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Tor di Valle e l’età dell’oro del trotto romano

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A causa delle vicende legate alla realizzazione dello stadio della Roma, è ritornato in questi giorni agli onori delle cronache l’ippodromo del trotto di Tor di Valle, che sorge proprio dove si dovrebbe costruire il nuovo impianto per il calcio. La richiesta di vincolo proprio sulle strutture dell’ormai dismesso trotter formulata dalla Sopraintendenza ai Beni Culturali su proposta di Italia Nostra è l’ultimo intralcio in ordine di tempo all’effettiva partenza del progetto stadio. Noi di Io Gioco Pulito abbiamo ritenuto giusto, andare a scoprire la storia dell’ippodromo che è stato per decenni, dagli anni Sessanta agli anni Novanta, un punto di riferimento del trotto italiano e spesso internazionale, in anni in cui le corse dei cavalli erano qualcosa di molto importante in Italia, mi perdoneranno i colleghi romani se l’ho fatto io che romano non sono, ma frequentatore di ippodromi e innamorato dell’ippica da oltre trent’anni sì.

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Fu costruito tra il 1957 e il 1959, parte dei lavori per le Olimpiadi di Roma 1960, a Villa Glori,, dove dal 1908 venivano disputate le corse al trotto nella Capitale, doveva sorgere il villaggio olimpico, e così sì studio per il trotto, allora in grande auge, un impianto nuovo, enorme, uno dei più grandi d’Europa ancor oggi, e venne fatto progettare all’architetto madrileno Julio Lafuente, archistar dell’epoca, che lo disegnò con criteri innovativi, la struttura delle tribune è considerata la più grande paraboloide iperbolica al mondo, e ha un punto di forza nella grande e spettacolare vetrata, anche se gli interventi realizzati negli anni ne hanno compromesso il carattere, con un ampliamento del solaio, tribune e parterre inscatolati, controsoffitti che occultano le “umbrelle”, oltre alla perdita di funzionalità della vetrata posteriore. Era in grado di ospitare fino a 50.000 spettatori. La pista da corsa è lunga 999,508 metri e il fondo pista è così composto, dal basso verso l’alto: uno strato di sabbia di 10 cm, un sottofondo  in breccione di 45 e un manto di tufo compatto di 20 cm, entriamo tanto nei dettagli perché la conservazione del sedime del tracciato è uno dei motivi, insieme all’architettura delle tribune, che hanno portato la Sovraintendenza a richiedere il vincolo sull’impianto.

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Torniamo ora indietro nel tempo e trasferiamoci nella Roma del dicembre 1959, in piena fibrillazione per le imminenti Olimpiadi. A Tor di Valle si lavorava alacremente, per poter inaugurare la struttura entro fine anno. Il “Trotto italiano” del giorno 11 dicembre ’59 così descriveva la situazione:

“A Tor di Valle si correrà il 26 dicembre. Le migliorate condizioni del tempo hanno permesso un più celere andamento dei lavori per cui risulta confermato che da lunedì prossimo saranno agibili la pista d’allenamento ed almeno 300 boxes per ospitare i trottatori.

Naturalmente non si può pretendere che Tor di Valle sia perfettamente a punto: ma è, stando alla conferma degli elementi responsabili, in condizione di funzionare.
E’ pertanto assicurata l’inaugurazione per il 26 dicembre”

Come prova centrale della giornata d’apertura venne creata una corsa ad hoc, il premio Tor di Valle per cavalli di ogni paese di 4 anni e oltre e bel dieci milioni di Lire in palio al traguardo. Ancora il Trotto Italiano” del 15 dicembre ’59 a firma Carlo Biffi ci racconta gli ultimi preparativi e le prime sgambature dei cavalli già arrivati a Roma, quelli dell’allenatore bolognese Mario D’Errico:

“ A questo proposito liete sono le voci raccolte nell’avanguardia che ha potuto sgambare solo sulla pista di esercizio e cioè di un fondo eccellente che ci si augura sia eguale anche nella pista di 1000 metri sulla quale sabato si è cominciato a gettare la sabbia.

