Quando le immagini televisive restituiscono il volto del portoghese contratto dal dolore e rigato dalle lacrime, succede che gli si posi sulla fronte una falena, una delle innumerevoli che hanno invaso lo Stade de France. E ti si apre un cassetto della memoria: avevi letto da qualche parte (l’avevi visto anche in un brutto film, a pensarci bene) che in diverse culture la falena è presagio di sventura.
E tutto torna: anche se quella del Ronaldo in finale contro la Francia pare una maledizione meno etnica e più classica, di quelle da tragedia greca, con i personaggi che nascondono nel proprio nome un destino già segnato.
Chiamarsi Ronaldo, quando sei in finale di una competizione internazionale, in campo a Saint Denis, contro la Francia, può essere un brutto affare.
Fecero il giro del mondo, ma solo dopo la finale dei mondiali del 1998 in Francia, le immagini di Ronaldo, il Fenomeno, traballante e con passo incerto sulla scaletta dell’aereo che aveva condotto il Brasile a Parigi per la finale, provato dalla crisi epilettica che lo rese una controfigura di se stesso contro i transalpini. Parlare di un Brasile, in quella gara che poteva regalare ai verdeoro la seconda coppa del mondo consecutiva, peggio che in inferiorità numerica, privo del suo uomo più rappresentativo e con l’intera squadra scossa dall’accaduto, risulta anni dopo un pallido eufemismo. Ronaldo non ci fu, il Brasile non ci fu, e per la Francia fu un facile 3-0. “Ronaldo non poteva giocare”, si disse poi. E, infatti, Ronaldo, il Fenomeno, di fatto quella finale non la giocò.
Diciotto anni dopo, stesso stadio, stesso avversario, e stesso destino segnato, dentro un nome che evidentemente, falena o non falena, non porta benissimo quando affronti i bleus, nel loro stadio, in finale. Meno imponderabile, più accettabile dentro il gioco, ma proprio per questo autorizza un certo fatalismo l’infortunio di Ronaldo (Cristiano), a pochi minuti dall’inizio di una finale che fa peggio che vederlo in campo come controfigura: in campo, CR7, che pure stringe in denti e prova a rientrare in campo con una fasciatura, non ci resta proprio.
Tantissimo si discuterà (e in rete si discute già) dell’entrata di Payet. Forse altrettanto di discuterà della maledizione, travestita da epilessia, da falena, o da Payet, che da poche ore è già parte dello storytelling del gioco più bello del mondo. In Francia, a Saint Denis, se sei in finale, affronti la Francia e sulla maglia hai scritto Ronaldo, probabilmente è meglio se marchi visita.
Se ti chiami Eder allora è un’altra storia..