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Un quarto d’ora

Il nostro tributo al Grande Torino, una squadra leggendaria la cui storia si è interrotta tragicamente 74 anni fa sulla collina di Superga.

In un quarto d’ora finisce un amore, viene sbattuta al mondo una vita dopo le contrazioni di madre.

In un quarto d’ora si chiudono porte lasciate aperte alle persone sbagliate. Un quarto d’ora serve a capire un tradimento, una gioia realizzata, un traguardo. Esce sangue, entra aria. Viene vita. Vieni, per aver fatto l’amore. Un quarto d’ora chiede presenza, è un tempo che stringe ma non troppo, una vita che spinge senza intoppi.

Un quarto d’ora ha un traguardo breve, lontano ma non troppo, vicino per chi guida ma beve. In un quarto d’ora nasce una sciocchezza e muore la bellezza, si spegne un sorriso, in un quarto d’ora. Realizzi che hai perso, che il cielo è più terso. Che la tua vita cambia, ma non come volevi. Scrivi una poesia dopo l’amore, in quel quarto di vita. Puoi scegliere quel tempo come vuoi, in un quarto d’ora, ma non devi perderlo. O fare come Valentino. Non devi perdere. In un quarto d’ora, se il Toro stava perdendo, Valentino Mazzola capiva e sentiva. Capiva che doveva rimboccarsi le maniche e sentiva lo squillo di tromba mandato dalla curva. Era il segnale che bisognava scatenarsi.

Il Grande Torino finiva di guardarsi allo specchio e bearsi. E si sporcava le mani giocando con addosso un fantasma benefico e agguerrito. Incarognito e poco indulgente. In quel quarto d’ora il Grande Torino non ballava sulle punte e pungeva sui tacchetti. E metteva le cose a posto. Come piacerebbe fare a noi uomini tutti. In un quarto d’ora. Ma questo è consentito solo agli eroi. Un quarto d’ora di cui non sapremo mai i pensieri, quello che toccò le 17.05. Le lancette portarono le ali dell’aereo della squadra a Superga, dove si schiantarono. Annientando una leggenda. Il resto è storia. 4 maggio 1949.

Senza fine e senza perdita di memoria. Nemmeno di un quarto d’ora.

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