forse, uno dei piloti che da tempo è sempre stato legato a questo modo di intendere la propria identità (e diciamocela tutta, forse a certi livelli serve anche), è uno sportivo che ha voluto attribuirsi la figura del guerriero arcaico, dello spartano, del duro (risultando talvolta anche ridicolo). Ma non si può essere guerrieri vincendo sempre allo stesso modo, sempre con le stesse armi, sempre con lo stesso stilema.

 

A voler fare un paragone la versione pilota spagnolo andata in scena in Austria ha battuto il Napoli di Sarri. La forma ideale immutabile e sempre funzionante collassa davanti alla mutevolezza del concreto, dell’esistente che diviene. Un’identità legata a questo tipo di forma non può darsi, non abita il mondo e Jorge Lorenzo durante questo secondo anno in Ducati, ma soprattutto durante l’ultima vittoria, ce lo ha dimostrato. Allontanandoci dalla facile e semplicistica retorica del “non mollare mai”, del “nulla è impossibile” Jorge ha invece  sconfitto quell”io sono fatto così” che gli ha impedito in passato di riconoscere la ricchezza dell’Altro, dell’Altro che è la primaria e più fertile fonte di crescita, dell’Altro che già sempre bussa alla nostra porta sfondata. Lorenzo ha capito che il guerriero cambia, muta per essere tale. Lorenzo ci ha spiegato che mollare se stessi, intesi come entità inconcussa non uccide, anzi, vivifica. Ha mostrato che gli ideali statici rischiano di avvilire e condannare la realtà, condannando di conseguenza anche l’individuo ad una vita che non riconosce e che non riesce a sopportare.

Nietzsche in Ecce Homo scrive: “non soltanto sopportare il necessario, e ancor meno nasconderlo; bensì amarlo”, ciò non significa abbandonarsi ad un inaggirabile fatalismo che fonda un assoggettamento alla sorte annullando ogni volontà, ma bensì fare in modo che l’eterno cambiamento nel quale sempre siamo gettati diventi un divenire in cui ci immedesimiamo, un destino che arriviamo ad amare in quanto scaturente da un passato che abbiamo voluto, questo è Amor fati.
Bevi lo Champagne Jorge, ora ha un sapore diverso.

di Gianluigi e Carmelo Mazza 

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