Una figuraccia epica, di proporzioni mondiali oserei dire, come tanti anni fa, nel 2002, successe a un vecchio ispiratore di Sampaoli, Bielsa. Stesso errore, stessa presunzione tattica, di un allenatore in balia delle onde e già dal pre partita, in confusione. Prima della partita mi chiedevo come facesse a non far giocare Fazio, in un 4 3 1 2 compatto e organizzato: la partita contro la Croazia ci ha dato la risposta. Squadra schierata senza senso con il 3 5 2 con giocatori non degni di indossare la gloriosa maglietta della selecciòn: Caballero, Tagliafico, Mercado, Salvio, Acuna, Perez e Meza, calciatori scarsi in rapporto al peso della camiceta, Mascherano sul viale del tramonto e l’intero reparto offensivo completamente lobotomizzato. Messi, Higuain, Dybala, Aguero non pervenuti. Squadra senza alcuna idea tattica, come sempre del resto. Croazia invece organizzata, compatta tutta dietro la linea del pallone con un 4 5 1 in cui Mandzukic agiva da punta e da grande aiuto per tutti i compagni che si inserivano, soprattutto facilmente nel secondo tempo. Il solito grande centrocampo con Brozovic, Rebic, Rakitic, Perisic e Modric a stradominare dal punto di vista fisico e tecnico.
LA SOLITUDINE DI SAMPAOLI Jorge ha percorso km e km lungo la linea del fallo laterale, come quando Bielsa a Rifu, Giappone, nel lontano 12 giugno 2002, aspettava invano un goal di Crespo (poi arrivato ma non decisivo per la vittoria) o Batistuta, Ortega o Aimar contro la Svezia nella partita decisiva per la qualificazione agli ottavi di finale. Uguale l’atteggiamento e la sensazione di confusione e rassegnazione nelle due facce quasi al limite della disperazione. Accomunati entrambi da una sciagurata e sinistra assonanza nel cognome del portiere Cavallero per Bielsa e Caballero per Sampaoli, ma separati sicuramente dalla caratura dei calciatori in campo totalmente sbilanciata a favore di quelli del primo.
APPESO A UN FILO L’unica vera sostanziale differenza è il fatto che Bielsa dopo quella partita se ne dovette ritornare a casa dopo aver fatto trasparire la sensazione di nullità e pochezza nel gioco della sua nazionale che non aveva mai trovato il bandolo della matassa con troppi giocatori offensivi. Sampaoli ancora ha una speranza, minima, appesa a un filo, ma ce l’ha, e forse è proprio questa che lo continua a far andare su e giù per la linea laterale del campo togliendosi la giacca.