A tu per tu con Filippo Ganna, il fenomeno azzurro delle due ruote
Stagione intensa quella vissuta dal ciclismo che ha vissuto le canoniche kermesse su strada e su pista, tutte svolte senza particolari contingenze negative legate alla pandemia, alle quali si sono aggiunte le fatiche di Tokyo con tutta le relative aspettative che i nostri atleti hanno dovuto gestire, dal porta bandiera Elia Viviani a Filippo Ganna sul quale erano puntati tutti i riflettori mediatici. E il venticinquenne di Verbania non si è fatto attendere portando a termine l’ennesima stagione trionfale condita da quattro ori, due su pista e due su strada, un argento su strada e due bronzi suddivisi equamente tra pista e strada. Sette medaglie, tra Olimpiadi e Mondiali, che parlano chiaro dandoci ampiamente la misura di un fenomeno delle due ruote che con quella faccia pulita da bravo ragazzo ha conquistato il sostegno e l’entusiasmo del popolo ciclistico pur militando in una corazzata straniera. Sin dalle giovanili Filippo dimostra le sue doti, a partire dalla categoria allievi svolta presso la A.S.D. Pedale Ossolano, conquistando tra il 2011 e 2012 venti successi e il suo primo campionato nazionale a cronometro in Valsugana per poi spiccare definitivamente il volo da juniores.
Trasferitosi alla Castanese Verbania si impone sul gradino più alto del podio nel 2014 sia su pista nell’inseguimento individuale che su strada aggiudicandosi sia i campionati italiani a cronometro che la Chrono Des Nations in Francia, decide successivamente di passare alla Vini Maserati di Vigevano con la quale si aggiudicherà nel 2015 la crono Champenois a Bertheny pronto a dominare negli Under 23 col passaggio a metà stagione alla corte della Lampre di Giuseppe Saronni. Nel suo ultimo anno da dilettante alla Team Colpack il nostro lascia il segno trionfando ai campionati europei e mondiali di inseguimento individuale su pista con tanto di record nazionali per ripetersi su strada ai campionati nazionali a cronometro di categoria e alla classica Parigi-Roubaix Espoirs, unico italiano ad esserci riuscito, riservata agli Under 23. Il naturale passaggio al professionismo avviene nel 2017, il ventiduenne predestinato Ganna è pronto a spiccare il volo tra i big confermandosi in pista a Berlino con l’oro europeo nell’inseguimento individuale e un argento in quello a squadre a cui si aggiungono un argento e un bronzo ai mondiali di Hong Kong rispettivamente individuale e a squadre. Su strada ad inizio 2018 comincia un virtuoso apprendistato che lo porterà costantemente ad accrescere le sue performances con una serie di piazzamenti nella Vuelta Argentina di San Juan nella quale si aggiudicherà la classifica dei neo-professionisti. Sarà ancora la pista nello stesso anno a regalargli le ennesime soddisfazioni con il secondo oro mondiale ad Apeldorn nell’individuale e il bronzo a squadre, e il primo oro continentale, a Glasgow, nell’inseguimento a squadre con Bertazzo, Lamon, Scartezzini e Viviani, un’ennesima stagione vissuta da protagonista che gli darà quella consapevolezza necessaria per competere anche su strada. Il salto di qualità avverrà l’anno successivo, la corazzata del Team Sky che ha ben capito chi è Filippo Ganna lo ingaggerà a suon di sterline ed il giovane ventitreenne non si farà attendere regalandosi la prima vittoria su strada da Pro imponendosi, ovviamente a cronometro, nel prologo del Tour de La Provence oltre a vincere per l’ennesima volta i campionati italiani a cronometro. Continua a non mollare la pista dove riesce ad aggiudicarsi il terzo titolo iridato nell’inseguimento individuale a Pruszkow e il terzo argento a squadre negli europei di Apeldoorn a cui farà seguito la prima medaglia, di bronzo, nella crono dei mondiali su strada.
