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Slavisa Zungul, il Maradona del Calcio Indoor

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Slavisa Zungul, il Maradona del Calcio Indoor

Slavisa Zungul: un nome ed un cognome che a tanti milioni di appassionati di calcio, probabilmente, diranno poco o nulla. Eppure, si tratta di uno dei più grandi, se non il migliore, talenti ammirati nel mondo del calcio indoor. Zungul, inoltre, prima di darsi allo sport al coperto, sembrava poter diventare una delle stelle anche del classico calcio a undici.

Zungul, jugoslavo, negli anni 70 aveva praticamente tutto: giocava per uno dei top club calcistici del proprio paese, era un bel ragazzo che faceva innamorare tante tifose e si divertiva a godersi la vita durante folli notti di festa. L’unica cosa che mancava era, tuttavia, la più importante: la libertà.

A 24 anni, quindi, la decisione: una valigia piena di sogni con destinazione Stati Uniti d’America. L’obiettivo è quello di provare a diventare una stella all’interno del panorama americano del neonato ‘indoor soccer’, il calcio indoor.

Da Slavisa il suo nome di battesimo viene americanizzato in Steve ma la sostanza non cambia; Zungul continua a gonfiare le reti come accadeva nel proprio paese natale con il calcio a undici. In breve tempo, l’atleta diventa uno dei più conosciuti e famosi anche in terra statunitense.

“In tanti parlano del brasiliano Tatu, ma il più forte calciatore nella storia dell’indoor è stato senza dubbio Zungul”, dice il suo ex compagno Shep Messing, che insieme a Slavisa/Steve conquistò ben quattro titoli MISL consecutivi tra le fila dei New York Arrows.

Zungul si è ritirato all’età di 35 anni, al termine della stagione 1989-90, dopo aver scritto la storia della federazione statunitense di calcio indoor. Ha giocato per otto anni negli USA, realizzando la cifra mostruosa di 652 goal, quasi 200 in più del secondo nella classifica all time Branko Segota (fermo a quota 463). Come se non bastasse, Zungul ha anche stabilito il record degli assist nella lega, ben 1123.

Una volta mise a segno sette gol in una partita e tre delle reti furono realizzate in 37 secondi. In una stagione, poi, riuscì a realizzare 108 gol in 40 partite, quasi 3 reti a partita. Praticamente una macchina.  “Segnava con ogni parte del corpo ed era sempre nella posizione giusta per fare gol. Viveva per realizzare una rete in più”, queste le parole di Segota, vecchio compagno (ma anche rivale nella classifica dei marcatori di tutti i tempi) di Zungul.

Tuttavia, la vita di Slavisa/Steve non è stata proprio tutta ‘rose e fiori’: la decisione di lasciare l’allora Jugoslavia comunista (oggi Croazia), dove militava nell’Hajduk Spalato, fu molto difficile vista la giovane età ed anche le promettenti doti mostrate sui campi di calcio ad undici. Zungul, infatti, segnava a raffica anche quando calcava i campi in erba del calcio ad undici. In sei stagioni a Spalato, Zungul realizzò 177 goal e condusse la squadra alla vittoria di tre titoli nazionali. Era considerato uno dei primi 5/6 centravanti in Europa, il ‘Gerd Muller jugoslavo’.

Le grandi prestazioni anche a livello europeo di Zungul, a metà degli anni Settanta, lo portarono alla ribalta anche tra le società della nostra Serie A, con Inter e Milan, su tutte, interessate a portarlo tra le proprie fila.

Don Popovic, tecnico degli Arrows con cui Zungul vinse tutto in America, afferma oggi che sarebbe stata una fortuna per le milanesi averlo in squadra. “In molti lo criticavano perché amava la vita notturna ma assicuro di non aver mai visto un atleta migliore di lui. Non aveva bisogno di allenamento, avrebbe segnato comunque”.

Popovic, a sua volta ex calciatore dell’Hajduk Spalato, è stato l’artefice del passaggio di Zungul al calcio indoor negli USA. Il giocatore jugoslavo, infatti, stava attraversando grossi problemi con il club e rischiava di dover lasciare il calcio per entrare a far parte dell’esercito nazionale.

