Quando Ilya Shkurin, l’ennesimo calciatore sceso in campo nelle proteste in Bielorussia, nasceva a Vitebsk, nell’agosto del 1999, il mandato del presidente Alexander Lukashenko doveva essere finito da un mese. Era in carica dal luglio del 1994 e, dopo cinque anni, sarebbe dovuto ripassare per le urne. Nell’estate del 1996 però, la stessa durante la quale settanta membri del parlamento bielorusso firmarono un appello per accusarlo di violazione costituzionale, l’ex generale organizzò un referendum per estendere a 7 anni la durata del proprio mandato. Vinse con oltre il 70% dei voti, espressi durante elezioni che molti, soprattutto Stati Uniti e Unione Europea, definirono illegittime.
Schiacciante è stata la vittoria anche nelle ultime elezioni presidenziali, andate in scena lo scorso 9 agosto. Lukashenko è stato eletto con l’80.10% dei voti, al fronte dell’appena 11.01% della sua principale sfidante, Svetlana Tikhanovskaya. La stessa che molti sondaggi davano addirittura al 70%. Da subito infatti sono scattate le proteste: le opposizioni accusano il presidente di brogli, sottolineando come le elezioni si siano svolte in un clima violento e antidemocratico. Proteste soffocate, ovviamente, nel sangue e nella repressione: i numeri, a oggi, parlano di 3 morti, 300 manifestanti feriti e oltre 8 mila arrestati.
Tra loro anche un calciatore, Anton Saroka, attaccante del Bate Borisov, la squadra più importante della Bielorussia. A rendere nota la notizia del suo arresto è stato il portale by.tribuna.com, che ha raccontato come non solo l’attaccante della nazionale sia finito in manette, ma anche Ilya Litvinov, giovane giocatore di hockey della Dinamo, mentre il combattente di MMA Alexei Kudin è ancora dietro le sbarre. “Calciatori e giocatori di hockey, smettetela di avere paura – si legge sul sito – In Bielorussia è iniziata la caccia alla popolazione civile, di cui fai parte anche te. Anche te sei in pericolo. Oggi le fabbriche sono in sciopero, sono in sciopero gli operai che pagano generosamente i vostri palazzi di ghiaccio, i vostri palloni, le vostre squadre e la vostra vita meravigliosa: macchine, ville, vestiti firmati. Il paese è in rivolta, solo voi tacete. Capite che questa volta è impossibile nascondersi sotto il letto?”.
A raccogliere l’appello del suo popolo, allora, c’è anche Ilya Shkruin. Appena 21 anni, 19 reti nell’ultima stagione con l’Enerhetyk Minsk, un contratto da 5 anni appena firmato con il CSKA Mosca e la decisione, in questi giorni, di dire addio alla nazionale bielorussa: “Mi rifiuto di rappresentare gli interessi della selezione finché il regime di Lukashenko sarà al potere. Lunga vita alla Bielorussia”. Subito sono arrivate le parole di appoggio del suo nuovo allenatore, anche lui bielorusso, Viktor Goncharenko: “Mi sono fermamente opposto al pestaggio del nostro pacifico e meraviglioso popolo bielorusso. La polizia, la polizia antisommossa e l’esercito dovrebbero proteggere le persone, non picchiarle”. Interrogata direttamente dalla CNN, la BFF, la federazione di calcio bielorussa, ha risposto con un silenzio di alcuni giorni, prima di diramare un comunicato freddo, distaccato, in cui si legge come “lo sport e il calcio in particolare sono sempre stati e dovrebbero rimanere un’arena pacifica, neutrale su questioni politiche, religiose, etniche, razziali e qualsiasi altra questione”.
Per Shkurin, Saroka e gli altri, però, restare imparziali è impossibile. “La BFF è un gruppo di persone codarde – si legge ancora sul blog by.tribuna.com – ma dove sono adesso i nostri ricchi legionari? Dove sono gli allenatori che hanno raggiunto il successo? Dove sono i membri delle squadre nazionali? Quale esempio stanno dando ora?”. Lukashenko, intanto, ha detto di non voler rivedere i risultati delle elezioni. Le proteste continueranno e il campionato bielorusso è stato sospeso. Ma questo, in fondo, è solo l’ultimo dei problemi.