Una volta era il ‘Derby del Sud’, con i tifosi gemellati e lo scambio delle bandiere in mezzo al campo, adesso è forse la rivalità più sentita e potenzialmente violenta del calcio italiano. Domenica pomeriggio, allo stadio San Paolo, il Napoli affronterà la Roma: anche se ai sostenitori giallorossi è stata vietata la trasferta, l’attenzione di tutti è però focalizzata sulla situazione dell’ordine pubblico a un anno e mezzo dall’uccisione di Ciro Esposito. Per sondare gli umori dei tifosi partenopei, abbiamo sentito il parere di Massimiliano Gallo, direttore de ‘ilnapolista.it’, sito cult per gli appassionati azzurri.
Inevitabile partire dai postumi della serata della finale di Coppa Italia del 2014: “Napoli vive male la ferita della morte di Ciro Esposito – spiega Gallo -. Per certi versi non si rimargina, anche se la famiglia ha svolto un ruolo molto importante sin dal primo giorno. La madre e lo zio, che è un ex sindacalista della CIGL, sono stati bravi a non proferire mai nemmeno una parola di vendetta. E’ una ferita comunque per la città. Poi c’è la parte della tifoseria cosiddetta ‘organizzata’ che la considera una ferita non rimarginabile, anche perché non c’è stato mai dai tifosi della Roma un gesto volto a tentare una ricomposizione”.
Come sono stati considerate a Napoli le prese di posizione della Curva Sud della Roma a favore di De Santis e contro la madre di Ciro Esposito? “Ci sono stati vari episodi che hanno visto coinvolti gli ultrà della Roma. Ultimamente ha girato molto a Napoli un video dei tifosi giallorossi che auguravano il colera e l’eruzione del Vesuvio. E’ una inimicizia che già esisteva e che l’omicidio di Ciro Esposito acuiva. A Napoli è stata vissuta molto male l’onda mediatica successiva: si è parlato molto più di ‘Genny ‘La Carogna’ che di De Santis che ha ucciso Ciro. C’è stata grande rabbia perché sembrava che l’attentatore fosse Genny La Carogna. Si era vittime due volte. Si sa pochissimo sugli ambienti dell’estrema destra romana. E’ cambiato ben poco dai fatti della finale di Coppa Italia, direi niente”.
Crede possibile un ritorno delle trasferte dei tifosi romanisti e napoletani in occasione delle sfide tra le due squadre? “Non credo proprio, non ci sono le condizioni per una ricomposizione, per una riappacificazione. Io sono cresciuto con Napoli-Roma ai tempi in cui le tifoserie erano gemellate. Poi ci sono stati vari episodi, come le scene di violenza a Napoli l’anno dello scudetto della Roma. La situazione si è via via incancrenita fino all’omicidio di Ciro, a margine di una partita che non vedeva nemmeno coinvolta la Roma”.
Qual è la situazione attuale all’interno del San Paolo anche alla luce del rapporto tra De Laurentiis e il Comune? “A Napoli c’è sempre una contestazione nei confronti di De Laurentiis, che a volte è più intensa e a volte meno. Non ci sono stati episodi di violenza all’interno dello stadio. Si fanno dei cori per tradizione, all’inizio e alla fine delle partite. Ci sono stati vari striscioni: agli ultrà e ai tifosi non piace la concezione che De Laurentiis ha del Napoli, ovvero che sia nato con lui. Ma questo malumore non riguarda la dialettica tra il presidente e il Comune di Napoli”.
Quanto conta la camorra nel rapporto tra gli ultras napoletani e le altre tifoserie? “Non credo che la camorra abbia una valenza in tal senso. Si parla molto dei legami tra i gruppi di tifosi organizzati e la camorra: ma lo stadio come zona di spaccio è un qualcosa che si verifica a Napoli come in altre città: a Torino per un regolamento di conti tra ultrà della Juve un paio di anni fa uno di loro fu ridotto in fin di vita a sprangate”.
Come è possibile che si sia arrivati ad un odio del genere tra due tifoserie che una volta erano molto amiche? “Credo sia avvenuta una metamorfosi negli stadi italiani. La cosiddetta tifoseria organizzata ha seguito una strada tutta sua e ha condizionato i rapporti, almeno a livello di ordine pubblico. Stavano cambiando i rapporti nelle curve: anche a Roma il CUCS stava perdendo potere. I vecchi capi ultrà sono stati spodestati dalle curve. Il pretesto fu quel gesto dell’ombrello di Bagni in un Roma-Napoli che terminò 1-1. Era una rivalità che riguardava solo i gruppi di ultrà, fino all’omicidio di Ciro Esposito che probabilmente ha cambiato qualcosa anche nella tifoseria comune, tra i tifosi ‘normali’. Ma la maggior parte dei sostenitori di Roma e Napoli continuano a guardare all’altra squadra come una compagine ‘cugina’”.
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