“A partire dal 2004, ho piazzato più di 15.000 scommesse su vari sport. Tra queste, circa 1200 erano sul calcio. Tra il 2004 ed il 2011, poi, mi è capitato anche di scommettere sulla sconfitta della mia squadra; in queste poche occasioni, però, non ero nemmeno in panchina, quindi non potevo alterare il risultato finale. Ho lottato contro la dipendenza dal gioco d’azzardo, ho anche fornito alla FA un certificato medico al riguardo. Sono molto deluso dalla durezza della sanzione, che mi costringe a un ritiro anticipato dal calcio. Ho sbagliato, ma la pena è più pesante di altre assegnate a giocatori meno controversi di me, che hanno ricevuto squalifiche non oltre i 6 mesi. Con i miei avvocati ho deciso di fare ricorso: spero che mi sia concessa un’audizione equa e resto fiducioso sul fatto che la pena venga ridotta.”
Queste le parole del bad boy del calcio inglese per antonomasia, Joey Barton, in una recente intervista a seguito della squalifica di 18 mesi inflittagli per aver scommesso su diverse partite. Il ‘criminale’, per dirla alla Marianella, tuttavia, in Inghilterra è solo l’ultimo di tanti casi recenti di atleti beccati a puntare su eventi calcistici.
Esempi?
Kyle Lafferty, classe 1987, ex Palermo, nei mesi scorsi accusato dalla Football Association di aver infranto i codici regolamentari vigenti tra i calciatori per aver scommesso su una partita. In un comunicato ufficiale, la FA affermò che Lafferty aveva violato tale norma il 20 febbraio del 2016.
Altri casi hanno condotto a: il centrocampista agli ordini di Rafa Benitez nel suo Newcastle, Jack Colback, condannato a pagare 25.000 sterline dalla FA per aver violato il regolamento federale sul ‘betting’ il 16 marzo del 2016; il difensore argentino ex Manchester City Martin Demichelis; l’ex tecnico del Frome Town, Nick Bunyard, condannato a restare fuori dal mondo del calcio fino a luglio del 2019 per aver scommesso addirittura contro la sua squadra.
Tutte situazioni piuttosto difficili da gestire per la Football Association, che, dopo aver modificato il regolamento sul tema delle scommesse nel 2014, dopo i citati avvenimenti, ha seriamente preso in considerazione l’idea di adottare pene ancor più severe per coloro che vengono colti in flagrante (come il ‘povero’ Barton, appunto).
E che dire, poi, dei tanti episodi di omofobia avvenuti pure tra calciatori professionisti anche nell’anno in corso.
Chris Stokes, venticinquenne calciatore del Coventry City, durante la partita di Premier League tra Chelsea e Tottenham Hotspur dello scorso maggio (quella, per intenderci, che consegnò matematicamente il pazzesco titolo al Leicester di Ranieri) aveva pubblicato la seguente frase: “Che partita imbarazzante da vedere! Mucchio di fr**i”. Immediate la reazione e la punizione della FA nei confronti dell’atleta. Anche in questa circostanza, però, si trattò di episodi, purtroppo, non nuovi nel mondo del calcio, in particolare quello inglese
Soltanto nel 2015, infatti, il centrocampista del Fulham Ryan Tunnicliffe aveva definito in un tweet ‘sausage boy’ il calciatore Patrick Bamford.
Un altro esempio di ‘omofobia social’ nella terra della Regina Elisabetta riguardò il fantasista, ex Lazio, Ravel Morrison. A febbraio del 2012, il calciatore, allora militante nel West Ham, si rese protagonista di uno scambio di tweet al vetriolo con alcuni fan del Manchester United e cadde nell’insulto omofobo, venendo comunque puntualmente punito dalla Football Association.
Legato a tale tematica, pochi mesi or sono, mediante alcune dichiarazioni, il capo della FA Greg Clarke scatenò serie polemiche. Il motivo? Clarke ebbe modo di affermare che “i calciatori militanti in Premier League soffrirebbero di derisioni pesanti e sarebbero oggetto di scherno ad ogni weekend se scegliessero di confessare la propria omosessualità.” Come a dire, evitate di esporvi poiché non possiamo neutralizzare l’omofobia.
Dopo l’omofobia, tocca al doping.
Saido Berahino, ex centravanti del WBA, esce di scena con la maglia di tale squadra a partire dal settembre scorso, ufficialmente a causa di problemi fisici. Poi la notizia, una vera e propria bomba: la lunga lontananza dai campi del calciatore, che era stata inizialmente ricondotta anche a dissapori con tecnico e società, è stata, al contrario, dovuta al risultato positivo ad un test antidroga.
E il caso di Berahino, emerge successivamente, non è proprio isolato. A scriverlo per primo è il quotidiano ‘Daily Mail’, che afferma come in Inghilterra, oltre a Berahino (nel frattempo passato allo Stoke City di Hughes), ci siano altri dodici calciatori risultati positivi a dei test anti-doping in un lasso di tempo compreso tra il 2012 ed il 2016.
Una tragedia (umana e sportiva).
Nel vortice del doping, seppur per ragioni più lievi, finiscono poi anche due squadre della Premier. Il tutto accade all’inizio del 2017. Si tratta di Bournemouth e Manchester City.
In entrambi i casi, i club sono stati responsabili di non aver fornito all’agenzia anti-doping inglese le informazioni necessarie (e corrette) per permettere agli ufficiali di poter effettuare dei test a sorpresa sui propri tesserati. Il fatto, peraltro, non è accaduto in una sola occasione ma per ben tre volte; da qui, la decisione della FA di punire le società citate.
Ma non basta: ecco anche la pedofilia.
16 novembre 2016. In questo caso, la news che sconvolge il mondo del calcio inglese è veramente delicata (e disgustosa). Presso le colonne del Guardian, Andy Woodward, ex calciatore inglese, denuncia di aver subito per un lungo periodo delle violenze sessuali da parte di Barry Bennell, all’epoca allenatore delle giovanili del Crewe Alexandra. E’ solo l’inizio di un terremoto devastante.
A partire da quella data, un’enormità di calciatori passati per il club nello stesso periodo di Woodward racconta al giornale inglese di aver subito a sua volta delle violenze sessuali da parte di Bennell e di averlo raccontato solamente ai propri familiari.
Passano le settimane, i mesi, i giorni ed i casi si espandono a macchia d’olio. Le segnalazioni agli organi di polizia sono molteplici ed inquietanti. Il calcio inglese si sente ferito e promette punizioni esemplari, oltre che un controllo ancor più approfondito nel caso delle squadre giovanili.
Last but not least, come direbbero da quelle parti, un evento degli ultimi giorni: sospetta frode ed evasione fiscale da parte di Newcastle e West Ham.
L’inchiesta nasce in relazione ad alcuni trasferimenti di calciatori. Gli ufficiali di polizia arrestano diverse persone tra Inghilterra e Francia, compreso Lee Charnley, direttore generale dei Magpies e braccio destro del proprietario del club allenato da Benitez, Mike Ashley.
La polizia, però irrompe anche negli impianti delle due squadre, sequestrando documenti e prove utili per la propria inchiesta.
Si attendono sviluppi ma, ad ogni modo, il football oltre la Manica da qualche tempo a questa parte pare proprio non avere pace.
Mi sembrava che il calcio italiano fosse da bonificare totalmente, ma dopo aver letto quello che succede in Inghilterra……naturalmente se fosse tutto vero.