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Stan Bowles: il più grande talento che non avete mai visto

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Stan Bowles: il più grande talento che non avete mai visto

Compie oggi 74 anni Stan Bowles, un calciatore il cui nome non potrebbe dirci nulla, ma che in realtà era sinonimo di talento e classe pura. In campo era capace di tutto, fuori dal campo altrettanto. In confronto George Best era quasi un dilettante. Vi raccontiamo la sua incredibile storia, fatta di aneddoti e situazioni fuori da ogni logica.

“Bowles era talento allo stato puro!”. E’ così che uno degli attaccanti più forti di sempre, Denis Law, definisce Stan Bowles. Il protagonista della nostra storia nasce la vigilia di Natale del 1948 a Collyhurst, e cresce a Moston, due dei quartieri peggiori di Manchester. Il futuro del giovane Stan sembra segnato, specie se aggiungiamo il fatto che il ragazzo non è per niente un tipo tranquillo, e che già a quindici anni inizia a prendere il vizio delle scommesse. Fortunatamente, però, riesce a stare lontano dal mondo della criminalità organizzata, perché ai furti preferisce passare intere giornate per strada a giocare a calcio con i propri amici, fra i quali Nobby Stiles e Brian Kidd, che diventeranno due colonne dei Red Devils, e il primo, anche campione del Mondo. Per lui però niente United, sono gli Skyblues del City a tesserarlo. Qui per qualche tempo ebbe anche l’opportunità di frequentare George Best, ma di lui disse “Poteva bere dalle 10 del mattino fino a mezzanotte e per me era troppo. Provai due o tre volte, ma all’uscita dal pub sbagliai strada”. Ma il talento della diciannovenne mezz’ala mancina è troppo grande per essere relegato al campionato giovanile, così nel ’67 Joe Mercer lo convoca in una partita di FA Cup, e all’esordio, Stan, realizza una doppietta. L’ottima prestazione convince l’allenatore a farlo esordire qualche giorno dopo in campionato, e viene ripagato nuovamente con una doppietta allo Sheffield United.

Un talento fuori di testa

Le premesse sono delle migliori, non fosse altro che il carattere di Bowles, misto al vizio delle scommesse, e a quello dell’alcol, non ne fanno proprio un soggetto facile da gestire, così, dopo tre anni passati in panchina, conditi dalla vittoria di un campionato, una coppa delle coppe, una FA Cup, ma soprattutto da varie scazzottate con il vice allenatore Malcolm Allison, Mercer decide che è arrivato il momento di venderlo. Bowles va al Bury, ma per lui sono solo cinque le presenze e a fine anno rimane svincolato. Sembra giunta la fine della sua carriera a soli ventuno anni, e vista anche la media di sessanta sigarette al giorno, sembra anche inevitabile. Ma c’è una squadra in quarta serie che gli offre una seconda chance, è il Crewe Alexandra, che gli concede un contratto di un anno, viste le sue ambizioni di promozione. Stan ricambia la fiducia con 18 gol, e poco male se la squadra non centra la vittoria del campionato, perché dalla Second Division si sono accorti che Bowles è tornato, e così Ian MacFarlane, allenatore del Carlisle United, fa spendere al proprio presidente l’irrisoria cifra di dodicimila sterline per portarlo da lui. Impatto sulla nuova categoria, devastante. A fine stagione per la mezz’ala il bottino è di 13 gol in 33 presenze, e il Carlisle United arriva al quarto posto. Tutto sembra andare bene, ma quando MacFarlane lascia la panchina dei Cumbrians, e al suo posto arriva Alan Ashman, iniziano ad esserci i primi screzi, perché il neo allenatore non tollera la vita sregolata dell’idolo della tifoseria, così, senza pensarci due volte Bowles chiede di essere ceduto.

L’arrivo al QPR e altri guai

La fortuna di Stan però, è che a Londra, sponda Queens Park Rangers, il presidente Jim Gregory ha appena venduto la stella della squadra, Rodney Marsh, al Manchester City, e cerca un nuovo numero 10 capace di trascinare gli Hoops alla promozione in First Division. Così per poco più di 100 mila sterline, Stan Bowles passa al QPR. La stagione è delle migliori, e il manager Gordon Jago costruisce la squadra capace di essere matematicamente promossa con una giornata d’anticipo, e andare a giocare contro il Sunderland, fresco vincitore della FA Cup, con assoluta tranquillità. Poco prima del fischio d’inizio la coppa appena vinta dai Black Cats viene esposta su un tavolo appena fuori dal tunnel degli spogliatoi, a pochi metri dal campo, ma soprattutto a pochi metri dalla fascia di competenza di Bowles. Quello che succede è a dir poco incredibile, perché ad un certo punto della partita, Stan, riceve palla a metà campo, si gira, e scaglia un bolide verso la coppa, centrandola in pieno e facendola cadere. Lo stadio, dopo qualche secondo di silenzio realizza l’accaduto, e insorge contro il giocatore del QPR, tanto da fargli rischiare il linciaggio a fine partita, evitato con una repentina fuga negli spogliatoi. Sull’episodio dirà “Volevano le mie palle nei loro panini, maledetti cavernicoli del Tyne and Wear. Mi stavo annoiando e così li umiliai ancora: uno di loro fu espulso per un’entrata omicida su di me, poi realizzai una doppietta. Aspettai il portiere sulla riga dopo averlo dribblato e quando lui si buttò alla disperata per smanacciare il pallone fuori, lo toccai appena e realizzai il mio secondo gol.”

