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“Non ci credo ma…”: le cinque scaramanzie (e furbate) più strane nel mondo dello sport

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“Non ci credo ma…”: le cinque scaramanzie (e furbate) più strane nel mondo dello sport

Qualunque atleta in qualunque sport farebbe qualsiasi cosa pur di portare a casa la vittoria. In casi estremi, anche affidarsi alla pura scaramanzia. Ecco allora una speciale classifica con le cinque mosse più strane adottate da vari sportivi per riuscire a raggiungere i propri obiettivi.

 ‘Sir’ Alex Ferguson ed il cambio di maglia

1996. Dopo 45 minuti di pura sofferenza, I Diavoli Rossi sono incredibilmente sotto di tre gol contro il Southampton. Il motivo? Non tattico, né tecnico second mister Ferguson. La colpa è tutta di un dannato completo grigio che apparentemente non aiuterebbe i calciatori a ‘trovarsi’ in campo. Cosa fare, quindi? Fergie ha deciso: chiama i magazzinieri e fa portare le divise blu e bianche. Il risultato, però, cambia poco o nulla: segna Giggs ma finisce 3-1 per gli avversari. Intervistato in merito alla vicenda nel 2012, Ferguson ha detto: “Ci hanno multato per un totale di 10.000 sterline ma sono i soldi che sento di aver speso meglio in vita mia.”

Muhammad Ali ed il suo guanto danneggiato

Ali non avrebbe potuto diventare ‘The Greatest” senza un grande team alle spalle nel proprio angolo di ring. Era il 1963 e Ali si trovava alle corde contro l’inglese Henry Cooper in quel di Wembley. In uno dei momenti di maggiore difficoltà, dall’angolo del campione statunitense si sollevarono proteste perché il pugile inglese avrebbe avuto un guanto danneggiato. Tutta una scusa per far riprendere fiato e vigore ad Ali. Alla fine, il guanto non venne cambiato ma il tempo trascorso per portare avanti la disputa da parte dei suoi uomini aiutò il fenomeno americano a riprendersi e vincere il match.

L’acqua santa del Trap

Ai Mondiali di Corea del Sud e Giappone 2002, l’allora tecnico dell’Italia, Giovanni Trapattoni era solito buttare dell’acqua santa a bordo campo. Ripreso dalle telecamere, divenne di dominio pubblico e fu accusato anche di blasfemia. Il Trap si difese dichiarando: “Non c’è nulla di male, me l’ha donata mia zia suora”. Non andò benissimo perché la spedizione azzurra si fermò contro i padroni di casa della Corea del Sud e, soprattutto, l’arbitro Byron Moreno.

Ossigenarsi per caricarsi, il dogma romeno

Dopo aver sconfitto i giganti inglesi nel girone della Coppa del Mondo del 1998 in Francia, i calciatori della Romania decisero di entrare nella storia non soltanto per i propri meriti sportivi. Via quindi all’ossigenazione collettiva dei capelli per abbattere anche lo spauracchio della Croazia di Suker. Tutto inutile, però: la mossa non funzionò, così Moldovan e compagni tornarono mestamente in patria ben prima della Finale di Parigi.

Ronaldo e l’orrida capigliatura del 2002

Prima di Cristiano, indubbiamente di Ronaldo ce n’era uno solo: Luis Nazario de Lima. ‘Il fenomeno’ se preferite. Dopo essersi visto sfuggire dalle mani la Coppa del Mondo nel 1998 (giunto in condizioni disastrose all’appuntamento finale contro i padroni di casa francesi a causa di una crisi epilettica che rischiò di fargli perdere la vita), Ronaldo si presentò carico come non mai all’appuntamento di quattro anni dopo in Corea e Giappone. Gol a raffica in ogni partita fino ai Quarti di Finale contro l’Inghilterra; la gara passerà alla storia per la clamorosa papera di David Seaman su una punizione velenosa di un giovane Ronaldinho. Il Brasile supererà il turno ma il ‘Fenomeno’ resta all’asciutto. Come fare, quindi? Bisogna cambiare pettinatura, l’idea del brasiliano. Ronaldo, pertanto, si presenta ai due appuntamenti finali con un terribile triangolo disegnato proprio sopra la fronte. La Finale contro la Germania terminerà 2-0 con doppietta di ‘Ronie’. Alla fine, ha avuto ragione lui.

Nato a Roma sul finire degli anni Ottanta, dopo aver conseguito il diploma classico tra gloria (poca) e
insuccessi (molti di più), mi sono iscritto e laureato in Lingue e Letterature Europee e Americane presso la
facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata. Appassionato, sin dall'età più tenera, di calcio,
adoro raccontare le storie di “pallone”: il processo che sta portando il ‘tifoso’ sempre più a diventare,
invece, ‘cliente’ proprio non fa per me. Nel 2016, ho coronato il sogno di scrivere un libro tutto mio ed è
uscito "Meteore Romaniste”, mentre nel 2019 sono diventato giornalista pubblicista presso l'Ordine del Lazio

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