The Thrilla in Manila: Frazier – Ali, senza esclusione di colpi
1 ottobre 1975, tutto il mondo era incollato alla TV per seguire l’evento sportivo dell’anno: il terzo match tra Smokin Joe Frazier e Muhammad Ali. Nelle Filippine andò in scena il terzo atto di una rivalità leggendaria, la trilogia Ali-Frazier. A Manila si svolse la guerra sportiva tra i due atleti. Una drammatica tempesta di pugni che mise a dura prova tutti e due. Lo stesso Ali disse alla stampa che fu la cosa più vicina alla morte che aveva mai provato.
Nel 1974, Muhammad Ali si era ripreso il titolo mondiale contro il grande George Foreman nel The Rumble in The Jungle (La rissa nella giungla) in Zaire. Smokin Joe era il suo leggendario rivale, l’unico pugile che era riuscito a metterlo al tappeto per due volte in un incontro solo. Nel periodo in cui Ali era squalificato (1967-1971) per la sua renitenza alla leva, Frazier era diventato il dominatore della categoria dei pesi massimi facendosi strada con un KO dopo l’altro. Quando la Corte Costituzionale americana assolse Ali, gli ridiede la licenza per combattere, la prima cosa che fece fu quella di andare a cercare Frazier per sfidarlo e riprendersi il titolo revocato anni prima. Frazier all’inizio faceva lo schivo e non rispondeva alle provocazioni del pugile di Louisville. Ali dal canto suo aveva cominciato a fare quello che sapeva fare meglio, cioè un martellamento mediatico dove attaccava Frazier continuamente e le denigrava esteticamente. Ripeteva spesso che: “Joe Frazier è troppo brutto per essere il campione del mondo. Il campione del mondo deve essere bello, veloce e potente come me”. Era lo stile di Ali, quello che lo rese il personaggio leggendario che diventò, l’uso del trash-talking per sconfiggere psicologicamente il proprio avversario.
Frazier era totalmente diverso, era un campione pacato e col sorriso sempre smagliante. Non faceva lo spaccone, anzi più delle volte restava impassibile al cospetto delle provocazioni e quando rispondeva ad Ali lo faceva in modo sintetico e diretto: “Ali? beh lui cerca di fare il suo lavoro con le parole. Io, cerco di farlo coi pugni”. Alla fine di questo teatro mediatico, ovviamente montato da Ali, fu decisa la data dell’incontro che mise di fronte i due campioni del mondo imbattuti fino a quel momento. Quello che videro gli spettatori americani nel 1971 al Madison Square Garden di New York fu rinominato The Fight of Century (l’incontro del secolo). L’incontro segnava il grande ritorno di Ali alla boxe dopo tre anni di inattività sportiva per la squalifica.
Dopo i primi tre round dominati da Ali, tre anni di inattività presentarono il conto, Frazier inflisse due KO all’ex campione del mondo, il primo all’undicesimo e il secondo al quindicesimo round. Frazier aveva messo a segno per bene due volte il suo temibile gancio sinistro, il suo colpo marchio di fabbrica, un terribile colpo che metteva KO chiunque lo subisse. Alla fine il verdetto dei giudici premiò il campione del mondo che mantenne il titolo. Il secondo match che vide i due scontrarsi, The Super Fight (Il grande Match) fu un intermezzo che vide Ali vincere dopo che era tornato campione. Fu un preludio a quella guerra all’ultimo sangue che assunse il nome di The Thrilla in Manila (Brivido A Manila). Frazier nel 1973 era stato travolto da George Foreman e nel 1974 quest’ultimo perse il titolo con Ali. Dopo degli incontri di rodaggio, Smokin Joe si lanciava all’arrembaggio del titolo contro il suo vecchio rivale. Don King che aveva organizzato il match tra Ali e Foreman non si fece scappare l’occasione di organizzare anche l’incontro finale della trilogia tra i due. La boxe in fatto di organizzazione stava cambiando e parte di questo cambiamento lo introdusse King. Nomi d’impatto ai match, merchandising e marketing dell’evento sportivo.
