Mentre tutti, stampa in primis, si interrogano su vita morte e miracoli dell’arbitro Kassai e di quanto sia stato antisportivo il Barcellona a non restituire un pallone, succede che l’Italia zitta zitta si è portata a casa il Mondiale di Calcio a 5. Così, a bruciapelo. Colpiti dolcemente al cuore da una grande notizia per il nostro sport, quello azzurro, che di grande vede poco, e se lo vede, lo fa solo per gli altri, sottolineandolo a più riprese, consumando tastiere, libido e bile su notizie che poco interessano ma che tanto infiammano l’etere, unico sherpa spirituale dell’informazione che ben si districa tra quello che piacevolmente tira e condivisibilmente divide. E succede che in questo giustificabilissimo Bar di cui tutti noi facciamo parte, quelli che dovrebbero darti da bere si comportano esattamente come coloro che bevono e chiacchierano (giustamente, loro), offrendoti il solito drink annacquato fatto di moviole e tweet al veleno. E succede, anche, che i ragazzi della nazionale di calcio a 5 della Fisdir (Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva Relazionale) conquistano il Mondiale di Futsal in Portogallo e vengono relegati, se gli dice proprio bene, nelle brevi a fondo pagina.
E che ci vuoi fare, siamo il Paese dell’Estero è bello, della polemica su ogni cosa, della vittoria a corrente alternata dove l’interruttore lo pigia il virus della viralità. Succede. E allora chissenefrega se il tricolore sventola alto grazie a questi sconosciuti ragazzi che sconosciuti resteranno. Chi avrà voglia di leggere di Francesco Leocata, Marco Fasanella, Luca Magagna, Davide Vignando, Cristian Palaia, Simone Di Giovanni, Carmelo Messina, Marco Sfreddo, Matteo Simoni, Riccardo Piggio, Amedeo Alessi e Luca Casciotti che, partiti l’8 aprile da favoriti alla volta di Viseu, cittadina lusitana, si sono imposti sui padroni di casa in finale per 4 a 1, conquistando il primo mondiale FIFDS dedicato a giocatori con disabilità intellettive e relazionali? Chi vorrà parlare del miglior portiere del torneo Francesco Leocata e del capocannoniere Luca Magagna?
Troppo impegnati a scrivere (male) dell’Italia e raccontare (bene) fino allo sfinimento le imprese degli altri, ci siamo dimenticati dei dimenticabili, di persone considerate diverse ma più normali di noi, incapaci di godere anche quando vinciamo, distratti dagli ultrasuoni asfissianti dell’informazione standardizzata che ci vengono proposti a scadenza fissa e quotidiana, come un medicinale per appiattirci. E in questo limbo emozionale, ci facciamo scappare i nostri successi, ce li nascondono, li ignorano, non se ne parla. Troppo poco salati, eventi del genere. Non richiamano, e quindi non servono. Succede oggi come succede in tante altre situazioni, vedi sport minori e paralimpici. Vittorie di Serie B, trionfi senza fotografi ma con campioni veri, perché essere eroi sotto i riflettori è sempre più semplice che farlo nell’ombra soprattutto quando, pur illuminato dal successo, ti si preferisce in prima pagina un fuorigioco non fischiato o una litigata tra calciatori a mezzo social. E quando tra questi sfortunati vincenti la mano meccanica del Signore dei trend pesca il tuo nome mettendo finalmente la tua faccia nel ristretto (mica tanto) circolo degli sportivi che “contano”, succede che vieni fagocitato, sfruttando questa inattesa notorietà, facendoti credere importante perché porti un messaggio positivo quando di positivo, per loro, c’è solo la tua immagine che regala una stretta al cuore di chi ti vede e un allargata al portafoglio di chi ti usa, firmando contratti illusori in cambio della messa in mostra della tua debolezza fattasi forza, della tua rivincita. E il finale, seppur insperato e insperabile, è sempre lo stesso: sedotto e abbandonato da lustrini dal pollice alzato. Avanti il prossimo, avanti una nuova storia da svuotare.
“Che bello vederli giocare a calcio! Una soddisfazione per tutto lo staff vedere come i ragazzi sono stati in grado di mettere in campo quello che è stato fatto negli allenamenti! Vincere il mondiale è stata la classica ciliegina sulla torta, un’emozione immensa ma, soprattutto, un evento che garantirà l’ulteriore sviluppo del nostro calcistico riservato ad atleti con sindrome di Down”. Queste le parole di Roberto Signoretto, il referente tecnico che insieme a Gianluca Oldani e Edoardo Scopigno ha guidato la nazionale a questo trionfo.
Hanno cantato i ragazzi della Fisdir negli spogliatoi dopo aver festeggiato in campo. Come succede quando si vince una Coppa del Mondo. Arrivati all’apice del successo, dopo sacrifici e costanza, hanno esultato e gridato, almeno loro. E allora gridate più forte, magari succede che qualcuno la prossima volta se ne accorge.