La stagione 2016- 2017 ha consacrato l’Italian Job, un export dal successo assicurato. Tre dei cinque campionati europei principali sono stati dominati da allenatori italiani: Conte in sella al Chelsea, Ancelotti sulla panchina del Bayern Monaco e Max Allegri sulla panchina della Juventus. Come sempre, però, c’è l’altra faccia della medaglia: non sono pochi gli allenatori italiani che hanno fallito le esperienze all’estero.
Premier dal retrogusto amaro- L’esperienza in Premier degli allenatori italiani negli ultimi anni è stata sempre vincente: da Roberto Mancini con il Manchester City a Ranieri con il Leicester, passando per la recente vittoria di Conte con il Chelsea. C’è anche chi, però, non ha lasciato un buon ricordo in terra britannica: Guidolin e Mazzarri in testa se si pensa alla stagione appena concluse. Stagioni diverse ma entrambe dal retrogusto amaro: per il tecnico ex Udinese è arrivato l’esonero il 6 ottobre dopo esser stato ingaggiato durante la scorsa stagione dallo Swansea per blindare la salvezza, invece per Walter Mazzari è stata un’annata condizionata dagli infortuni che non ha permesso al suo Watford di fare quel salto che tutto l’ambiente auspicava. Il quarto allenatore italiano che quest’anno sedeva su una panchina inglese era Sir Claudio Ranieri, così ribattezzato dalla stampa e dai tifosi inglesi. La favola di Ranieri il 23 febbraio è termina con l’epilogo più triste per gli amanti dello sport: il mister ex Roma è stato esonerato a seguito di una serie di risultati negativi che avevano portato le Foxes a ridosso della zona retrocessione. Un esonero che ha spazzato via mesi di romanticismo calcistico, di storie e di favole. E’ proprio vero: il calcio non lascia spazio a sentimenti. Se in testa alla classifica c’è Conte che sorride e spazza via tutti gli avversari sgretolando qualsiasi record, non tutti i tecnici italiani possono dire di aver esportato con successo la tattica italiana.
Gli altri campionati esteri- Non bisogna allontanarsi troppo dall’Inghilterra per cercare un altro fallimento targato Italia. L’Aston Villa, squadra inglese che milita in Championship, dopo undici partite ed una sola vittoria ha deciso di esonerare Roberto Di Matteo, che dopo la vittoria della Champions League con il Chelsea sembra accompagnato da una maledizione. Sempre in Championship, Walter Zenga è stato esonerato dopo 14 giornate disputate sulla panchina del Wolverhampton: squadra a sole quattro lunghezze dalla retrocessione ed un’esperienza da considerare fallimentare. Un’altra conoscenza del calcio italiano non ha centrato l’obbiettivo: Andrea Stramaccioni ha concluso anzitempo l’avventura in Grecia con il Panathinaikos. Il tecnico ex Inter ha risolto il contrato per “mancanza di feeling” nonostante il suo ruolino di marcia non fosse negativo 4 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte ed un terzo posto lasciato in dote al successore. Spostandoci dai club alle nazionali, l’irriducibile Marcello Lippi sta vivendo l’ennesima avventura della sua carriera sulla panchina della nazionale cinese. I risultati, però, non sono esaltanti: dal sogno della qualificazione alla realtà dell’eliminazione quasi certa, segnata dalla sconfitta contro l’Iran. Servirà un miracolo al tecnico italiano per portare la Cina ai mondiali. Rimanendo in Cina, ancora in corso, invece, l’avventura di Fabio Cannavaro al Tianjin Quanjian, squadra che milita nella Super League cinese, e che fino ad ora non ha rispettato le aspettative di inizio campionato: solamente settima la squadra dell’ex difensore italiano. Dalla Cina con furore, termina anche l’avventura di Ciro Ferrara: il tecnico è stato esonerato dal Wuhan Zall, club di China League One (o Jia League), l’equivalente della Serie B cinese il 21 marzo dopo due sconfitte consecutive nelle prime due giornate di campionato.
Italian job o Italian flop?- La stagione 2016- 2017 racconta l’Italia dei tecnici divisa in due: da un lato c’è chi ha raccolto gli ennesimi successi della carriera, come Conte ed Ancelotti, e c’è, invece, chi non è riuscito ad esprimersi al meglio. I motivi? Mazzarri e Guidolin vengono da un calcio più conservatore, troppo ‘italiano’ e, soprattutto, poco duttile tatticamente: Conte ha insegnato, come in Premier sopratutto, non è facile vincere se non si ha una ricetta perfetta. Ciò che lo scorso anno è riuscito a trovare Ranieri nel suo Leicester, che quest’anno per motivi probabilmente di feeling all’interno dello spogliatoio non è riuscito a ripetersi. La sensazione è che per vincere all’estero ci voglia una grande duttilità tattica ed anche mentale, per discostarsi da quello che è il calcio vissuto nei propri confini. Non tutti ne sono capaci, non tutti si chiamano Antonio Conte o Carlo Ancelotti. Come di qualsiasi prodotto, c’è il top- export e loro lo sono. Un orgoglio tutto italiano.