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Tennis Foundation: quando la racchetta è strumento di inclusione sociale per tutti

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Pochi giorni fa è stato divulgato uno studio della “Tennis Foundation“ britannica che ha fotografato la situazione del tennis per diversamente abili in Gran Bretagna.

La “Tennis Foundation” è un’associazione senza scopo di lucro che ha come obiettivo quello della diffusione del tennis in ogni sua declinazione con una particolare attenzione allo sviluppo dell’attività per i diversamente abili.

Il tennis può essere giocato da chiunque, di qualsiasi estrazione sociale e a seconda delle proprie abilità, età o, addirittura, peso. Il tennis ha una enorme forza e può aiutare chiunque nella propria crescita personale facilitando la realizzazione personale e il raggiungimento del proprio potenziale attraverso lo sport. La disabilità e l’inclusione possono giovarsi positivamente dell’enorme versatilità del tennis che può essere giocato, veramente, ovunque e da chiunque.

Lo studio ha affrontato diversi aspetti avendo come obiettivo specifico quello di comprendere quali benefici la pratica del tennis può avere riguardo la salute fisica e psichica dei praticanti e quali impedimenti e quali possibilità si hanno per poterlo praticare.

Aumento della propria autostima, miglioramento della propria socialità, appartenenza a un gruppo e quindi valido strumento contro l’isolamento sociale, miglioramento notevole della resistenza fisica e notevole aumento della capacità di affrontare lo stress e le frustrazioni.

La “Tennis Foundation” presenta dei programmi che comprendono lo sviluppo del tennis scolastico e universitario, il tennis in carrozzina, il tennis per ipovedenti e quello per chi ha difficoltà intellettive di apprendimento.

Per mia personale esperienza – ho avuto la fortuna di allenare giocatori in carrozzina di livello nazionale e internazionale così come ho lavorato con i pazienti di un Centro di Igiene Mentale e, addirittura, ho avuto l’onore di certificare istruttori di tennis 2 ragazzi “speciali” con la sindrome di Down e il compianto atleta paralimpico in carrozzina Gianni Lanza oltre a altre 2 esperienze di inclusione sociale con il tennis al Carcere Penale di Rebibbia e al Carcere Giovanile di Casal del Marmo – sono convinto che questo tennis sia molto utile anche per chi ci lavora. E’ cambiato il mio approccio al tennis dopo queste esperienze e questo è confermato dall’ultima parte del lavoro del quale stiamo parlando dove gli allenatori dichiarano un’enorme soddisfazione a lavorare col tennis a tutto tondo, un grande divertimento, un miglioramento delle proprie capacità lavorative.

In Italia il tennis per i diversamente abili è stato introdotto e promosso dall’Uisp (Unione Italiana Sport per Tutti) per poi venire, purtroppo, fagocitato dalla Federazione Tennis. Il libro “Tennis e handicap” di Massimo Moschini del 1995 è stato il primo testo che ha affrontato le problematiche dell’insegnamento per le diverse abilità, il livornese Claudio Rigolo e tanti altri sono stati i veri pionieri e questo grazie alla visone sociale e di promozione dell’Uisp che, purtroppo, da quando la Federazione si è “impossessata”, complice il CIP(Comitato Italiano Paralimpico), si è perso con esclusivo obiettivo quello prettamente agonistico.

Sapere che in Gran Bretagna esiste una “Charity” che collabora con la Federazione Tennis con obiettivi di promozione e di crescita e non solo con obiettivi solo agonistici mi rattrista. Non si riesce mai, in questo paese, a collaborare e valorizzare le diverse componenti e le diverse anime sempre pronti a prevaricare gli altri per gestire un potere effimero. Infatti il vero tennis in carrozzina e per i disabili intellettivi si continua a giocare sempre nell’Uisp che grazie alla passione dei suoi operatori continua e continuerà nel solco del valore sociale dello sport.

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