Nelle scorse settimane in Italia, nel calcio, sono accaduti alcuni episodi che sono finiti su tutti i giornali nostrani e non. Andiamo con ordine: Coppa Italia, Quarti di finale, Napoli – Inter. Al termine della gara Mancini si lamenta davanti alle telecamere di essere stato insultato da Sarri che lo avrebbe apostrofato come: “Frocio e finocchio”. Sarri non smentisce, prova a ridimensionare i toni dicendo che le cose di campo dovrebbero restare tali, confessa e viene sanzionato. Due turni di squalifica in Coppa Italia nella prossima stagione.
Serie A, 21/a giornata, Juventus-Roma. Daniele De Rossi in un battibecco con Mandzukic lo chiama “zingaro di merda”. La casistica non rientra nei casi punibili ed il numero sedici giallorosso ne esce indenne. Tavecchio, che sente puzza di bruciato ma soprattutto ha paura che venga tirata di nuovo fuori la storia di “Optì Pobà mangia banane”, dell’ “Ebreaccio” o del “Teneteli lontano da me” riferito agli omosessuali, dove comunque a lui non venne fatto sostanzialmente nulla, in fretta e furia afferma che dal prossimo campionato le casistiche per quanto riguarda gli insulti discriminatori verranno ampliate.
Chiamandosi questa rubrica “L’altra faccia degli States”, è impossibile esimersi dal fare un confronto tra le sanzioni quantomeno leggere, per non dire farsa, comminate qui e quelle invece comminate in America per casi analoghi.
Il 30 Aprile 2014, il commissioner della NBA Adam Silver ha annunciato che il proprietario dei Los Angeles Clippers Donald Sterling è stato escluso a vita dalla Lega e costretto a pagare una multa di 2,5 mln di dollari per insulti razzisti. In una telefonata con una donna, registrata dalla stessa, Sterling aveva rivolto insulti razzisti ad una terza persona presente nella stanza con lei.
Qualcuno potrà dire che gli americani avendo avuto il problema della schiavitù e del razzismo armato nel loro paese su queste tematiche non ci vanno e non ci possono andare leggeri. Vero. Se si vuole fare una rivoluzione culturale, però, bisogna essere disposti anche a dare sanzioni esemplari per far passare il messaggio.
Qui nessuno vuole fare il moralista, anzi, forse ha ragione Sarri a dire che le cose di campo è meglio che restino lì. La sensazione però è che essendo il calcio lo specchio della società e non il contrario, la rivoluzione culturale dovrebbe iniziare in altri ambienti e ambiti ma, soprattutto, che i personaggi che si riempiono la bocca di belle parole non siano assolutamente né intenzionati né in grado di compiere questa rivoluzione.
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