Vieni avanti Berdini. Mentre la Conferenza dei servizi entra nel vivo, la Regione lancia il guanto di sfida contro l’assessore all’Urbanistica della giunta di Virginia Raggi. Il quale, in questa partita sul nuovo stadio di Tor di Valle, si sta ritagliando il ruolo che fu di Walter Samuel nella Roma dell’ultimo scudetto. Quello di “muro” insormontabile, contro il quale questo progetto corre veramente il rischio di andare a sbattere. Perché infatti, con il progetto ormai in conferenza dei servizi (siamo già al terzo mese) l’ostacolo più difficile da superare per i proponenti (cioè la Roma di Pallotta ed Eurnova, la società del costruttore Luca Parnasi), sembrano proprio le resistenze del “professore”. Che non mai nascosto le sue perplessità su questo progetto (soprattutto sulla scelta del luogo) e che è tornato a ribadire più volte anche nelle ultime settimane. Dopo le notizie, già note, sulla proposta di togliere una parte delle opere previste dal progetto (2 torri, lo svincolo autostradale, un ponte e il prolungamento della metro), adesso il nodo principale nello scontro tra Comune e Regione, sarebbe legato alla variante del piano regolatore. In particolare, ed è notizia della scorsa settimana, le ultime schermaglie sarebbero avvenute sui tempi di approvazione di questa variante. Che per la Regione, stando all’impegno assunto da un dirigente comunale (rappresentante del Comune) proprio in sede di conferenza dei servizi, dovrebbe avvenire entro il prossimo 17 dicembre, mentre per Berdini il Comune avrebbe tempo fino al 3 di febbraio. Da qui le nuove polemiche, anche perché senza la variante al piano regolatore, quand’anche la Conferenza dei servizi desse il via libera al progetto, i lavori non potrebbero comunque iniziare.
Ma Berdini a parte, fonti interne al Campidoglio, rivelano di uno scontro in atto anche all’interno della maggioranza stessa e in particolar modo al Movimento 5 Stelle nel quale, non sarebbero in pochi quelli che, a differenza di Berdini, vorrebbero l’approvazione del progetto così come è stato presentato dai proponenti. Anche perché i benefici economici per la città di Roma, e dunque anche per le casse (esangui) del Campidoglio sarebbero notevoli. Come ha rivelato anche il recente studio, elaborato dalla facoltà di Economia de “La Sapienza” (su richiesta dei proponenti) e presentato lunedì 14 novembre all’Acquario Romano. Se fossero confermati nella realtà, i numeri relativi all’impatto economico del progetto, sarebbero impressionanti. Infatti, a fronte di un investimento di 1,6 miliardi, interamente finanziato da privati, l’incremento del PIL nell’intera provincia di Roma sarebbe, nei 3 anni successivi all’inizio dei lavori, (previsti per la primavera del 2017), di 5,7 miliardi; che salirebbe a 12,5 miliardi dopo 6 anni (2023) per arrivare a 18,5 miliardi dopo 9 anni (nel 2026). Per un incremento stimato di Pil che tra il 2017 e il 2026, dovrebbe essere dell’1,5%. Cifre rilevanti, soprattutto in ragione dell’attuale momento (legato alla bassa crescita con pochi investimenti) che sta vivendo l’intera economia italiana. Con benefici che non si fermerebbero al Pil. Ma piuttosto, riguarderebbero anche l’occupazione. Dato che, come rivelano gli economisti de “La Sapienza”, la realizzazione del progetto implicherebbe anche una riduzione del tasso di disoccupazione medio dell’area romana dello 0,8%, circa un punto percentuale. Che tradotto in cifre vorrebbe dire, un numero di occupati di circa 5500 unità solo nella fase di costruzione. Perché infatti, quando il progetto sarà terminato, il numero dei lavoratori impiegati sarebbe destinato a salire. Fino ad arrivare ad oltre 15 mila unità impiegate in maniera costante all’interno del Business Park (cioè come impiegati nelle società che andranno ad occupare le 3 torri di Libeskind). Ma il progetto, secondo lo studio, avrebbe un impatto anche di natura fiscale.
Con un incremento annuale medio delle entrate fiscali pari a 142 milioni di euro, con una parte di esse (30 milioni complessivi al 2026) che entrerebbe direttamente nelle casse del Comune di Roma. Secondo i tecnici della Sapienza inoltre, la realizzazione dello stadio della Roma potrebbe avere un impatto economico sulla Regione Lazio pari ad una volta e mezzo quello prodotto da Expo sulla Regione Lombardia (che secondo il Sole 24 Ore sarebbe stato di circa 31,6 miliardi di indotto creato). Numeri importanti, che però, potrebbero non bastare, per convincere Virginia Raggi e Paolo Berdini.