Venne scelta la capitale delle Filippine, Manila, come sede di questo match. I mesi che precedettero il match furono caratterizzati, come al solito, dallo show di Ali nei confronti di Frazier. Come nel 1971, Ali definì Frazier lo zio Tom dei bianchi e per alimentare il rancore dello sfidante si presentò in conferenza stampa con un gorilla di gomma che prese a colpire canticchiando: “Sarà un killa (omicidio), un chilla (emozione) e un thrilla (brivido) quando a Manila batterò il Gorilla”. Frazier non prese bene la cosa. Nella successiva conferenza stampa, dopo l’ennesima provocazione di Ali, i due arrivarono quasi alle mani. Ma Smokin Joe non era Foreman conosceva il suo rivale e sapeva che era una tattica per destabilizzarlo psicologicamente.
Il 1 ottobre del 1975 andò in scena la guerra tra i due pugili. In quella notte si scrisse un pezzo di storia del pugilato mondiale. Quattordici round, fatti di colpi su colpi tra due meravigliosi atleti. Ali cercò subito di imporsi con la sua boxe, Frazier schivava i colpi col movimento di tronco, andava sotto e cercava di portare a bersaglio il suo terribile gancio sinistro in grado di buttare giù un bisonte. Ogni round era scontro senza esclusione di colpi. Ali più volte scuoteva la testa quando vedeva incassare Frazier dei colpi che avrebbero buttato KO qualsiasi persona normale. Frazier non mollava un centimetro era sempre lì che colpiva Ali al bersaglio grande. Frazier era un rivale che Ali soffriva molto, perché portava potenti colpi al corpo del pugile di Louisville. I giudici, il pubblico e i più grandi esperti di pugilato erano increduli non avevano mai visto un match di questa intensità e brutalità.
Ali non era più quello di tanti anni fa e cominciò a sentire il peso del match. La svolta arrivò al quattordicesima ripresa. I due pugili erano stremati, anche Ali per la prima volta in vita sua aveva il fiato lungo e non ci credeva. Nella quattordicesima ripresa Ali aveva compiuto un vero e proprio capolavoro sportivo con una combinazione di colpi che portò il punteggio dei giudici saldamente nelle sue mani. Frazier lo sapeva, se voleva vincere quel match doveva mettere KO Ali. Però accadde l’impensabile. Eddie Futch, allenatore di Frazier, mentre stava curando le ferite del suo pugile, che aveva un occhio completamente chiuso e la fronte deformata dai colpi subiti, si accorse dei rischi che stava correndo Joe. Nell’altro angolo Angelo Dundee, leggendaria icona e mister del campione del mondo, incoraggiò Muhammad Ali semplicemente ad alzarsi, per sostenere l’ultimo round che lo avrebbe definitivamente proiettato nella leggenda.
Ma il medico che stava visitando Frazier parlò chiaro: il match doveva finire lì. Frazier non voleva mollare. Smokin Joe non aveva dubbi: quella notte se la scelta fosse stata ritirarsi o morire per il titolo, lui avrebbe scelto la seconda opzione. Il medico fu categorico: il match finiva lì.
Con la fine della quattordicesima ripresa si concluse quello che nella storia è ricordato come uno dei match più terribili della nobile arte. Ali quando vide che Frazier non avrebbe continuato il match, per la prima volta in vita sua, tirò un sospiro di sollievo. Furono quattordici match lastricati di colpi, sudore, sangue e tanta sofferenza. Uno scambio continuo di colpi per tutti e tre i minuti delle quattordici riprese. Dopo il match, un insolito Ali dichiarò alla stampa: “Ero sull’orlo del collasso e, prima di crollare, ebbi appena il tempo di vedere Futch dire al suo pugile che era tutto finito. E’ la cosa più vicina alla morte che ho mai vissuto”. Il mondo intero vide così finire la leggendaria rivalità tra i due pugili. Dopo quel match i due non sarebbero più stati gli stessi. Frazier rimase a lungo a riposo. Ali invece pagò il prezzo più alto. Non sarebbe stato più lo stesso. Afflitto dai danni cerebrali diagnosticatigli dal dottor Ferdie Pacheco, avrebbe perso e riconquistato il Mondiale contro Leon Spinks infilando l’interminabile tunnel del morbo di Parkinson.
Si concluse così una storia fatta di rivalità e amicizia tra i due. Soprattutto si concluse, forse, la più bella trilogia di rivalità che la boxe abbiamo mai visto tra Smokin Joe e Il Più Grande.