“Fu la goccia che fece traboccare il vaso: i tifosi completamente impazziti si riversarono in campo. Mi volevano uccidere, ma fortunatamente riuscii a scappare in tempo negli spogliatoi. Che cazzo, volevo solo divertirmi un po’! Non andai mai più a Sunderland, ogni volta che arrivava la partita mi inventavo un infortunio”.

Così nella stagione 1973-74 c’è il tanto atteso ritorno in First Division, il neopromosso QPR guidato dalle magie di Stan Bowles riesce ad arrivare all’ottavo posto, e a fine stagione per il protagonista della nostra storia arriva anche la prima convocazione in nazionale agli ordini del campione del mondo Sir Alf Ramsey, che lo fa debuttare a Lisbona contro il Portogallo, e poco dopo segnerà anche il suo primo gol con i “Tre Leoni” nella partita contro il Galles.

Bowles legge una rivista lanciata dagli spalti durante un corner contro il Middlesbrough

La stagione successiva l’allenatore del QPR è il visionario seguace del calcio totale Dave Sexton, che attorno a Bowles e al capitano Gerry Francis costruisce una squadra che sin dall’inizio lotterà per il titolo contro Manchester United e Liverpool. Gli Hoops sono primi fino a tre giornate dal termine, quando perdono 3-2 con il Norwich e vengono sorpassati dai Reds, che manterranno invariato il distacco fino a fine campionato, facendo così iniziare l’epopea di Bob Paisley, ma questa è un’altra storia.

Dopo aver litigato con Ramsey, e snobbato le convocazioni di Mercer, l’allenatore che lo cacciò dal City, torna in nazionale agli ordini di Don Revie, nel ’76 per le qualificazioni al mondiale ’78, contro l’Italia, ma complice l’arcigna marcatura di Claudio Gentile, non brilla, e terminerà così la sua avventura in Nazionale.

L’arrivo al Nottingham Forrest

Nel giro di soli tre anni però, la favola degli Hoops finisce, e la squadra considerata la più “simpatica” d’Inghilterra retrocede nella stagione 78-79. Si interrompe così la storia fra Bowles e il QPR. La carriera del nostro Stan non è ancora finita, perché l’assistente di Brian Clough, Peter Taylor, lo porta al Nottingham Forrest fresco campione d’Europa. Considerate le effervescenti personalità di Bowles e di Clough, come presumibile, i due hanno un burrascoso rapporto, che dopo un’annata non esaltante per la mezz’ala mancina si interrompe quando, a fine stagione, viene escluso dalla formazione titolare per la seconda finale consecutiva di Champions League, ma non accettando il verdetto della panchina, decide di non partire con la squadra per Madrid dove avrebbe poi affrontato l’Amburgo, e dopo una notte brava, decide di non svegliarsi e di disertare la convocazione, lasciando il Nottingham di Clough con un uomo in meno in panchina. Il divorzio è quindi inevitabile, e così a fine stagione scenderà di categoria, al Leyton Orient, dove rimarrà per un solo anno, alla fine del quale sposerà la sua amante storica, e andrà a giocare in terza serie con il Brentford. Decide così a fine stagione, ormai trentacinquenne di dire basta col calcio giocato, passando senza successo alla panchina, diventando vice-allenatore del Bradford, e per soli venti giorni del QPR. Si sposa quindi una terza volta, fa una piccola sosta in carcere, dopo essere stato “coinvolto” in una truffa, e si ricicla commentatore sportivo, venendo licenziato dopo poco per il suo linguaggio poco consono alla tv. Riuscirà, a fatica, a ripianare i suoi enormi debiti di gioco grazie ai guadagni di una carriera al di sotto delle reali potenzialità, essendo costretto però a chiedere un sussidio di disoccupazione.

Il 20 giugno 2015 gli verrà diagnosticato l’Alzheimer, ma noi preferiamo ricordarlo con i capelli al vento, che corre in mezzo al campo.

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