Ronaldo: Fenomeno, a tutti i costi
Sono le 14,30 del 12 luglio 1998. Parigi. Non un città qualsiasi, né una giornata qualsiasi. In quel pomeriggio si consuma un mistero che scuote le fondamenta del mondo del calcio. Ronaldo, il Fenomeno, il più forte giocatore del mondo sta per prendersi ciò che gli spetta: lo scettro iridato.
Alle 21 si gioca la finale. Francia – Brasile. Sudamericani favoritissimi. Se Ronaldo fa quello che può e deve, non c’è partita. Si parte, almeno, da 1-0 per i verdeoro.
Quel pomeriggio, però, accade qualcosa di strano. A poche ore dalla partenza per lo stadio, Ronaldo e Roberto Carlos riposano in camera. Il Fenomeno richiama l’attenzione del compagno. Suda, non controlla più il proprio corpo. Perde conoscenza. É riverso sul letto. Ha la bava alla bocca, quasi ingoiato la lingua. É privo di sensi. É caos. I giocatori e la security si precipitano in camera. Qualcuno urla “è morto”. Il ragazzo riprende conoscenza ma è trasportato d’urgenza all’ospedale. É sottoposto a tac, elettrocardiogramma, elettroencefalogramma. É dimesso alle 19.30 un’ora e mezza prima del calcio d’inizio…
Zagallo, il CT del viene a conoscenza dell’accaduto. “Stavo riposando” dice. E non si è accorto di nulla? Di un albergo in fibrillazione come (forse) il cuore di Ronaldo? Il ragazzo non dovrebbe neanche avvicinarsi allo stadio.
Invece è inserito nella formazione titolare. Al posto di Edmundo, il cui nome è presente nelle distinte prepartita. E poi rimosso. Ronaldo non dovrebbe essere lì. É in condizioni pietose. Come i suoi compagni.
Il Brasile è sotto choc. La Francia vince facile 3-0, alza al cielo la Coppa del Mondo e, per la prima volta, la accompagna ai Campi Elisi. Epilogo amarissimo.
Perchè Ronaldo ha giocato? E, soprattutto, cosa è successo?
Nei giorni antecedenti la finale, Ronaldo accusa problemi alla caviglia. Fastidi che gli impediscono di allenarsi come dovrebbe. Rischia di saltare l’appuntamento più atteso. Sopratutto dalla Nike, sponsor tecnico della Seleçao. La multinazionale ha puntato fior di miliardi sull’astro nascente. Il nuovo Pelè, però, dovrebbe marcare visita e saltare la Finale di Francia 1998.
Sembra che la multinazionale faccia pressioni. E che abbia anche trovato la soluzione: se le analisi hanno dato esito negativo, il ragazzo DEVE, imperativo kantiano categorico, scendere in campo. La FIFA non batte ciglio. I medici neanche. Tutti complici. Ronaldo, Fenomeno a tutti i costi. In nome del Dio denaro. Anche se non è al massimo, anche se non sta bene. Lo show business non conosce regole, né deroghe. Suvvia signore e signori, non si può certo privare miliardi di telespettatori della presenza di Ronaldo…
Al termine del match, la stampa si scatena: ricamini più o meno barocchi. Si parla di crisi epilettica, cardiaca, respiratoria, di qualcosa legato all’abuso di farmaci.
La verità, forse, è nel referto ospedaliero. “Probabilmente stress”. Certamente, Ronaldo non poteva, né doveva giocare. L’immagine che resta impressa, è quella del “day after”. Del ritorno in Brasile. Il fotogramma di un ragazzo di appena 21 anni che barcolla e fatica a tenersi in piedi quando scende dall’aereo rappresenta la quintessenza di quanto le pressioni mediatiche e degli sponsor, ormai padroni del calcio, rendano il gioco poco pulito.
Ronaldo, avvinghiato al passamano della scaletta, è stravolto. Si aggrappa a quel poco d’anima che non gli è stata strappata via. Le immagini fanno il giro del mondo. Improvvisamente, ipocritamente, il calcio si scandalizza. Le dichiarazioni hanno il retrogusto di una gomma da masticare sfinita dai canini aguzzi dei Dracula che hanno prima preteso la presenza del ragazzo in campo, anche a costo di rischiare la vita, salvo poi scandalizzarsi.
Il 1998 è lo spartiacque. L’inizio della fine del Fenomeno. Nel 1998-1999, si romperà due volte il ginocchio. Prima il legamento, poi il tendine rotuleo. Infortuni generati da una muscolatura troppo imponente, per essere retta dall’articolazione. Diagnosi che fa addrizzare le orecchie. Din din, campanello, che rumore ha il sospetto che qualcuno abbia abusato giocato sporco sulle forze del ragazzo per renderlo “instancabile”? Ronaldo recupererà, ma non sarà più lo stesso. Il suo immenso talento è premiato nel 2002, quando trascina il Brasile al quinto titolo nel mondiale più truccato della storia.
Caro Luigi
Sono un nuovo lettore di iogiocopulito e rompo subito il ghiaccio (spero non di peggio) con una questione buttata lì…
Condivido in linea generale l’articolo, però su un punto vorrei ampliare la questione. Tu dici “Si aggrappa a quel poco d’anima che non gli è stata strappata via”. Io sul fatto che gli sia stata strappata ho delle perplessità… direi piuttosto che Ronaldo, certo non l’unico, la sua anima (usiamo laicamente questa metafora) l’ha venduta e anche a caro prezzo! Il che però vale da entrambe le parti…
Non credo che se lui avesse deciso di non giocare, se avesse detto “non gioco perché sto male”, sarebbero arrivati i gendarmi coi pennacchi a portarlo di forza in campo. Forse avrebbe perso un contratto con lo sponsor (senza peraltro finire in miseria, quello col club sarebbe rimasto). Solo denaro. La vecchia questione del libero arbitrio (semmai il problema sono i 21 anni e come vengono cresciuti questi golden boy, ma è un altro capitolo). Ronaldo ha scelto (anche non scegliendo), ha preferito il denaro alla salute e alla libertà. Non è stato il primo e non sarà l’ultimo. Più che Dracula evocherei Faust.
Quando ho visto la partita sono rimasto deluso, quando si sono saputi i retroscena anche di più! Però non ero tra quelli che si sono scandalizzati…