E’con grande dolore e sgomento che scrivo questo articolo su Alessandro Mazzinghi. Lo scorso 22 agosto il cuore del grande pugile pontenderese ha cessato di battere e l’Italia purtroppo ha perso un pezzo di storia sportiva. Mazzinghi per tutta la sua vita ha rappresentato a pieno il significato di campione del popolo. Era un toscano, di quelli veri, di quelli veraci, fegatoso e schietto fino alla fine. Dentro i ring internazionali riuscì a far emergere lo spirito popolare, di cui era intriso, visto dove era cresciuto, portando la sua Pontedera nelle cronache e alla ribalta del mondo. Un campione vero, un guerriero che non arretrava neanche di un centimetro e che poco aveva conosciuto la paura sul ring. Perché Mazzinghi la paura la conobbe, ma la conobbe fuori dal ring con un’infanzia difficile. E proprio per questo motivo, Mazzinghi sul ring attaccava sempre. Un campione che veniva dal popolo, con una gioventù segnata dal lavoro nei campi, dove subito si imparava cosa era il sudore e la fatica.
Nella sua carriera con conquistò il campionato del Mondo dei pesi medi junior (1963-1965 e 1968-1969) e poi divenne campione d’Europa della stessa categoria (1966-1968). Oltre ai grandi risultati internazionali ciò che consacrerà definitivamente Mazzinghi nell’Olimpo dei più grandi e degli atleti più amati fu la grande rivalità con un altro grande campione del tempo: Nino Benvenuti. Questa rivalità divise in due, nel vero senso della parola, l’Italia sportiva del tempo. Benvenuti era il pugile tecnico, quello elegante e dal gancio sinistro potente, mentre Mazzinghi era potente, massiccio fisicamente e non aveva una scherma pugilistica elegante ma era tremendamente devastante. Il classico esempio dello schermidore contro il picchiatore. Molto simile a quella che fu la rivalità tra Joe Frazier e Muhammad Ali.
Negli anni sessanta le loro vittorie, le loro sfide incarnarono la rivincita di un’Italia che uscì distrutta dalla seconda guerra mondiale, il mondo sportivo italiano e i tifosi del tempo si divisero tra chi preferiva il picchiatore toscano o lo schermidore istriano. Come Coppi e Bartali e prima di Rivera e Mazzola, divennero protagonisti di una rivalità sportiva e personale vissuta visceralmente dal popolo dei tifosi, invadendo anche il campo sociale e quello politico. Questo processo fu possibile perché, nel pieno degli anni sessanta, la boxe in Italia era diventato uno sport popolarissimo. I due campioni si affrontarono in due avvincenti sfide nel 1965 che videro Benvenuti trionfare e mantenere il titolo di campione mondiale dei superwelter.
Non mi soffermerò sulle polemiche che ci furono nel secondo post match tra i due perché oggi bisogna rendere omaggio al grande campione scomparso e non fossilizzarsi sulle polemiche che ci furono tra i due. Sandro Mazzinghi ha vissuto 81 anni veramente al massimo attorniati di dolore, di vittorie, di rabbia e tantissimo riscatto. Per tutta la sua vita e la sua carriera il pugile di Pontedera scelse di non vivere nella notorietà e di rimanere legato alla sua città natia lontano dalle luci della ribalta. Al contrario del suo acerrimo rivale Benvenuti, lui fu veramente un antidivo, ma non nel senso negativo della cosa, al contrario Mazzinghi decise di rimanere l’idolo della sua città.
La boxe deve molto a Sandro Mazzinghi suo fiero rappresentante nel periodo aureo della nobile arte in Italia, gli deve quella grande umanità e umiltà di cui il toscano era ricchissimo. Mazzinghi ha incarnato il vero spirito toscano fatto di resistenza e tenacia trasportandolo sul ring in ogni battaglia che il pugile affrontava a viso aperto come faceva sempre, senza troppi tentennamenti e rimpianti. Addio Sandro, Campione di un popolo che non esiste più. Addio Sandro, campione, campione unico nel tuo genere. Con la sua morte, l’Italia ha perso un pezzo della sua storia, un pezzo della storia del novecento, perché se è vero che le vittorie dei grandi costruiscono la storia dello sport è altrettanto vero che le sue vittorie e il suo antagonismo con Benvenuti costruirono una bella fetta della storia sociale italiana del secondo dopoguerra.
Alle sue esequie Benvenuti non è voluto mancare presentandosi a Pontedera a rendere omaggio al suo amico/rivale, baciando la salma di Mazzinghi, un ultimo saluto affettuoso verso il campione toscano. Nella loro vita, i pugili sono sempre alla ricerca del loro sedicesimo round, il round che riscatti la loro vita e gli dia un senso. Nella boxe ai tempi, i round erano quindici, ora sono dodici, un vecchio pugile mi disse che il sedicesimo è quello che combatti nella tua vita fuori dal ring. Alessandro “Sandro” Mazzinghi da Pontedera fu un grande pugile, fu campione italiano, poi del mondo e faceva parte di quella fucina Toscana che vide negli anni d’oro del pugilato sfiorire un gran numero di pugili. Nella nostra bella Toscana possiamo soltanto essere fieri di aver avuto un campione come te che ci ha rappresentato in tutto il mondo portando alla ribalta le caratteristiche più belle dei toscani, cioè la generosità, la bontà e la goliardia che ci distingue da sempre e lo farà per sempre. 81 anni vissuti da grande campione, da grande uomo sia dentro che fuori dal ring in mezzo alla tua gente quella che durante i tuoi incontri stava incollata alla radio e chi poteva permetterselo alla televisione. Addio Sandro. Addio grande campione si è concluso il tuo sedicesimo round, fai buon viaggio e che la terra ti sia lieve.