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Sport in Italia: la priorità di un servizio pubblico che lo Stato garantisce solo a parole

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“Lo sport è un diritto, un diritto di tutti, e occorre impegnarsi affinché il suo esercizio diventi sempre più pieno. A tutti i bambini e a tutti i ragazzi va garantito l’accesso alle attività sportive., indipendentemente dal reddito delle loro famiglie”. Questa è stata una delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Mattarella durante la sua storica visita al Comitato Olimpico Nazionale Italiano, l’unica da quando fu istituito 103 anni fa.

Quale è l’impegno da parte delle istituzioni perché lo sport possa essere realmente un diritto di tutti? Quali sono le politiche attive con questo indirizzo?

Siamo una delle nazioni europee con il minor numero di ore di educazione fisica e purtroppo quelle poche ore spesso vengono svolte in spazi che poco hanno a che fare con lo sport. Come ho già scritto in un mio precedente articolo (Canone di concessione aumentato del 1000% con un atto unilaterale) molto potrebbero fare le amministrazioni comunali proprietarie di migliaia di impianti sportivi in tutta Italia ma, purtroppo, nubi grigie si stagliano all’orizzonte.

Desta molta preoccupazione, infatti, la tendenza oramai diffusa ovunque di assegnare gli impianti sportivi di proprietà pubblica con procedure di evidenza pubblica, quando ormai l’assegnazione di impianti sportivi avviene quasi esclusivamente per bando in cui la concessione è l’elemento costitutivo.

Fino a poco tempo fa era una prassi l’applicazione di canoni irrilevanti in considerazione dell’importantissimo servizio pubblico e addirittura alcune amministrazioni riconoscevano anche un contributo economico in conto gestione. Oggi le risorse pubbliche sono sempre di meno e allora bisogna fare delle scelte e dare delle priorità e quindi la scelta obbligata è quella di mettere a reddito l’impiantistica sportiva a scapito del servizio pubblico. Naturale conseguenza di tutto ciò sarà che , quasi sicuramente, chi ne farà le spese sarà l’utenza che dovrà affrontare costi maggiori e, purtroppo, se i gestori si troveranno a dover fare delle scelte sacrificheranno sicuramente l’attività agonistica che sta diventando sempre di più un vezzo e che rischia, per alcuni sport, se non adeguatamente sostenuta, di sparire e di sottomettersi alle regole del mercato.

E allora quando sarà lo sport un diritto di tutti se la scuola è carente e l’impiantistica sportiva pubblica sta, pericolosamente, venendo “attaccata” dalle logiche del mercato?

Tutto questo accade nel paese “immobile” dove lo sport viene gestito da una classe dirigenziale vecchia e autorefenziale, da Presidenti di Federazione arrivati addirittura al settimo mandato e con una legge impantanata in Parlamento per limitare a 2 i mandati ma senza alcuna retroattività.

Alla faccia della rottamazione si stanno tutelando i dinosauri e lo sport come di diritto di tutti rimane affidato al fato e alle esternazioni del Presidente Mattarella.

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