A tu per tu con Jéssica Silva, fenomeno del calcio femminile portoghese
Quando Jéssica Silva è stata acquistata dal Benfica a gennaio, il suo arrivo ha entusiasmato, e non poco, i tifosi della squadra incarnata, sia quelli che seguono più da vicino le imprese della squadra femminile, ma anche gli appassionati del calcio tout court.
Jéssica è senza dubbio una delle migliori attaccanti al mondo della sua generazione, ed è già passata per molti grandi club internazionali; Levante U.D. in Spagna, l’Olympique Lione, il Kansas City, solo per citarne alcuni.
La portoghese, nata 27 anni fa, a Vila Nova de Milfontes (Portogallo) è una giocatrice di estrema qualità tecnica, veloce, e con un grande fiuto per il gol. Quando è arrivata al Benfica, ha subito dichiarato di essere felicissima di poter rappresentare la squadra di cui è tifosa.
Noi di Gioco Pulito abbiamo avuto il piacere di intervistarla in un pomeriggio un po’ uggioso, sedendoci con lei nei divanetti del Museo del S.L. Benfica “Damião Cosme”, e abbiamo scoperto una ragazza che, al di là della sua fama, è molto umile e, soprattutto simpatica e semplice.

Jéssica, quando hai cominciato a dare i primi calcio al pallone?
Praticamente da piccolissima! Ho sviluppato il mio amore per la palla da gioco molto presto, addirittura toglievo la testa alle bambole per usarle come palloni, o appallottolavo giornali per farne dei palloni. Ho cominciato poi a giocare seriamente all’età di 14/15 anni, qualcuno direbbe in età avanzata (scherza). Le cose si sono sviluppate poi molto rapidamente, tanto che sono stata chiamata con 16 anni, a far parte della nazionale femminile, che neppure sapevo esistesse. È stato allora che ho capito di avere talento e caratteristiche per far sì che questa mia passione diventasse un lavoro.
Mi ci sono dedicata sempre con costanza e passione, e non ho mai saltato un allenamento per divertirmi, o uscire con gli amici. Ho cominciato ad avere feedback molto positivi da giocatrici professioniste con le quali mi sono incrociata lungo il cammino, e tutto il resto l’ho costruito giorno dopo giorno con passione e sacrificio.
Immagina di dover parlare della tua professione in una scuola, e dover trasmettere questa tua passione a delle ragazzine, cosa le diresti per convincerle a sperimentare il calcio femminile?
Direi che in primi luogo bisogna credere in noi stesse, sapere chi siamo e cosa vogliamo essere. Che è necessaria anche una grande forza di volontà per migliorare costantemente, che bisogna essere ambiziose per arrivare a certi livelli.
Nonostante il calcio femminile stia acquisendo col tempo una visibilità sempre maggiore, non dobbiamo dimenticare che questo è possibile grazie alla perseveranza e la resilienza di chi è già passato per questo sport.
Tutto quello che ci appassiona richiede forza di volontà, lavoro costante, perchè la passione e le qualità intrinseche non bastano, ma poi quello che raccogliamo è altamente gratificante.

Nonostante tu sia ancora molto giovane, hai appena 27 anni, hai già collezionato molte esperienze internazionali. Hai notato differenze tra i vari paese in cui sei stata, relativamente a come è vissuto il calcio femminile?
In ogni paese dove ho giocato, ho sempre sentito molto forte lo spirito competitivo. Qui in Portogallo questo spirito è più circoscritto, soprattutto perchè il numero di atlete è minore, e perchè siamo un paese più piccolo rispetto ad altri. A livello strutturale, qui al Benfica, c’è tutto di cui un atleta possa aver bisogno, è un progetto ambizioso e ne sono felice di farne parte.
A livello di atteggiamento mentale e strutturale, sicuramente il Lione rappresenta il top in questo senso, ma il Benfica sta facendo un ottimo percorso per arrivare ai livelli di squadre internazionali.
In America, per esempio, ho sentito che qualsiasi sport è visto e “consumato” come intrattenimento, e questo fa sì che anche il calcio sia vissuto con più leggerezza, indipendentemente dal risultato. Lo sport è vissuto più come una festa che non come una mera competizione. Questo mi ha sbalordito parecchio, ma al tempo stesso ho avuto opportunità di giocare con professioniste eccellenti, che anche avendo una età più avanzata, avevano una preparazione fisica strabiliante, e questo mi ha fatto pensare che magari, in futuro, potrei tornare a giocare lì.
A proposito di America, qualche settimana fa, la federazione di calcio statunitense ha pubblicato la notizia che i salari dei giocatori e delle giocatrici sono stati equiparati. Una notizia dal grande impatto per l’uguaglianza di genere. Secondo te, su cosa bisogna concentrarsi per far sì che questo risultado sia possibile anche qui in Portogallo e in altri paesi.
Bisogna lavorare sulla mentalità. Non ho dubbi su questo. In America per esempio, c’è un riconoscimento grande dell’importanza delle donne nel calcio già da molti anni. Il riconoscimento in termini salariali è più che giusto, visto tutto quello che la donna rappresenta in termini sportivi lì, e visto che la selezione femminile è stata la migliore del mondo per molto tempo.
Il punto è che non si dovrebbe decidere un salario basandosi sull’essere uomo o donna, ma sulle capacità che quella specifica persona possiede, indipendentemente se sia un calciatore, un segretario, o un operaio. Questa uguaglianza promossa dalla federazione americana di calcio, spero sia un esempio per gli altri paesi, e che si possa arrivare a questo punto anche in Europa. Ma bisogna innanzitutto guardare alle persone, a come lavorano, e non basarsi sul fatto che quel lavoro sia svolto da una donna o da un uomo. Quando questa visione sarà diffusa collettivamente, allora le cose potranno cambiare.

La tua stagione col Benfica sta andando molto bene e hai un contratto con loro fino al 2025. E dopo? Ti immagini a giocare in un altro campionato, per esempio quello italiano, che sta acquisendo sempre più rilevanza e seguito?
Perchè no! É una ipotesi che esiste, sì. Mi piace poter giocare con grandi giocatrici, e lavorare in grani campionati, competitivi, ambiziosi, e certamente quello italiano lo è. Quando sarà il momento di decidere dove orientare il mio futuro, sicuramente è una opzione che terrò in conto.
Chi è Jéssica, quando non è Jèssica Silva giocatrice del Benfica? Cosa le piace?
Adoro ballare. Adoro la musica, ascoltarla e danzarla, e ogni volta che ho un po’ di tempo libero dagli allenamenti, ballo, sia in casa, o in uno spazio adibito per questo.
Sono una persona che appartiene al mondo, mi piace liberare la testa dal calcio quando non gioco, e fare tutto quello che mi fa star bene, una cena con gli amici, leggere, vedere posti nuovi. Tento sempre di equilibrare la vita professionale con quella personale. Certo non esco la sera prima di una partita, ma non lo vedo come un sacrificio, perchè ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace. Il calcio mi ha dato e mi dà moltissimo, ma non è tutto nella mia vita, per cui sento la necessità di coltivare anche la mia vita sociale, vedendo la mia famiglia o semplicemente cenando con gli amici. È necessario creare un equilibrio.