“Nel combattimento l’uomo trova quell’ebbrezza che il sesso, dominio della donna, non gli può dare con la stessa pienezza“. Questo è quello che scrive il saggista Massimo Fini nel suo introvabile “Di[zion]ario erotico. Manuale contro la donna a favore della femmina” (ed Marsilio) a proposito del combattimento guerresco. Oggi, che abbiamo espunto dalla guerra lo scontro corpo a corpo e abbiamo demandato alle macchine il compito di massacrarci, gli unici confronti fisici regolati e legittimi sono quelli che avvengono all’interno di una cornice sportiva e che sublimano, di fatto, le dispute militaresche. Nelle parole di Fini possiamo leggere una sorta di complementarietà tra la soddisfazione ottenute dagli scontri fisici ed incontri fisici. Sarà forse per questo che uno dei temi che ha tenuto banco alle Olimpiadi appena concluse è stato il rapporto degli atleti con il sesso.
A spazzare via l’ideale (mai esistito?) dell’atleta asceta concentrato solo sulle prestazioni sportive ci hanno pensato gli organizzatori dei giochi che hanno messo a disposizione degli atleti 450mila preservativi, per un totale di 42 a testa. Mai così tanti nelle olimpiadi della storia moderna. Alle olimpiadi di Londra nel 2012 ne furono distribuiti appena un terzo, eppure già allora Hope Solo, portiere della Nazionale femminile di calcio degli Usa in un’intervista aveva detto: “Al villaggio olimpico si fa tanto sesso e si fa ovunque. Vedi la gente sull’erba, tra gli edifici: ci vanno giù di brutto“. In maniera del tutto prevedibile anche Usain Bolt ha voluto lasciare la sua firma sull’argomento. L’uomo più veloce del mondo ha dimostrando di essere rapidissimo non solo sulla pista di atletica ma anche nel sedurre avvenenti fanciulle con le quali festeggiare i successi olimpici. Questa volta è toccato ad una ragazza brasiliana che non si è fatta scappare l’occasione di “celebrare” la notte brava anche sui social, con buona pace della fidanzata del corridore, Kasi Bennet, che ha di colpo smesso di pubblicare foto delle medaglie del fidanzato. Bolt non è nuovo a questi festeggiamenti in grande stile, dopo l’oro nei 100 metri alle olimpiadi di Londra del 2012 si è fatto fotografare in camera sua con Gabriella Kain, Isabelle Gullden e Jamina Roberts, tre giocatrici della nazionale di pallamano svedese. Quest’anno la tuffatrice brasiliana Ingrid Oliveira è stata espulsa dal Comitato Olimpico Brasiliano perché ha cacciato la sua compagna di stanza, nonché collega nella squadra di tuffi sincronizzati Giovanna Pedroso, per poter stare in intimità con un atleta brasiliano. Le ragazze, perso ogni feeling, si sono classificate ultime nella gara della loro disciplina.
A fare scalpore è stato anche il “reportage” del giornalista del Daily Beast Nico Hines, il quale utilizzando l’app di incontri per omosessuali Grindr ha collezionato una serie di appuntamenti con atleti. Il giornale ha dovuto ritirare il servizio perché il giornalista aveva corredato il suo articolo con particolari che avrebbero reso facilmente identificabili gli atleti. Occorre ricordare che in molti dei Paesi rappresentati l’omosessualità rimane ancora un tabù e in alcuni un reato.
Ma il sesso era completamente assente dalle olimpiadi della Grecia antica? Il saggio della storica Eva Cantarella (“L’importante è vincere. Da Olimpia a Rio De Janeiro”, ed Feltrinelli) racconta una storia differente. L’astinenza non era praticata dagli atelti greci, anzi, in occasione dei giochi olimpici le uniche donne ammesse alle Olimpiadi erano le prostitute. Le donne greche, infatti, pur praticando sport come parte integrante della loro formazione da adulte, non erano ammesse ai giochi né come atlete e né come spettatrici. Per avere la prima atleta donna vincitrice di una medaglia dobbiamo aspettare il 346 AC. L’impresa riuscì a Cynisca, una nobile spartana, nella gara della corsa dei carri con quattro cavalli. Sarà un caso se la prima medaglia femminile arriva da una donna estrazione di una cultura che, se non era sessuofobica, era per lo meno morigerata