L’erba del vicino è sempre più verde. O meglio, l’erba nostra lo è sempre meno. E di questo se ne è accorto domenica sera anche Danilo Gallinari. Galeotto fu il pugno di reazione (sottolineato) sferrato dal neo giocatore dei Los Angeles Clippers ai danni di un olandese durante un torneo di preparazione ai prossimi Europei di Settembre. Una vera e propria scemenza da parte dell’ala NBA che ha compromesso la sua presenza alla competizione continentale a causa della frattura alla mano, pare conseguente al colpo inferto al suo avversario. Una scemenza che l’ex Milano ha subito riconosciuto. E subito, infatti, sono arrivate le scuse del Gallo alla squadra e all’Italia tutta. Un calo di concentrazione che gli costerà caro. Sicuramente più a lui che a noi. Questo è certo. Eppure nel meraviglioso (mettete la D mancante dove meglio credete) mondo dei social è partita l’offensiva del popolo degli infallibili, dei giustizieri senza macchia delle etere che non hanno perso neanche un attimo a spolverare la falce mietitrice (inquisitrice) nei confronti del giocatore e ad insultarlo con ruggiti digitali degni del compagno crinierato di Dorothy in viaggio verso la Città di Smeraldo.
E allora eruttano commenti di ogni tipo e di ogni forza possibile per quella che sì è una cazzata, ma rimane un gesto istintivo, sicuramente non premeditato, di un atleta che negli anni si è sempre distinto per correttezza e tranquillità. Uno sbrocco in piena regola. E invece no. Adesso il mostro da sbattere in prima pagina è lui, un giocatore di basket. In un paese dove il basket un altro po’ non lo mandano neanche in onda , per fare notizia è necessario che un ragazzo, perché di questo si tratta, di 28 anni perda le staffe un secondo nella sua carriera e compia un gesto, è bene ricordarlo ancora, che arreca nei fatti un danno a lui e non certamente a noi.
Questo perché si deve creare lo scandalo a tutti i costi ed è un attimo il divampare del flame di indignazione di persone che passano la vita guardando il mondo dalla serratura della porta altrui. E allora il Gallo diventa l’esempio da non seguire perchè “con tutti i milioni che guadagna non si può permettere un comportamento del genere”, come se i soldi ti trasformassero in un automa senza emozioni a cui non è concessa la possibilità di sbagliare. Come se noi con i suoi dollaroni ci tramutassimo in odierni Padre Pio o Gesù targati 2000. Il Gallo diventa la conversazione da salotto per chi non sa neanche come è fatta una palla a spicchi. Un gesto che assume giornalisticamente parlando connotati quasi terroristici in un paese in cui la stampa, in primis quella sportiva, spesso e volentieri pur non sventolando una bandiera nera, tratta la notizia, qualsiasi essa sia, come se fosse il Daily Jihadist. E allora quel pugno non è più un colpo all’avversario, ma un cazzotto dritto dritto alle generazioni future, al basket italiano, all’Italia, a tutto. Colpa sua se il movimento va male, colpa sua se i giovani sceglieranno altri sport. Sua eh. E neanche piove, Gallo ladro!
Ma la vera bellezza risiede nelle persone comuni. Le stesse che urlavano “Danilo step back” di tranquilliana memoria, ora sminuiscono Gallinari come l’ultimo degli sfigati, incapace di controllare i bollenti spiriti e reo di compromettere il buon esito dell’Europeo a causa della sua assenza. E sono sempre loro quelli che, all’epoca del preolimpico dello scorso anno, da “grandi conoscitori” di basket prima si sono esaltati (esagerando) per la Grande Italia già in profumo di medaglia (ancora prima di accedere ai Giochi) per poi rimarcare la mollezza degli azzurri (Gallinari compreso) e l’eccessiva dipendenza dai giocatori NBA. Quindi, dov’è la logica? La coerenza? Ma fosse solo questo il problema.
Perché, purtroppo, è la nostra storia. Capace di innalzarti ad aeterna (pro tempore) gloria e di affossarti un secondo dopo. Chiedere a Federica Pellegrini per conferme. Ma adesso questo non c’entra. Adesso sul carro del Gallo sono tutti scesi e tutti hanno preso le distanze. Leggere quanto scritto sotto il suo post di scuse è qualcosa che ti fa davvero cadere le braccia e gli articoli a lui dedicati sono anche peggio. Ripeto, quello che ha fatto Danilo Gallinari è, e rimane, una stronzata. Nessuno deve prenderlo ad esempio, ma questo è un problema nostro che cerchiamo a tutti i costi un esempio da seguire. Lo sappiamo noi, e soprattutto lo sa lui, che poi è l’unico che ne pagherà le conseguenze, a casa con la mano dolorante a guardare gli altri giocare. Il vero rammaricato è lui, noi infieriamo sulla ferita sanguinante. E la linea nera che stanno passando sopra il suo nome è completamente ingiustificata, soprattutto perché arriva da un popolo capace di prendersi a coltellate per un sorpasso a destra o un parcheggio rubato. Una Nazione che si divide tra coloro che godono delle vittorie altrui e quelli che sospettano delle proprie. Dove essere patriottici è una cosa di cui vergognarsi mentre esaltare l’extraconfine fa così moderno. Dove condannare vince sempre sul perdonare, o addirittura comprendere, soprattutto se sei un connazionale. Siamo fatti così, non si scappa. Sarebbe bastato in estrema analisi un “ben ti sta” visto l’esito dannoso (e fratturoso) del pugno, ma le lezioni di vita proprio no.
Il Gallo è un figlio dell’Italia che in giro per il mondo porta in alto il tricolore e ti rende orgoglioso quando piazza 30 punti oltreoceano. Ma sua madre è una Medea e i suoi fratelli i discendenti di Caino. E vieni abbondantemente masticato appena scendi anche solo una tacca sotto la loro inarrivabile morale. Di coloro che giudicano senza mai essersi giudicati, che si riempiono la bocca di competizione senza essersi mai messi in gioco, nemmeno nella loro vita da ignavi, figuriamoci in un campo, dove emozioni e adrenalina pesano più dei milioni su un conto in banca.
Ma è inutile parlare, provare a spiegare, e a limite giustificarsi se vivi in un paese errato che però non ammette errori. Beati voi che non sbagliate mai.
Save Gallo.