Dopo Burian, arriva Malagò. Il grande gelo che ha paralizzato la Lega Calcio si è sciolto, complice l’operato del presidente del Coni. In quaranta giorni, il dirigente è riuscito in ciò che i presidenti non sono stati capaci di gestire in quattro anni. Trovato il presidente, riformato il mercato e, parzialmente, la Coppa Italia. Infine rivisitato il calendario. Tutto senza polemiche. Una piccola impresa considerando il clima irrespirabile che si respirava nella confindustrtia del calcio.
L’uomo delle grandi intese
Malagò si conferma l’uomo delle grandi intese. Un diplomatico consumato. Le riunioni in Lega si son trasformate in incontri amichevoli dopo le risse verbali degli ultimi mesi. Come è stato possibile? Beh, molto semplice. Malagò sa scegliere come pochi i propri interlocutori. Ed è quasi impossibile che scontenti qualcuno contando su amicizie influenti e allo stesso tempo discrete. Il Commissario non impone la propria volontà. Chiude le dispute anestetizzandole. Nessun vincitore né però vinti. Per trovare la “quadra” in Lega gli è stato sufficiente proporre uomini che non urtino la suscettibilità delle grandi e, nel contempo, siano anche vicine alla media borghesia del calcio. Non a caso la scelta è caduta su Gaetano Miccichè, presidente del gruppo Banca Intesa e specializzato nel gestire situazioni particolarmente calde come il caso Alitalia e la scalata al gruppo RCS. Esattamente. Lo stesso colosso editoriale finito nelle mani di Urbano Cairo che è anche presidente del Torino e che, con Lotito, era a capo dell’asse dei “dissidenti” e capace di spostare l’ago della bilancia verso il “no”. Accontento il presidente del Torino e, di riflesso, quello della Lazio, lasciando immutato lo status quo che non intacca i privilegi delle grandi, tutto si è incastrato alla perfezione.
Bravo, ma anche scaltro
Il commissario Malagò ha anche dovuto gestire una situazione molto complicata da un punto di vista mediatico raccogliendo consenso unanime. Il caso Astori è stato gestito con grande attenzione. Ascoltando tutti e lasciando che la soluzione nascesse dalla necessità più che dalla volontà. In modo che in una situazione delicata quanto drammatica, non vi fossero ripercussioni. Malagò, subito dopo che le agenzie hanno battuto la morte di Astori, ha parlato prima con il Genoa e poi con il Cagliari, quindi ha “sentito” l’onda della commozione generale, e innescato un effetto domino in cui è stato sufficiente mettere nero su bianco con il Ministero dell’Interno e il Capo della Polizia per annullare una partita come il derby di Milano. Roba da ottanta mila spettatori, sospesa senza un fiato, complice una giornata in cui nessuno voleva giocare. L’ultima spina nel fianco, prima dell’elezione ufficiale di Miccichè era trovare una data per il derby di Milano. No problem: ci ha pensato l’Arsenal, eliminando, di fatto, i rossoneri dalla competizione e spianando anche questa strada. Napoleone diceva: meglio un generale fortunato oltre che bravo. Beh, alla luce dei fatti, uno come Malagò sarebbe stato senz’altro stato arruolato.