La Sky si trasforma in Ineos, ma la musica non cambia nel 2020 che vedrà Filippo entrare nelle case degli italiani con la sua prima partecipazione alla Corsa Rosa nonostante questa maledetta pandemia che posticiperà il Giro ad ottobre. Poco prima, a febbraio, arriveranno il quarto oro di inseguimento individuale a Berlino, superando nettamente il suo precedente record del mondo, e il terzo bronzo a squadre prima che la sosta rivoluzioni il calendario internazionale. A settembre partecipa alla sua prima Tirreno Adriatico vincendo a mani basse la classica crono conclusiva di San Benedetto del Tronto con un tempo superiore di ventisei secondi al precedente record detenuto da Fabian Cancellara dal 2016, undici giorni dopo si laurea campione del mondo a cronometro ad Imola, primo italiano a raggiungere questo traguardo con oltre 53 km di media oraria. E’ ora di Giro, suo il prologo da Monreale a Palermo, al quale seguiranno le altre due gare contro il tempo di Valdobbiadene e la conclusiva a Milano, ma è l’impresa solitaria nelle alture della Sila, sotto una pioggia battente, ad infiammare il cuore dei tifosi italiani che si rendono conto di aver finalmente trovato un campione con la C maiuscola. Il covid lo terrà fuori dagli europei su pista di Plovdiv, ma il 2020 di Ganna è una di quelle annate da incorniciare per puntare dritti all’anno successivo, quello delle Olimpiadi di Tokyo. Dopo alcuni successi parziali all’Etoile di Bessegès Filippo scalda la gamba alla Tirreno Adriatico per arrivare al top al suo secondo Giro d’Italia in cui si aggiudicherà le due crono, il prologo di Torino e quella finale di Milano, superando con cinque successi consecutivi il record detenuto da Francesco Moser. L’ora della verità scatta a fine luglio, le ambizioni sono enormi nella crono su strada che, complice un percorso tortuoso, regalerà al nostro un quinto posto e una prima delusione alla quale bisognerà reagire in pista. Il quartetto azzurro con Consonni, Lamon e Milan ci regala un fantastico oro e un incredibile record del mondo battuto di oltre due secondi, Filippo si appende al collo il primo oro Olimpico entrando di diritto nella storia delle due ruote. La stagione prosegue su strada a settembre con gli Europei di Trento nei quali arrivano un oro nella staffetta mista e un argento a cronometro dietro lo specialista svizzero Stefan Kung, e subito dopo iniziano i mondiali su strada nelle Fiandre dove Filippo si confermerà campione del mondo a cronometro davanti agli impotenti idoli di casa Van Aert ed Evenepoel. Stagione finita? Nemmeno per sogno! Dal 20 al 24 ottobre scattano a Roubaix i mondiali su pista e il nostro Superman ci regalerà, con i suoi tre inseparabili compagni di viaggio, il primo oro nell’inseguimento a squadre oltre ad un bronzo, dopo quattro ori consecutivi, nell’individuale. Se pensiamo che tutti questi obiettivi sono stati raggiunti in soli quattro anni di professionismo è superfluo aggiungere ogni commento sulla portata dell’atleta e della sua consapevolezza, frutto senz’altro in parte di madre natura, ma anche di una volontà di ferro che va di pari passo con una genetica tranquillità che gli consente di reggere alle innumerevoli pressioni senza che le sue prestazioni ne risentano in alcun modo. Abbiamo avuto il piacere di incontrare questo ragazzone semplice e gentile nella fase di preparazione al calduccio delle Canarie dove, insieme a Moscon e Basso, sta gettando le basi per la prossima fittissima stagione.
Filippo buongiorno, hai appena terminato una stagione trionfale ricca di successi e conferme. Sensazioni a caldo? Un bilancio più che positivo?
Si sono molto soddisfatto senza ombra di dubbio, ho vissuto una stagione piena ed intensa dopo lo stop del covid e sono riuscito a dire la mia in tutti gli eventi a cui ho partecipato. Poi c’è stata la prima Olimpiade che mi ha dato delle sensazioni bellissime, nonostante la piccola delusione della crono su strada su un percorso per nulla facile mi sono rifatto con uno splendido oro su pista. Bicchiere di sicuro mezzo pieno, ma adesso dobbiamo guardare avanti e alla stagione che ci aspetta.
Le Olimpiadi. Cosa hanno di unico e di diverso rispetto a tutte le altre manifestazioni?
E’ di sicuro la rassegna dello sport per eccellenza, si respira un’aria particolare e si condividono con tutti gli atleti di tutte le discipline momenti di vita indimenticabili. Ho cercato però di estraniarmi un po’ da questo contesto che genera inevitabilmente una serie di tensioni e pressioni rimanendo concentrato sugli allenamenti e gli obiettivi che mi ero prefissato. E’ stato bello per noi ciclisti avere il pubblico sulla strada, una fortuna che molti atleti che hanno gareggiato al chiuso non hanno avuto.
I tuoi inizi. Come hai approcciato questo sport e quando hai capito che era la strada giusta? C’è qualcuno che ti senti di ringraziare in particolare?
E’ stato tutto graduale, venivo da una famiglia di sportivi per cui l’approccio è stato quasi automatico e quando ho iniziato alle scuole medie non avevo di certo in mente di diventare professionista. Poi arrivano i risultati e inizi a credere di poter aver qualcosa dentro che ti spinge a far sempre meglio, in quarta superiore ho forse avuto la consapevolezza che questo avrebbe potuto essere il mio mondo a da lì ho cominciato a fare sul serio. Devo ringraziare la mia famiglia, mi sono stati vicino sempre e in qualsiasi momento, senza di loro di sicuro avrei avuto più difficoltà e non avrei avuto quella serenità fondamentale per chi fa questo sport.
