Quando ti invitano alla consegna di un Premio ci vai spesso se in quel momento della giornata non hai particolari impegni e se la persona che ti ha invitato è una persona che ritieni “speciale” alla quale non puoi dire no. Io al “Premio Sport e Legalità 2018” , che quest’anno è stato consegnato alla Feralpisalò (club che partecipa al campionato di serie C) e al suo presidente Giuseppe Pasini ci sono andato inizialmente per entrambi i motivi.
Ascoltando le motivazioni sembravano le solite belle favole che possono nascere solo nell’Italia ricca, dove qualche industrialotto locale, per sentirsi importante e considerato dai concittadini si mette a fare il Presidente della squadra di calcio promettendo a tutti grandi risultati e almeno la Champions League, però più passavano i minuti, più mi impregnavo del livello di emozione che si respirava nell’Aula della Giunta del Coni dove si consegnava il Premio.
Tutto quello che immaginavo all’inizio, con infinita gioia, è stato smentito.
Non mi metto a dire del fenomeno sportivo Feralpisalò, di quello parlano gli specialisti della Serie C, un bacino d’utenza di 100.000 persone, una squadra che esce ai play off con il Catania, a Catania, oltre 500 tesserati e uno scudetto vinto qualche giorno fa dalla Berretti.
No, questi sono numeri da specialisti che indicano dei risultati sportivi che con la programmazione scientifica, con appropriati mezzi tutti posso raggiungere.
Io sono rimasto “emotivamente colpito” dal progetto “senza di me che gioco è?“.

La nuova scuola calcio è una delle più importanti iniziative pensate per la scorsa stagione 2016-17 e la Feralpisalò è stata la prima società professionistica ad adottare questo modello all’interno del proprio settore giovanile.
Dall’attenzione da sempre riservata ai giovani è nato il desiderio di utilizzare le proprie risorse per dare la possibilità a tutti di partecipare all’attività calcistica. Un’idea sentita e fortemente condivisa, alla quale ci si è approcciati con slancio ma con la cognizione del fatto che fosse necessaria una competenza specifica per dare delle basi solide ad una iniziativa che non voleva essere fine a sé stessa ma che potesse crescere e strutturarsi nel tempo.
L’IDEA – La Convenzione ONU definisce la disabilità come la risultante complessa della relazione tra la persona, nella sua condizione personale, e gli ambienti di vita. Partendo da tale assioma è chiaro che la variabile su cui è necessario lavorare per diminuire il livello di disabilità è l’ambiente. Dal desiderio della società e da questa riflessione è nato il desiderio di creare un’iniziativa concreta ed efficace che veda come protagonisti i bambini e il loro contesto di vita.
IL PROGETTO – è stato sviluppato un progetto articolato che prevede lo sviluppo di due aree di attività: l’inclusione sociale, attraverso la pianificazione e l’organizzazione di incontri formativi per insegnanti, operatori di gruppi sportivi e genitori, e il benessere emozionale, attivando uno spazio ludico con personale adeguatamente formato che permetta ai ragazzi di svolgere attività sportiva.
A CHI SI RIVOLGE – “Senza di me che gioco è?” è un progetto che è rivolto a bambini e ragazzi diversamente abili. Essi sono seguiti da educatori e tecnici sportivi. L’attività sportiva si svolge con allenamenti settimanali il mercoledì con divisione per fasce di età (8-13 e 14+).
QUARTA CATEGORIA – La Feralpisalò ha composto una squadra di Over 14 nel corso della stagione 2016-17, partecipando al campionato di Quarta Categoria #iovogliogiocareacalcio…in Lega Pro. Questo è stato il primo torneo ufficiale al quale hanno partecipato i Leoni del Garda. Un primo grande traguardo che ha permesso ad essi di vivere a pieno la realtà sportiva, caratterizzata non solo da singole sessioni di allenamento ma anche da quel pizzico di sano e divertente agonismo dato dal confronto con altri amici sul campo.
Durante la premiazione è stato presentato un video che è stato “partecipato” molto intensamente a livello emotivo. Per un attimo tutti i partecipanti (c’era gente navigata nel calcio come Gravina, Abete, Ghirelli) sono rimasti magnetizzati dalle immagini che vedevano ragazzi dai 14 ai 33 anni “giocare” felici una partita vera. Ho visto la gioia di fare un gol, la gioia di fare una parata, la meraviglia nell’essere riuscito a fare un passaggio a un amico con la maglia dello stesso colore “personalizzata”. Uno stadio attento che seguiva e che applaudiva, una forte sensazione che il nostro “pallone” basta che rotoli nel mondo sa regalare. Tutto questo in un silenzio “emozionato”.
Lo so è stato solo una piccola parte di una delle tante giornate calde di giugno senza la nostra Italia al mondiale.
Ma se la nostra Italia tornasse ad essere più tollerante verso chi vive tutti giorni enormi difficoltà, se si aprisse di più a questo mondo ormai solo pieno di cose e ambizioni sfrenate, torneremmo sicuramente a vincere il Mondiale della solidarietà e del rispetto verso tutti. Questo è un campionato che non boccia nessuno e che promuove tutti.
Grazie Presidente Pasini per quello che fa con il cuore per questa parte del nostro Paese troppo spesso abbandonata a se stessa. Sono felice che in Italia esistano ancora delle persone che nella professione hanno raggiunto importanti gratificazioni morali e materiali e che sanno mettere contemporaneamente a disposizione le loro energie e passioni per rendere la vita della comunità migliore. Bisogna sperare, e lei ci ha regalato un po’ di speranza, che ciascuno di noi riconosca nel vicino un amico e che la cooperazione e solidarietà restituiscano al nostro Paese la giusta serenità e normalità, che in questo momento purtroppo manca.