Quella del Tennis Match Fixing è, da anni, una piaga profondamente radicata nel mondo dello Sport. Malgrado i tentativi di arginarlo da parte della Tennis Integrity Unit, il fenomeno continua a dilagare e i casi di incontri truccati sono sempre più frequenti. Stavolta a farne le spese è stato il tennis australiano, che ha subito un duro colpo a seguito del coinvolgimento di Oliver Anderson, tennista di spicco di casa, in un’inchiesta legata al match fixing.
E’ stato lo stesso Anderson ad ammetterlo in tribunale: nell’ottobre 2016 ha volutamente perso il primo set di un match nel Challenger di Traralgon. La vicenda ha avuto inizio quando Oliver è stato avvicinato da loschi personaggi, che gli hanno promesso un guadagno assicurato se solo avesse perso il primo set nel suo incontro di primo turno contro il connazionale Harrison Lombe. E lui, sicuro di poter battere comunque l’avversario – tra i due c’erano quasi mille posizioni di differenza nel ranking mondiale -, si è lasciato convincere. Risultato? Il match è finito 4-6 6-0 6-2, con un evidente cambio di passo tra il primo e gli altri due set.
Ma come funziona il Tennis Match Fixing?
Il tentativo di combine è stato smascherato fin da subito. Infatti, pochi minuti prima del match uno scommettitore ha cercato di piazzare una puntata di 10000 dollari sulla vittoria di Lombe nel primo set. Visto il gap in classifica, era un risultato quotato a più di 5. Ma il bookmaker ha rifiutato il bet, per poi però accettarne un altro da 2000 dollari. Lo stesso scommettitore ha successivamente provato a piazzare un’altra puntata da 13000 dollari, ma il bookmaker anche stavolta ha rifiutato l’importo, per poi segnalare alle autorità dello stato del Victoria il possibile tentativo di combine.
Neil Patterson, Commissioner della polizia del Victoria, ha così dato il via alle indagini che hanno poi portato all’incriminazione di Anderson, che dapprima ha negato tutto, ma poi, durante le udienze processuali, ha ammesso le sue colpe. E in tutta questa vicenda il dato drammatico sta nella giovanissima età del tennista australiano: un classe ’98, di appena diciotto anni. Una vicenda che, ora come ora, rischia di minare profondamente la sua carriera. Una carriera che già lo proiettava tra i giovani più promettenti in ottica futura, soprattutto dopo la conquista dell’Australian Open juniores nel 2016. Ma allora perché lasciarsi coinvolgere in pratiche illegali?
Perché dopo la vittoria agli Australian Open era subentrato un infortunio, che lo aveva costretto ad un lungo stop. Come da contratto, gli sponsor gli avevano sottratto parte del denaro che gli avevano garantito. Così, da un giorno all’altro, si era ritrovato in difficoltà economiche e con un infortunio da cui ancora doveva riprendersi. Da qui, la tentazione, sempre più seducente, di fare soldi facili che avrebbero dato nuova linfa alla sua carriera.
Ma adesso, quella stessa carriera sembra al capolinea. Perché al di là della condanna in sede penale, che gli è costata un lieve multa di 500 dollari, il giudice sportivo potrebbe bannarlo dai campi da gioco per molti anni, costringendolo ad abbandonare per sempre i suoi sogni di gloria.
Una storia davvero triste e una condanna davvero sciocca. Perché non solo la combine gli avrebbe reso poche migliaia di euro – lo stesso Anderson ha dichiarato di non aver ricevuto nemmeno un centesimo per quanto fatto – e non avrebbe rivitalizzato più di tanto il suo status finanziario, ma anche il modus operandi degli scommettitori, con cifre spropositate concentrate in un unico importo, avrebbe comportato un rischio altissimo di essere scoperti. Un rischio poi divenuto realtà, e una carriera gettata alle ortiche. E oltre al danno, la beffa: che fine hanno fatto i loschi personaggi che gli hanno proposto la combine? Di loro nessuna traccia.
Il dispiacere, in vicende simili, è tanto, soprattutto perché a cascarci è stato un giovanissimo talento, che avrebbe potuto regalare tanto.
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