Ciclismo su pista e su strada, stai dimostrando con i risultati di essere in grado di gestirle contemporaneamente. Differenze sostanziali e metodologie di allenamento? Il tuo futuro sarà prevalentemente su strada?
Sono due mondi completamente diversi, in pista vai a tutta per pochi minuti mentre su strada affronti percorsi di centinaia di chilometri spesso ricchi di dislivelli, sono sforzi e tipologie di difficoltà totalmente differenti e cercherò di affrontarli ancora contemporaneamente finchè la mia struttura fisica me lo consentirà. Ancora non abbiamo programmato nei dettagli la prossima stagione, ma di sicuro in alcune delle grandi classiche del nord cercherò di esserci cercando di essere protagonista, non mi dispiacerebbe arrivare al massimo della condizione e competere per una Sanremo o una Roubaix.
Le tue caratteristiche tecniche. Che tipo di atleta pensi di essere e con quali prospettive? Oltre alle gare di un giorno pensi di poter dire la tua anche in una corsa a tappe di tre settimane?
Essendo un passista sono geneticamente un fondista adatto a spingere sia a cronometro che a fare velocità in pista, la mia tenuta può essere costante in corse di una settimana come la Tirreno Adriatico. Quando si parla di grandi Giri e di grandi salite, come per esempio un Mortirolo o uno Zoncolan, e fisiologico che io faccia più fatica e che non riesca a tenere il passo dei big. Vincere un grande giro è francamente quasi impossibile, ma prendermi delle belle soddisfazioni di un giorno, sia di tappa che a cronometro, è ampiamente nelle mie possibilità.
Il ciclismo italiano, molti azzurri compreso te sono costretti ad emigrare all’estero per potersi esprimere al meglio. Mancano investimenti adeguati nel nostro Paese per competere con corazzate come la Ineos?
Purtroppo oggi è difficile che in Italia ci sia un top-team in grado di garantire quegli standard economici per provare a confrontarsi con le corazzate multinazionali che di fatto acquisiscono i migliori atleti nel circuito. Per quanti mi riguarda io sto benissimo alla Ineos e riesco a gestire gli impegni stagionali senza alcun problema e non posso che essere grato a loro per le possibilità che mi concedono nel poter esprimere al massimo la mie potenzialità. Un’organizzazione perfetta e meticolosa nella programmazione degli obiettivi che in Italia ad oggi sarebbe francamente impossibile.
Il tuo dominio a cronometro. Cronomen si nasce o si diventa? Si può migliorare in questa disciplina o è solo una questione genetica?
Sicuramente la struttura fisica ti può indirizzare verso questa specialità, ma se pensi che un atleta come Kittel è passato da cronoman a velocista in poco tempo questo ti fa capire che non è sempre tutto solamente legato ai doni che hai ricevuto da madre natura. Forse è molto più improbabile che un velocista vada forte a cronometro, ma con l’allenamento e tanto sacrificio anche in questa disciplina si può migliorare le performance per cui per quanto mi riguarda sono sempre alla ricerca dell’assetto migliore per essere ancora più competitivo.
La tua serenità e il tuo essere ben piantato con i piedi per terra sono senz’altro tra i tuoi punti di forza. Come gestisci le pressioni a livelli così alti? Hai una figura che ti aiuta a lavorare su questi aspetti?
Francamente no per ora non ho particolari figure di riferimento, mi bastano quei tre quattro amici fidati e la mia compagna e, sicuramente, il mio carattere aiuta a tenermi lontano da polemiche che spesso voi giornalisti cercate di alimentare anche quando non hanno particolare senso. Basta estraniarsi dal circo mediatico e rimanere tranquillo sia quando gira bene che quando i risultati non arrivano. Per ora sto bene così, l’allenamento e la consapevolezza dei propri mezzi sono a mio avviso gli antidoti per gestire al meglio le aspettative che inevitabilmente sono costretto a subire in questa fase della mia carriera.
Per chiudere non posso farti una domanda sulla pandemia e sulla voglia di ripresa che sta spingendo tutti noi a riappropriarci dei nostri spazi. Un invito ai più giovani a fare sport, e perché no ad approcciare la bici?
Purtroppo il Covid ci ha costretti a rinchiuderci e ad una limitazione della libertà che ha colpito in maniera più evidente i giovani, non è ancora finita e bisognerà stringere ancora i denti per un po’. In Italia però i vaccini ci hanno permesso di ritornare ad una normalità che ci permette di guardare con più ottimismo al futuro. Ai ragazzi dico di fare sport e la bici in tal senso è uno strumento che abbina la salute e il riappropriarsi di spazi all’aperto, ma un aspetto importante che non va sottovalutato è la sicurezza e il rispetto tra ciclisti ed automobilisti. Siamo ancora indietro e le vittime sono ancora troppe, bisogna fare di più e in fretta perché è assurdo che si esca di casa per godersi le due ruote e si rischi costantemente la vita.