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A tu per tu con Edoardo Padovani, l’uomo della meta della riscossa dell’ItalRugby

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A tu per tu con Edoardo Padovani, l’uomo della meta della riscossa dell’ItalRugby

Ci sono dei momenti nella storia dello Sport in cui in un gesto di un atleta o di una squadra si nasconda, immedesimandosi, un’intera nazione che da troppi anni era in attesa di un evento di portata simile, dopo anni di fatiche e sofferenze all’insegna della cronica e rassegnata sconfitta.

Stiamo parlando dell’ItalRugby che lo scorso 19 marzo è riuscita a tornare alla vittoria in un match del Sei Nazioni dopo trentasei partire consecutive perse e oltre sette anni in cui i cucchiai di legno si sono susseguiti uno dopo l’altro. E lo ha fatto, espugnando per la prima volta nella sua storia uno dei templi del Rugby mondiale, il Millennium Stadium di Cardiff, davanti a 73.000 spettatori increduli ed esterrefatti dalla prodezza di Ange Capuozzo che, quasi allo scadere, è riuscito ad eludere le difesa gallese regalando ad Edoardo Padovani la meta della vita. Proprio quest’ultimo, ormai veterano in azzurro, ha appoggiato incredulo l’ovale tra i pali regalandoci una gioia incredibile che ripaga lo staff azzurro dopo tanti anni difficili e non sempre perfettamente gestiti, una vittoria importante che ridona entusiasmo ad un movimento di fatto sopito e rassegnato ad un’inferiorità che quest’anno si è palesata in maniera meno evidente grazie all’arrivo del nuovo c.t. neozelandese Kieran Crowley.

Forte delle sue oltre trenta presenze in azzurro, Padovani ha esordito in nazionale nel 2016 attraversando in tutti questi anni le varie fasi e i vari avvicendamenti sulla panchina azzurra alla ricerca di una nuova identità dopo gli exploit della cordata dei vari Castrogiovanni, Lo Cicero e Parisse, leader di un gruppo capace di regalare in passato diverse soddisfazioni e di avvicinare a questo sport tantissimi italiani. Edoardo, da buon veneto, cresce in una zona fertile in cui il Rugby si mastica fin da ragazzini esordendo nelle giovanili del Mogliano Veneto in cui emerge da subito la sua duttilità tattica che gli permette di ricoprire più ruoli, sia dalla mediana che dalla linea di tre quarti.

Dopo un biennio formativo all’Accademia Ivan Francescato, ritorna a Mogliano nel 2012 vincendo a soli diciannove anni il primo storico scudetto del club trevigiano in cui sarà titolare fisso anche nella stagione successiva. Il salto di qualità avverrà a Parma nel 2014 col passaggio in Pro12 nei professionisti delle Zebre con le quali si delineerà la carriera al vertice di un atleta che a soli ventuno anni è già all’interno del circuito maggiore e nel giro della nazionale, in cui debutterà a febbraio 2016 all’Olimpico contro l’Inghilterra. Il fallimento della franchise Parmense con relativo cambio di proprietà lo svincolerà dal rinnovo, Edoardo cerca l’avventura in Francia a Tolone, ma dopo cinque mesi non proprio positivi decide di rientrare e firmare per altri tre anni con le Zebre con le quali terminerà al termine della stagione 2019/20 con ottantatrè presenze e centoventisette punti all’arrivo. Lo step successivo lo vede alla Benetton Rugby di Treviso da due anni, uno dei punti di riferimento per le sue qualità di leadership e per l’esperienza maturata negli ultimi sei anni che lo hanno visto affrontare da protagonista il Sei Nazioni fino a quell’ultima incredibile meta.

Lo abbiamo incontrato per rivivere questa meravigliosa vittoria e per fare il punto sullo stato dell’arte del rugby nostrano alla luce dei segnali incoraggianti visti in questi ultimi due match del sei nazioni.

Edoardo buongiorno. Partiamo da quel 19 marzo, siamo a Cardiff e Capuozzo percorre sessanta metri eludendo la difesa gallese, cede l’ovale a Edoardo Padovani, e poi…?

