Il subcommissario della FIGC Alessandro Costacurta ha annunciato l’introduzione delle Squadre B a partire dal prossimo anno anche nel calcio italiano. Andrebbero ad iscriversi al campionato di Lega Pro, riempendo i buchi lasciati liberi dalle squadre che non riescono ad iscriversi, eliminando in questo modo i ripescaggi che spesso hanno fatto solo danni. L’obiettivo è quello di far crescere i nostri giovani in competizioni più allenanti del Campionato Primavera che, come vedremo di seguito, non rappresenta quasi più un indicatore affidabile per riconoscere le potenzialità dei nostri vivai.
Certe volte il talento non è sufficiente per emergere. Il successo è frutto di un’alchimia complessa dai mille fattori , nello sport come nella vita. Per far sì che le potenzialità possano essere espresse al cento per cento, è indispensabile trovare contesto e uomini giusti al momento giusto. Si pensi allo strano caso dei campioni in erba che calcano ogni anno i campi del campionato Primavera italiano: vincere uno scudetto da protagonisti non è mai un’ipoteca su una carriera florida e ricca di soddisfazioni, e solo un piccolo gruppo di giocatori riesce ad assestarsi a grandi livelli. Lo dimostra a pieno titolo l’Inter, vincitrice lo scorso anno del torneo 2016/17. Non sappiamo ancora che fine faranno Pinamonti e compagni, ma abbiamo un’idea precisa del “triste” destino al quale sono andati incontro i loro predecessori del 2007 e del 2012, anni degli ultimi trionfi a tinte nel massimo campionato giovanile. Non ci credete? Facciamo un piccolo viaggio, e facciamoci poi una domanda: se una rondine non fa Primavera, è il caso di introdurre le squadre B? Probabilmente sì, ma andiamo con ordine.
Quanti hanno fatto strada dal 2012 ad oggi? Pochi, pochissimi se si considera che l’Inter vinse in quell’anno anche la prima edizione della NextGen Series, una sorta di Champions League giovanile. Quattro giocano in A con fortune alterne (Crisetig e Mbaye a Bologna, Duncan a Sassuolo e Bessa al Verona), tre giocano nelle massime serie di campionati minori (Spendlhofer in Austria con lo Sturm Graz, Kysela in Repubblica Ceca con lo Jablonec e Alborno in Paraguay, nel Libertad), altri la vedono col binocolo (Sala e Romanò, portiere della Ternana penultima in Serie B e centrocampista del Monza, in Lega Pro) Marko Livaja e Longo sono in Spagna, il primo in Liga al Las Palmas matematicamente retrocesso mentre il secondo al Tenerife, già in Serie B. Il quadro generale non è granché gratificante, ma c’è qualcuno a cui è andata peggio. I protagonisti dello scudetto Primavera del 2007, infatti, hanno 30 anni circa e sono dispersi tra Serie B, Lega Pro, D e Promozione. Uno fa la riserva in Canada (il portiere Tornaghi), mentre Maa Boumsong, più che un cognome, sembra una domanda: nemmeno transfermakt.it fino a poco tempo fa conosceva infatti il nome della squadra in cui militava il centrocampista camerunense ma ad oggi risulta tesserato con il Trodica in Promozione. Le ottime carriere di Bonucci, Balotelli e Biabiany bilanciano in parte la media, ma non è sufficiente: una rondine, stavolta, non ha fatto Primavera.
Generalizzare è sempre pericoloso, tuttavia è innegabile un elemento: il passaggio dalle giovanili alla prima squadra è, in due terzi dei casi, un salto nel vuoto. Come si potrebbe migliorare la situazione? Il rinnovamento del campionato Primavera (già in atto da questa stagione con una distribuzione più equa delle forze nei vari gironi, prologo di una riforma che darà al torneo una struttura molto più simile a quello dei “grandi”) è un ottimo presupposto e porterà dei risultati positivi, ma solo l’introduzione delle squadre B ci permetterà di fare un balzo in avanti significativo. Il modello tedesco sarebbe perfetto: i top team potrebbero iscrivere una seconda squadra dalla Lega Pro in giù con relative promozioni e retrocessioni (in Spagna ci si può spingere fino alla Segunda División, come ha fatto negli anni scorsi il Real Madrid Castilla) e darebbero modo ai giovani di crescere in un contesto più vicino a quelli da affrontare in futuro, con stadi più caldi dei desolanti campetti vuoti del torneo Primavera e un tasso tecnico globalmente superiore. A differenza del modello tedesco, sarebbe bene imporre un limite d’età (21, al massimo 23), concedendo la medesima possibilità di spostare in qualunque momento un giocatore dalla prima alla seconda squadra (e viceversa). In parte la proposta di Costacurta ricalca quanto scritto. Le indicazioni del subcommissario FIGC sono infatti quelle di avere solo ragazzi Under 21 con l’eccezione di 2 fuoriquota Under 23. In aggiunta, l’obbligo di avere un numero minimo (ancora da definire) di calciatori convocabili con le nazionali italiane.
Questa mossa non risolverebbe tutti i problemi del nostro movimento, ma ridurrebbe il numero di elementi prima vincenti in Primavera e poi dispersi nel calcio che conta. Perché l’espressione di un talento è una questione di dettagli, e molti club (Juventus e Napoli su tutti) si sono già mostrati disponibili a muoversi in questo senso. Ora dalle parole bisognerà passare ai fatti, sperando davvero che tutto questo possa servire in parte alla nostra Nazionale.