SmerAldo Montano, l’angelo azzurro con la sciabola in mano

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Ne ha fatta di strada da quel luglio del 2004. Quando l’allora venticinquenne Aldo Montano si presentò al grande pubblico, vincendo l’oro alle Olimpiadi di Atene.

Di anni ne sono passati undici. E che cosa può succedere in undici anni?

Guardando la storia di ieri e quella di oggi, la risposta è nulla. Non è successo semplicemente nulla perché la storia è sempre la stessa. Vince sempre l’Italia e vince sempre lui.

Nel 2015 l’Italia che ha vinto l’oro nella sciabola ai mondiali di Mosca è ancora l’Italia di Aldo Montano. Trentasette anni da compiere il prossimo novembre, e dodici mondiali disputati in carriera. L’atleta che si avvicina ai quaranta ma che non sembra sentire l’età. Con quel volto del perenne fanciullo, che non vuole invecchiare mai. E’ ancora lui l’angelo azzurro con la sciabola in mano.

Lo è stato nella finale dello scorso 17 luglio, quando l’Italia di Luca Curatoli, Enrico Berrè, Diego Occhiuzzi e Aldo Montano, ha superato la Russia per 45 a 36 riportando l’oro a Roma dopo vent’anni. Nella finale a squadre, contro la super favorita Russia, la stoccata vincente, il colpo che ha fatto vincere gli azzurri e letteralmente impazzire tutta la delegazione presente a Mosca, è stata la sua, dell’evergreen Aldo Montano. Una “toccata”, come si dice nel gergo degli schermitori, leggera leggera. I corpi che si fronteggiano, le gambe che saltellano, un po’ avanti e un po’ indietro, aspettando il momento giusto. Il braccio che tiene la spada, leggermente inclinato in avanti. Pronto, appunto, per “toccare”, colpire l’avversario nel petto, lì dove suona il sensore. E a quel punto, è la liberazione. La maschera che si toglie, lo sguardo verso il cielo, le braccia che si alzano in segno di vittoria. E quella corsa, verso l’angolo dove c’erano loro, i suoi compagni di squadra e tutto lo staff della delegazione azzurra, per abbracciarli ad uno ad uno.

Quella corsa e quell’urlo che hanno riportato l’Italia indietro negli anni. A quei momenti che ogni italiano conserva per sé.

L’urlo di Marco Tardelli ai mondiali del 1982. La corsa di Fabio Grosso ai mondiali del 2006. Non si possono dimenticare. Adesso non si potranno dimenticare neanche la corsa e l‘urlo di Aldo Montano ai mondiali di Russia del 2015. Dopo undici anni la spada che brilla è ancora la sua. La luce non si è affievolita. E’ quella di Aia 95, o Atene 2004. Una luce accecante, smeraldina.

E’ la luce di Aldo. Anzi smer-aldo, Montano.

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