Zungul lasciò il proprio paese per viaggiare alla volta di New York insieme alla sua allora fidanzata Moni Kovacic, modella jugoslava. Egli assicurò all’Hajduk che si sarebbe recato negli USA per giocare qualche partita di calcio indoor così da tenersi in allenamento per la ripresa del campionato jugoslavo dopo la pausa invernale.

In realtà, la storia andò diversamente. Zungul non volle più tornare in patria e fu forzato allo stop, riguardo al calcio ad undici all’aperto, per cinque anni. L’Hajduk rifiutò le proposte provenienti dagli Arrows (che arrivarono ad offrire 200.000 dollari per Zungul) e costrinse la sua vecchia stella praticamente a rinunciare ad una grande carriera nel calcio tradizionale.

La gloria per Zungul arrivò, dunque, grazie all’indoor soccer statunitense. Il carattere del ragazzo, tuttavia, non era facile e se ne accorsero presto i nuovi compagni di squadra. Al primo anno, Zungul aiutò subito la squadra a vincere il campionato (gol a raffica e giocate da lustrarsi gli occhi) ma il titolo di MVP andò al suo compagno Messing. Apriti cielo.

Non appena lasciammo l’impianto dove avevamo appena vinto il titolo, Zungul iniziò ad urlare contro di me che lui era stato il migliore” racconta Messing. “Iniziammo a litigare ferocemente sul bus che ci riportava a New York ma poi tutto si concluse con un’allegra bevuta per festeggiare”. I successivi tre titoli di MVP, per la cronaca, furono appannaggio di Zungul.

I contrasti, tuttavia, riguardarono anche il rapporto tra il campione e Popovic. Zungul, infatti, era l’unico calciatore della squadra a non vivere a Long Island; preferì l’Upper East Side con tutto ciò che Manhattan aveva da offrirgli in riferimento alla vita notturna. Popovic narra di aver tentato (invano) di ottenere da Zungul un comportamento corretto, soprattutto per rispetto nei confronti dei propri compagni. Alla fine, persa ogni speranza, lo lasciò fare.

Tra il 1983 ed il 1984, Zungul tornò al calcio outdoor nella NASL, tra le fila dei Golden Bay Earthquakes. Pure qui, una valanga di gol. Dopo la stagione 1984, tuttavia, il progetto della North American Soccer League naufragò e Zungul tornò a fare sfracelli sui campi al coperto, con San Diego Sockers e Tacoma Stars, fino al 1990, anno in cui decise di smettere di deliziare gli amanti della palla rotonda.

Chissà come sarebbe andata la carriera di quel promettente bomber jugoslavo amante del gol quanto della bella vita. Visti i numeri e i colpi mostrati, probabilmente ora staremmo parlando di uno degli attaccanti più forti di sempre.

Nato a Roma sul finire degli anni Ottanta, dopo aver conseguito il diploma classico tra gloria (poca) e
insuccessi (molti di più), mi sono iscritto e laureato in Lingue e Letterature Europee e Americane presso la
facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata. Appassionato, sin dall'età più tenera, di calcio,
adoro raccontare le storie di “pallone”: il processo che sta portando il ‘tifoso’ sempre più a diventare,
invece, ‘cliente’ proprio non fa per me. Nel 2016, ho coronato il sogno di scrivere un libro tutto mio ed è
uscito "Meteore Romaniste”, mentre nel 2019 sono diventato giornalista pubblicista presso l'Ordine del Lazio

1 Comment

  1. Ma che libertà e libertà: zungul voleva soldi e non aveva intenzione di fare il militare (come facevano tutti gli sportivi jugoslavi, basti pensare alle stelle del basket drazen e aca petrovic, mirza delibasic, cosic e divac). Inoltre zungul poté semplicemente emigrare, dato che con il passaporto jugoslavo si poteva tranquillamente raggiungere gli Usa per turismo, oltre a moltissimi altri paesi. Altro che fuga: brama di soldi!

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