La Redazione ha intervistato il giornalista Daniele Lo Monaco, ex responsabile della comunicazione della Roma ed ex direttore di Rete Sport, ora conduttore de “ La Partita Perfetta“, in merito alla situazione della sicurezza negli stadi in Italia, in seguito agli attentati francesi e, in particolare allo Stadio Saint Denis, durante la partita amichevole Francia – Germania.
Alla luce degli attentati di Parigi allo Stade de France, abbiamo visto che lo Stato italiano ha adottato delle misure forti come quelle del Prefetto Gabrielli all’Olimpico, il quale è voluto intervenire in maniera energica sul tema della sicurezza. Poi, però, vediamo che nel calcio succedono cose peggiori rispetto alle problematiche sollevate negli ultimi mesi riguardo allo stadio.
Direi di sì. E’ chiaro che parlarne adesso, alla luce di quello che è accaduto a Parigi, assume tutto un altro aspetto, un altro sapore, un’altra suggestione. Abbiamo visto, è cronaca di questi giorni, che Club Brugge – Napoli dovrà giocarsi a porte chiuse proprio per il pericolo degli attentati. Sono state rinviate delle partite ed è successo quello che sappiamo a Parigi. Ovviamente, sul tema della sicurezza, qui a Roma si parlava già da tempo per quello che è successo all’interno dello Stadio Olimpico e per le decisioni prese da Gabrielli per supposti motivi di ordine pubblico. Dico supposti perché, effettivamente, non è accaduto nulla di rilevante a Roma negli ultimi anni, tranne i vari tentativi di porre un freno a qualche episodio di violenza che c’è stato intorno alla zona dello Stadio Olimpico e, in quel caso, l’impegno e il presupposto erano lodevoli ma spero che, in questa situazione, si possa intervenire sul merito. Parliamo, ad esempio, delle così dette “puncicate” come si dice a roma per intendere le coltellate.
Ma, se si vuole intervenire per evitare la reiterazione di un gesto del genere, bisogna adottare i mezzi che il nostro ordinamento ti può garantire, non certo l’innalzamento di una vetrata all’interno di una curva che è sempre stata unita e simbolo di supporto alla squadra. Ma anche di folclore, per questo senso di bellezza degli stadi pieni, con la tifoseria che canta tutta insieme, soprattutto in un momento come quello che viviamo, dove regna l’individualismo e il protagonismo, come possiamo vedere sui social network. Le decisioni che sono state prese a Roma, secondo me, sono totalmente discutibili perchè non hanno risolto alcun problema e lo hanno affrontato dalla parte sbagliata.
I fatti del Saint Denis hanno trasmesso la paura di altri attentati per le persone che la domenica o il martedì, mercoledì e giovedì si vogliono recare allo stadio. Secondo te, la paura potrà ulteriormente condizionare le presenze allo stadio, da qui in avanti?
Io temo di sì. Come accadde dopo l’11 settembre, con l’attentato alle Torri Gemelle: ricordo perfettamente il clima all’Olimpico per la partita Roma – Real Madrid, dopo tanti anni di assenza dalla Champions League. Io ero allo stadio. Doveva essere una festa, ma così non è stata proprio perchè si giocò lo stesso e si andò allo stadio con il terrore che potesse succedere qualcosa di terribile.
Abbiamo visto le diverse misure di sicurezza, da paese a paese. Ieri sera si è giocato a Barcellona con la paura che potesse succedere qualcosa; addirittura sono stati presi dei provvedimenti eclatanti come chiudere lo Store all’interno del Camp Nou alle 14 e per tutto il pomeriggio precedente. Ed è chiaro che, come è successo l’11 settembre, dove io, ad esempio, guardavo in cielo e ad ogni rumore avevo il terrore che potesse scoppiare qualcosa, allo stesso modo si ha paura anche oggi. E’ una paura con cui convivere, visto quello che succede e per l’essenza stessa del terrorismo che ci toglie le piccole certezze quotidiane come andare al ristorante, a ballare o allo stadio. Io però credo che si debba continuare ad andare, così da non farci privare della nostra libertà, che già in qualche modo ci hanno tolto, vista anche l’indeterminatezza del nemico contro cui combattiamo.
Tu facevi riferimento alla paura. Secondo te, le istituzioni possono fare qualcosa per limitare questa percezione della paura?
Lo stanno facendo. Io, adesso, non voglio confondere sacro e profano e forse, in termini di lotta al terrorismo, accomunare quello che è accaduto a Roma con Gabrielli rispetto a Parigi è così. Però vorrei che le decisioni da prendere che riguardano la vita del cittadino in ogni paese, siano sensate a costo anche di pagare qualche prezzo. Ovviamente, oggi, se vuoi partire con l’aereo, devi passare controlli lunghi ed accurati che, inevitabilmente, portano a ritardi, così come se vai allo stadio ti perquisiscono, ti tolgono le scarpe, aprono le borse, le tasche,eccetera. Questo è il prezzo che dobbiamo pagare. Però, spero sempre che siano delle decisioni commisurate. Ripeto: oggi tutti questi provvedimenti sono giustificati per l’emergenza che stiamo vivendo ma, a Roma, allo Stadio Olimpico, anche mesi prima tali provvedimenti erano stati presi in maniera dissennata e senza principio: presi, non per allontanare il criminale, ma il semplice tifoso che si reca allo stadio perché, nei fatti, questo è l’effetto che hanno sortito. Ed è per questo che auspico che, ad ogni evento, ci sia un provvedimento commisurato. Ma non ho troppa fiducia.