Sassuolo, terra di portieri: dietro Turati brilla Zacchi

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Famosa per le ceramiche e la cucina, Sassuolo negli ultimi mesi si sta facendo un nome anche come terra di portieri. Il 1°dicembre 2019, a Torino, contro i campioni d’Italia della Juventus, complice l’assenza dei titolari Consigli e Pegolo, il tecnico Roberto De Zerbi fece debuttare il diciottenne Stefano Turati, classe 2001, che nell’eccellente 2-2 finale dette il suo contributo con una prova di personalità.

Fenomeno isolato? Tutt’altro. Dietro di lui germogliano altri interessanti numeri uno. Come Gioele Zacchi, titolare dell’Under 17 allenata dal campione del mondo Simone Barone. Classe 2003, originario di Savignano sul Panaro, piccolo comune del modenese, a Sassuolo dall’età di undici anni dopo esser stato visionato anche da Bologna, Parma e Modena, si sta mettendo in mostra come uno dei più promettenti nel suo ruolo.

 

Dotato di una struttura fisica – 1.84 m per 82 kg – in controtendenza rispetto alla vulgata contemporanea che vuole il bravo portiere alto almeno 1.90 m (Courtois, Allison, de Gea, Neuer, Handanovic, Szczęsny, Donnarumma, etc.), ma che lo accomuna a due suoi modelli (Alessio Cragno e Angelo Peruzzi, l’altro è Ter Stegen), Zacchi è un’altra dimostrazione di come le qualità siano sempre preferibili alla moda del momento. Freddezza, reattività fra i pali e nelle uscite, soprattutto quelle alte in virtù di un’eccellente prestanza fisica, i suoi punti di forza. Gli insegnamenti del preparatore dei portieri dell’Under 17 nero-verde, Mathias Altamirano, la sua abnegazione e la sua passione gli hanno consentito nelle ultime due stagioni di conquistarsi gli apprezzamenti dei compagni, la maglia azzurra e l’attenzione dei più grandi.

L’ottimo rendimento del Sassuolo in campionato, 5° nel girone A fino allo stop imposto dalla federazione per il coronavirus, è figlio anche delle sue prestazioni, che non sono sfuggite a Carmine Nunziata, selezionatore dell’Italia Under-17 dove Zacchi dallo scorso settembre è a guardia dei pali e dove può soltanto migliorare grazie agli insegnamenti di un ex grande portiere come Fabrizio Ferron. Una crescita costante e all’insegna di quei sacrifici indispensabili per ottenere risultati. Come svegliarsi spesso presto la mattina per studiare, visto che dal martedì al venerdì, terminate le lezioni nella vicina Vignola, attende l’autobus societario per andare agli allenamenti per poi rientrare a casa quando ormai è sera. Di lui si è accorto anche De Zerbi. Per un paio di settimane Zacchi si è allenato con la prima squadra e, complici le assenze di Pegolo e Russo, era stato allertato come terzo portiere per la sfida di Brescia del 4 ottobre 2019. Ma l’occasione di assaggiare la Serie-A anche soltanto dalla panchina sfumò a causa del rinvio della partita per l’improvvisa scomparsa del patron Giorgio Squinzi. Il Covid-19 ha invece impedito il palcoscenico internazionale con la maglia azzurra visto che alla fine di marzo, in Polonia, era in programma il Turno Elite dell’Europeo di categoria, dal quale sarebbero uscite le quindici squadre che, insieme all’Estonia padrona di casa, si sarebbero giocate il titolo.

Imprecare sarebbe però fiato sprecato. Perché certi eventi sono imponderabili, il singolo non ci può fare nulla, e perché diciassette anni, più che del raccolto, sono la stagione della semina. Dove servono pazienza, fame e, soprattutto, umiltà. Sentirsi arrivati per quanto finora fatto o soltanto perché il proprio nome è comparso anche sulla stampa sportiva nazionale, sarebbe l’errore più grande. Meglio continuare ad allenarsi col consueto impegno, come fatto da Zacchi in modalità online durante il lockdown, e aspettare notizie sulla ripresa dell’attività per la prossima stagione. E se proprio si vogliono far correre i pensieri, meglio ritornare al totale disinteresse per la palla dei sei anni. Salvo poi avere le idee chiare dopo il primo allenamento alla scuola calcio del Valsa, una delle società del suo paese: fare il portiere. La vita è un treno ad alta velocità che può cambiare direzione da un momento all’altro. Meglio quindi viverla secondo la filosofia degli antichi. Hic et nunc. Qui e ora.

 

Classe 1982, una laurea in "Giornalismo" all'università "La Sapienza" di Roma e un libro-inchiesta, "Atto di Dolore", sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scritto grazie a più di una copertura, fra le quali quella di appassionato di sport: prima arbitro di calcio a undici, poi allenatore di calcio a cinque e podista amatoriale, infine giornalista. Identità che, insieme a quella di "curioso" di storie italiane avvolte dal mistero, quando è davanti allo specchio lo portano a chiedere al suo interlocutore: ma tu, chi sei?

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