In molti pensano che se ci fosse stato lui, a quest’ora lo stadio della Roma sarebbe già stato costruito. E Francesco Totti, magari, avrebbe potuto disputare anche la sua ultima partita da calciatore proprio lì, nel “Nuovo Colosseo”. Perché quando si parla di costruzioni, edilizia e grandi appalti nella Capitale d’Italia, il suo nome è una garanzia di storia e di potere. Non è un a caso se proprio nella Città Eterna ci sia un vecchio detto secondo il quale non si muova mattone se non voglia Caltagirone. Perché proverbi a parte, è un dato di fatto che Francesco Gaetano Caltagirone detto Franco, abbia fatto la storia edilizia di questa città. E per questo, non può passare inosservato il fatto che in uno dei più grandi progetti degli ultimi vent’anni, quello che riguarda la costruzione del nuovo stadio della Roma, un business da oltre un miliardo di euro, sia proprio lui il grande “escluso”. Che nessuna delle sue imprese cioè, sia direttamente coinvolta nel “grande affare” portato avanti dalla coppia Pallotta-Parnasi.
Eppure, la storia vuole che fosse stato proprio lui ai tempi di Gianni Alemanno uno dei primi a parlarne: a presentare quanto meno l’idea che lo stadio della Roma venisse costruito. Ma non a Tor di Valle, sui terreni del “rivale” Parnasi, bensì a Tor Vergata, vale a dire sui terreni sopra i quali le sue imprese hanno le concessioni. Laddove sarebbe dovuta essere costruita la nuova cittadella dello Sport in occasione delle Olimpiadi del 2024 per le quali la città di Roma aveva presentato la candidatura come sede ospitante. Se la candidatura non fosse stata stroncata dall’arrivo in Campidoglio della pentastellata Virginia Raggi. E ancora una volta Caltagirone sarebbe rimasto con il cerino in mano. Come nel 2012 quando, nonostante come raccontavano alcuni organi d’informazione (tra i quali il sito Affaritaliani.it), ci fosse già un accordo di massima raggiunto con l’allora presidente giallorosso Thomas Di Benedetto per la costruzione dell’impianto a Tor Vergata, proprio il successore di Di Benedetto James Pallotta dopo aver affidato la selezione alla società immobiliare Cushmon&Wakefield, sceglierà i terreni di Tor di Valle e non quelli di Tor Vergata. Regalando alla famiglia Parnasi e non a lui, l’opportunità di entrare per sempre nella storia del club giallorosso.
Lo stesso Parnasi che sempre nel 2012 sfilerà a Caltagirone un altro affare: quello degli uffici della Provincia, un appalto da oltre 250 milioni di euro. Due colpi, in un solo anno. Troppo per uno come lui. Inizierà allora una vera e propria “guerra mediatica” al progetto di Tor di Valle, portata avanti dal giornale di famiglia Il Messaggero. Il quale, in tutti questi anni da quando è iniziata questa storia, raramente (per non scrivere mai), ha scritto una riga di favore al progetto di Tor di Valle. Cannoneggiando piuttosto l’iniziativa un giorno sì e l’altro pure. Nonostante proprio Caltagirone, pubblicamente, non abbia mai fatto trapelare il suo disappunto. Ma al contrario, come un vero uomo di potere, abbia preferito agire nell’ombra utilizzando le armi (mediatiche) a sua disposizione. Si dice che abbia uomini e donne a lui vicini dappertutto: in politica, nella pubblica amministrazione.
Come si diceva che Paolo Berdini, l’ex assessore all’Urbanistica di Virginia Raggi, fortemente contrario al progetto dello stadio a Tor di Valle (che Berdini voleva spostare nella parte sud-est della Capitale in zona Romanina-Tor Vergata) e ufficialmente convinto anti-palazzinaro, fosse in realtà un uomo a lui vicino. Per la storia, svelata da Il Tempo nel 2016, che avrebbe visto Berdini lavorare come consulente per una società del gruppo Caltagirone in un appalto dell’Università di Tor Vergata. Una storia che lo stesso Berdini vorrà parzialmente smentire dicendo di aver lavorato soltanto per l’Università. Ma comunque, uscito di scena Berdini, gli intoppi al progetto di Tor di Valle non sono finiti. Qualcuno pensa che dietro a tutte le magagne, ci sia proprio la longa manus sua: di Franco Gaetano Caltagirone, il “grande escluso” dal progetto. Ma fino a prova contraria, tutte queste non possono che restare ciò che sono: soltanto chiacchiere.