Dwayne Wade passa dai Miami Heat ai Chicago Bulls. Dwayne Wade torna a casa. Anche se il suo nome resterà per sempre legato alla Florida, l’ex numero 3 degli Heat è e sarà sempre legato alla città di Chicago, la Windy City dove è nato e cresciuto e dove purtroppo ha visto morire molti cari, l’ultima delle quali è Nykea Aldridge, sua cugina.
Aldridge è stata uccisa da innocente, lascia 4 figli e muore proprio mentre portava il più piccolo dei bambini nel passeggino nella zona sud di Chicago. A 32 anni la Aldridge è stata vittima di un regolamento di conti tra gang che intorno alle 15:30, pieno pomeriggio dunque, hanno deciso di spararsi gli uni contro gli altri. A finirci in mezzo la giovane madre che purtroppo non ce l’ha fatta.
Tutto questo dopo le denunce di Dwayne Wade che nel passaggio da Miami a Chicago ha proprio allertato la città e la nazione tutta, che ormai vede il dibattito sulle brutalità della polizia verso gli afroamericani e le minoranze tutte, al centro dell’agenda politica e dei talk show dell’intera nazione, con risultati rivedibili però.
Chicago vive questo problema in maniera massiccia: le zone emarginate della città, una città meravigliosa piena di cultura e di brio, sono teatro di continui regolamenti di conti, di sparatorie, di droga nelle strade. Nella Chicago delle periferie spesso i bambini vedono nelle gang l’unica via per sopravvivere, gang per la maggioranza afroamericane o ispaniche perché come in ogni parte del mondo, emarginati, esclusi e sfruttati, oggi, hanno solo la violenza per esprimersi.
Questi scontri armati, fatti con vere armi d’assalto, armi che vengono usate in guerra, portano spesso a vittime innocenti. Come l’Italia degli Anni di Piombo, o la Napoli ai tempi della faida di Scampia perché purtroppo, quando i “cattivi” si arrabbiano, sono sempre i buoni a farne le spese.
Dwayne Wade, dall’alto della sua cultura e della sua fama, ha in questi anni parlato spesso a favore della sua città natale sperando in un’inversione di tendenza. Ha mostrato tutto il suo supporto ad una madre coraggio, Shundra Robinson, un’attivista politica che ha perso il figlio ucciso per sbaglio in un regolamento di conti tra gang avversarie mentre stava per i fatti suoi sul portico di casa di sua nonna. La Robinson indisse una conferenza in cui affermò che “Si tratta di un genocidio che si consuma sotto i nostri occhi in America senza che nessuno faccia assolutamente niente. Stiamo perdendo il nostro futuro. C’è una sconnessione totale tra la maggior parte dei politici in Parlamento e la gente. È arrivato il momento di fare qualcosa“.
Una madre che ha perso il figlio senza un motivo giustificabile e che rende quel ragazzo e il suo volto un simbolo di lotta alla violenza. Storie americane, ma storie italiane, storie globali. Ogni mondo è paese quando si parla di violenza.
Il problema delle gang a Chicago è però unico perché va di pari passo con la ghettizzazione degli stranieri, o dei figli/nipoti degli stranieri (non solo ispanici o afroamericani, anche irlandesi e tedeschi fanno parte di questo circolo vizioso), e con la proliferazione esponenziale di droghe pesanti ed armi da guerra in mano a ragazzi sempre più giovani. Alcuni capi delle gang hanno appena 15 anni e girano con pistole più pesanti di loro stessi. L’emarginazione e la discriminazione hanno creato un terreno tristemente fertile che porta all’uccisione di giovani innocenti, come il figlio della Robinson, come Nykea Aldridge che poteva essere la solita afroamericana morta per strada, ma che ha avuto la “fortuna” di essere la cugina di Dwayne Wade e quindi, soprattutto Wade, non vuole che questa morte sia accaduta in vano.