E’ strato un momento pazzesco perché quanto volte ci siam detti è stata una sconfitta onorevole e quante volte siamo usciti battuti senza mai perdere la consapevolezza dei nostri mezzi, perché questo gruppo è unito e compatto ed è andato in crescendo in questo sei nazioni mettendo un mattoncino alla volta. La vittoria col Galles è stato il coronamento del nostro lavoro, personalmente quando ho messo la palla per terra è stato come vivere un sogno, dalle riprese non si riesce a cogliere il fatto che io non avessi più un briciolo di fiato nei polmoni, eravamo tutti sfiniti e increduli. Una gioia incredibile e indescrivibile che ti ripaga di tutto quello che abbiamo subito in questi anni.

Allarghiamo il discorso a tutta la competizione, eravate partiti non male con la Francia, poi lo scivolone con l’Inghilterra e una partita difficilissima con due espulsioni in Irlanda. Poi con Scozia e Galles si è vista un’Italia in crescendo e più competitiva, cosa è scattato in questi ultimi due match?

E’ una sintesi perfetta del nostro percorso, in sostanza io credo che i frutti del nostro enorme lavoro siano venuti a galla, abbiamo messo a punto delle situazioni nelle quali eravamo più fragili e di sicuro l’arrivo di Ange Capuozzo ha dato una bella vitalità alla fase offensiva. Ci tengo a dire che anche in Irlanda nonostante la situazione difficile che si è venuta a creare non abbiamo mai mollato dimostrando quanto ci tenessimo a non subire un’umiliazione come quella contro gli inglesi a Roma. In questi due mesi abbiamo avuto una crescita notevole immettendo forze fresche e credo che la direzione che abbiamo intrapreso possa essere quella giusta nel medio lungo periodo. E’ chiaro che ci vorrà ancora del tempo, ma lo spirito è quello corretto e queste ultime due gare sono state di sicuro una grande iniezione di fiducia.

I tuoi inizi, sei nato a Venezia in una zona virtuosa e di grande tradizione rugbystica. Ricordi di quella prima fase? Quando hai capito dove potevi arrivare?

Sì ho iniziato giovanissimo a Mogliano, avevo sette anni e mi sono cimentato col fratello di Tommaso Benvenuti, Giovanni, e ho dei ricordi bellissimi, ricordo la gioia di svegliarsi al mattino e sapere che nel pomeriggio c’erano gli allenamenti, è già questo la dice lunga sulla mia passione per questo sport. Alla prima selezione per l’Accademia zonale di Mogliano fui scartato, ebbi una grande delusione, ma per fortuna fui ripescato e dopo due anni mi sono guadagnato la chiamata per l’Accademia Ivan Francescato che quell’anno per la prima volta era in gara in serie A1, poi sono passato in prima squadra a Mogliano vincendo a diciannove anni, nel 1992, il primo storico scudetto del club  e poi è arrivata la chiamata delle Zebre. Non c’è stato un momento preciso in cui ho realizzato che sarei potuto diventare un professionista, ma tanto lavoro, tanto sacrificio e tanto amore per il rugby, mi ritengo molto fortunato.

Sei in azzurro da sei anni, qual è il tuo avviso il gap che l’italrugby ha rispetto alle altre nazioni? Mancanza di reclutamento di base  e di ricambi di livello?

Sicuramente lottiamo contro nazioni che hanno un’enorme tradizione storica, sono Paesi più piccoli del nostro in cui il rugby è spesso lo sport principale e uno dei più praticati, questo si traduce in un numero altissimo di praticanti e tesserati. Questo chiaramente influisce sulle performance, ma posso dirti che un ricambio generazionale è in atto anche dal basso, l’Under 20 è molto competitiva e ha vinto quest’anno tre partite del sei nazioni, cosa mai successa finora. Stiamo lavorando bene pur non avendo i mezzi e le risorse che hanno altre Federazioni, ma non bisogna cercare alibi e continuare a migliorare e questa vittoria ci aiuterà di sicuro donando entusiasmo ad un movimento che ultimamente era un po’ depresso.

I vari coach che si sono succeduti sulla panchina azzurra. Che impatto ha avuto Crowley, e su quali aspetti avete lavorato, sia tecnici che mentali?

Credo che tante volte si sia parlato, spesso a vanvera, di consapevolezza perché a livello fisico credo non ci sia mai mancato niente e spesso ci veniva detto che lavoravamo più duramente di altre nazionali. Penso che Kieran abbia inciso molto sulla nostra autostima, ci ha responsabilizzato tantissimo dandoci molto spazio per esprimerci anche nelle riunioni pre-partita, siamo più propositivi e questo ci ha permesso di sbloccarci maggiormente a livello mentale lavorando con la serenità giusta. L’aspetto mentale nel rugby, come in tutti gli sport,  è fondamentale e spesso la stampa tende ad incidere negativamente sulle nostre prestazioni, anche la vittoria in Galles sembrerebbe più demerito loro mentre è vero il contrario e credo che questo successo non sia affatto casuale, ma la somma di tanti fattori sui quali Kieran ha lavorato con noi.

