Si dice spesso “Anno nuovo vita nuova”. Con l’avvento del nuovo anno, si cerca sempre di migliorare qualcosa che non è andato nei dodici mesi precedenti. Se poi prendiamo in considerazioni gli sportivi con le loro carriere agonistiche, cambiare, anche un dettaglio, può risultare decisivo.
Sul finire del 2016 molti giocatori del panorama mondiale del tennis hanno deciso di abbandonare i loro rispettivi allenatori. Alcuni, hanno deciso di separarsi da coach storici mentre altri hanno optato per vecchi ripensamenti o addirittura scambi di coach tra connazionali.
Partendo dai piani alti della classifica Atp, Novak Djokovic ha deciso di chiudere definitivamente la collaborazione con Boris Becker. I motivi sono ai più sconosciuti ma certamente, quello che possiamo dire è che il tedesco ha contribuito alla causa: con lui (dal 2014) Novak ha vinto altri sei Slam, tra cui il tanto agognato Roland Garros, unico Slam che il serbo non aveva ancora messo in cassaforte.
Passando ad un altro campione che sembra tornato a dire la sua, Rafael Nadal ha deciso di aggiungere alla storica guida dello zio Toni, l’esperienza agonistica (ex numero 1) di Carlos Moya che è accasato alla Nadal Academy lasciando un altro top player, Milos Raonic. Un innesto importante che potrà far tornare il maiorchino dominatore della terra rossa.
Lo stesso Raonic, dopo aver salutato Moya, non è rimasto a guardare e dall’inizio del 2017, ad affiancare il punto fermo Riccardo Piatti, ci sarà Richard Krajicek. L’olandese di origine ceche, vincitore del torneo di Wimbledon nel 1996, potrà sfruttare le potenzialità (che in parte si rispecchiano nelle sue) del canadese provando chissà, a portarlo a vincere l’ambito torneo londinese. Anche Fabio Fognini ha riorganizzato lo staff: sciolto il rapporto con Perlas, allenatore che l’ha portato a vincere i primi titoli in carriera e a raggiungere il best ranking, da questo inizio 2017 a prendersi cura di lui ci sarà Franco Davin, ex tennista che ha allenato anche Del Potro nel periodo in cui l’argentino vinse il suo primo e unico Slam. Un auspicio molto invitante per la punta di diamante della nazionale italiana.
Oltre a Fognini, anche David Goffin e Fernando Verdasco hanno cambiato coach. Il primo ha lasciato Thomas Johansson, figura che era stata affiancata all’allenatore Thierry Van Cleemput. Lo spagnolo invece, nonostante i 33 anni, vuole ancora dimostrare quanto vale. A Miami ha iniziato a lavorare con Emilio Sanchez.
Anche in campo femminile le acque si sono mosse. Partiamo da Sara Errani che si è separata da Pablo Lozano, suo allenatore per 12 anni. La Errani (per un breve periodo ha lavorato con Wim Fissette che fu coach di Kim Clijsters), alla fine ha virato su un italiano che conosce molto bene: Michele Montalbini, già allenatore di Sara per 7 anni, quando l’azzurra era soltanto una promessa. Ritrovarsi dopo quasi 15 anni deve essere una situazione strana ma certamente stimolante, visto che con lui Sara ha raggiunto il decimo posto in classifica e disputato una finale Slam.
Singolare quello che è capitato alle connazionali Petra Kvitova e Karolina Pliskova. La prima (per ora lontana dai campi per infortunio) lavorerà con Jiri Vanek, mentre la Pliskova si affiderà a David Kotyza. La giovane Eugenie Bouchard dopo esser tornata con il suo coach storico Nick Saviano, ha interrotto il rapporto ed è tornata con Thomas Högstedt che l’aveva allenata fino a marzo. Quest’ultimo, dopo essersi scusato per come si era comportato mesi fa, ha riacquistato la fiducia della canadese. A lasciare libero il coach è stata Madison Keys che ha deciso di lasciare Hogdtedt per ritornare con Lindsay Davenport, sua allenatrice già nel 2015 (disputò semifinale Slam). Sabine Lisicki dopo aver cambiato tre allenatori nel 2016, si farà seguire dal padre Brooks, già nelle sue file al tempo dell’accademia Bollettieri. Samanta Stosur, campionessa Us Open nel 2011, ha interrotto a giugno il rapporto con David Taylor, proprio colui che l’aveva portata al primo trionfo Slam. Il suo nuovo allenatore è l’australiano Josh Eagle.
Tanti movimenti (non saranno gli ultimi di questo 2017) che dimostrano come la voglia di migliorarsi e di dare sempre di più sia la prerogativa di tanti, forse tutti, i campioni del tennis. Il cambio di coach o la ricerca dell’allenatore perfetto, non è garanzia di successo ma certamente, nuovi stimoli e nuove metodologie di lavoro possono riaccendere la scintilla, con una nuova ondata di ossigeno.