Certo la pioggia che da sabato pomeriggio ha ripreso a cadere quasi senza interruzione su Roma e dintorni non è fatta per facilitare il compito delle squadre di operai che lavorano al completamento della pista stessa e anche quelli addetti al settore delle tribune.

Sarà bene precisare subito che Tor di Valle non potrà essere inaugurato con un impianto completamente rifinito il giorno di Santo Stefano ma ad ogni modo è già stato motivo di soddisfazione constatare che ad ogni visita si vedeva qualcosa di più completo lasciando sperare in un inizio soddisfacente se non irresistibile.”

Il maltempo però non dette tregua a Roma nei giorni successivi e in quello previsto per l’inaugurazione, Santo Stefano, la pista era al limite dell’impraticabilità, ma ormai il dado era tratto e si dovette correre. Nel Premio Tor di Valle erano rimasti in cinque: Tornese e Crevalcore, i due grandi rivali del trotto italiano, la cui interminabile sfida vi abbiamo raccontato qualche tempo fa qui su Io Gioco Pulito, lo statunitense Silver Song e altri due ottimi soggetti come Icare IV e Nievo. La pista ridotta a un lago, con pozze ovunque. Al via Crevalcore si era avviato in testa seguito da Tornese, con Icare IV all’esterno che a più riprese tentò di superare Crevalcore che non gli diede mai strada, per sbagliare andatura sulla curva finale, coinvolgendo nell’errore anche Tornese. Sembrava fatta per l’allievo di Vivaldo Baldi, ma il grande Tornese, il “Sauro Volante” rimesso rapidamente al trotto da Sergio Brighenti tornò fortissimo in dirittura per vincere di misura sul palo. Una grande corsa destinata a rimanere nella storia del trotto nonostante i pochi partenti e il pessimo stato della pista, di cui esiste ancora testimonianza filmata.

Dal 1960 Tor di Valle sviluppò un’attività regolare, fu sede del Derby del Trotto e di molte altre grandi corse internazionale, frequentato dai VIP della dolce vita romana insieme a migliaia di persone comuni e appassionate. Furono gli anni d’oro del trotto romano, coi più grandi campioni a quattro zampe in pista e intere generazioni di guidatori che divennero vere star, su tutti Marcello Mazzarini, nell’ambiente noto come l’Ottavo Re di Roma.

Le corse continuarono per oltre cinquant’anni, prima floride e ben frequentate, poi dai primi anni Duemila, con sempre meno denaro, meno  pubblico e grandi campioni, fino al giorno in cui a Orlando in Florida il Presidente della Roma James Pallotta e il proprietario dei terreni Luca Parnasi firmarono un accordo per la costruzione del nuovo stadio della Roma in luogo dell’ippodromo: era il 30 dicembre 2012. Il 30 gennaio 2013 venne disputata l’ultima riunione, effettuata l’ultima corsa e diramato l’ultimo ordine d’arrivo e l’ultimo cavallo uscì dalla pista da corsa in tufo. Calò per sempre  il sipario sul  trotto romano. L’attività riprese qualche tempo dopo ospite non molto gradita dell’ippodromo del galoppo, quello di Capannelle, ma quella che del trotto romano fu l’età dell’oro era ormai finita da tempo.

 

Francesco Beltrami nasce 55 anni fa a Laveno sulle sponde del Lago Maggiore per trasferirsi nel 2007 a Gozzano su quelle del Cusio. Giornalista, senza tessera perché allergico a ogni schema e inquadramento, festeggerà nel 2020 i trent'anni dal suo primo articolo. Oltre a raccontare lo sport è stato anche atleta, scarsissimo, in diverse discipline e dirigente in molte società. È anche, forse sopratutto, uno storico dello sport, autore di diversi libri che autoproduce completamente. Ha intenzione di fondare un premio giornalistico per autoassegnarselo visto che vuol vincerne uno e nessuno glielo da.

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