Attività di club e partite della nazionale, aspetti complicati e a tratti inconciliabili?

E’ un problema condiviso con tante altre discipline, non c’è molto tempo per preparare le gare in azzurro per mancanza cronica di spazi e l’attività dei club soprattutto in questa fase è densa di appuntamenti decisivi per le sorti delle franchigie. E’ il nostro lavoro e siamo consapevoli che i calendari sono fitti e bisogna convivere con questo stress e questi ritmi frenetici anche se avere un po’ più di tempo in azzurro non sarebbe affatto negativo.

Parliamo degli aspetti positivi di questo sport, grandi valori e grande condivisione? Il terzo tempo rispecchia in pieno lo spirito che rende il Rugby così amato e seguito dagli italiani?

Assolutamente sì e posso dirlo con cognizione di causa, il Sei Nazioni attira tantissima gente ed è un grandissimo seguito mediatico, è bellissimo vedere stadi da settantamila persone far festa col pubblico pieno di famiglie che vengono a godersi questo spettacolo. Il rispetto delle decisioni arbitrali, il rispetto dell’avversario, il non fischiare l’atleta che calcia sono tutti valori che mi hanno inculcato sin da piccolo e credo che siano fattori determinanti del successo di questo sport. E’ uno sport che andrebbe praticato a prescindere dal risultato, ha grandi aspetti educativi, formativi e di gruppo, invita alla socializzazione a qualunque età, un messaggio positivo che fa bene all’etica dello sport.

La vostra preparazione. Un atleta di livello come te quante ore dedica all’allenamento, e in che modo la tecnologia ha cambiato il modo di gestire e monitorare le vostre performance?

Negli ultimi anni di sicuro gli strumenti tecnologici ci hanno facilitato tantissimo il lavoro di preparazione, a partire dall’analisi dell’avversario che noi con due click riusciamo a studiare in maniera molto semplice. A livello di allenamento quotidiano siamo costantemente sotto controllo e due volte al mese veniamo monitorati sulla composizione del grasso corporeo, abbiamo test continui in palestra sulla forza dei vari gruppi muscolari per prevenire infortuni e personalmente sono seguito da una dietologa perché anche il peso va sempre tenuto sotto controllo.

Discorso economico, a livello federale non siete al massimo come investimenti. I club azzurri di vertice, Benetton e Zebre a che livello di competitività economico sono rispetto ai top club di altre nazioni europee?

A Treviso, dove gioco attualmente, si sta facendo un grande sforzo, non solo economico, per raggiungere livelli sempre più alti, i giocatori sono alleggeriti di molti altri servizi che incidono sulle spese gestionali. L’attività di un atleta non si riduce solo all’attività in campo o in palestra, ci sono tante altre situazioni logistiche che vanno garantite e Treviso in questo senso ha fatto tantissimo affiancandoci anche uno staff tecnico di primo livello. Le Zebre non vivono un momento semplicissimo, spero che riescano a portare a casa qualche vittoria in questo finale di stagione che gli darebbe quell’entusiasmo per affrontare questa, spero temporanea, situazione di difficoltà.

Chiudiamo con un messaggio positivo e di speranza rivolto soprattutto ai giovani. Un invito a fare sport e a riprendersi i propri spazi dopo due anni duri e sedentari. Provate a giocare a Rugby perché? Dammi almeno tre buoni motivi…

Veniamo da due anni difficilissimi in cui ci è stato negato il diritto alla socialità che vede nello sport uno dei suoi canali privilegiati, invito le famiglie che hanno bambini o ragazzi a venire ad approcciare questa disciplina. Si creeranno degli amici, condivideranno un obiettivo comune, faranno movimento lasciando tablet e smartphone per un paio d’ore e scaricheranno le loro energie positive su uno sport che non è affatto violento e in questo mi rivolgo soprattutto alle mamme che hanno di solito più paura. Prendiamo anche il lato positivo per voi genitori, la sera saranno talmente stanchi e crolleranno immediatamente dal sonno, lasciandovi un paio d’ore sul sofà per godervi un bel film, pensateci.

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