//

Roberto La Barbera, come diventare SuperUomini

Inizia la lettura
//
15 mins read

Roberto La Barbera, come diventare SuperUomini

Diventare campioni è qualcosa che il destino riserva a pochi uomini. Diventare SuperUomini è una questione di mentalità, di sacrificio e voglia di superare se stessi. Vincere una gara con i normodotati per un paralimpico sembra essere un’impresa impossibile. Ma per Roberto La Barbera questa parola non esiste. Per i 53 anni compiuti oggi, vi riproponiamo l’intervista che ci concesse poco tempo dopo il suo successo più clamoroso.

Ciao Roberto, i primi di Settembre hai vinto i Mondiali Master 50 di Salto in Lungo a Malaga, diventando il primo atleta paralimpico a vincere un mondiale master per normodotati. Sei consapevole di essere entrato nella storia? Quali emozioni hai provato?

Sì, ne sono consapevole. E’ stata un’emozione fantastica. La cosa che mi preme di più, però, in questa faccenda, al di là del primo posto e al di là di aver fatto qualcosa di incredibile, è aver dato un messaggio al mondo disabili. Sono orgoglioso di aver dato uno stimolo, quello che è mancato a me quando avevo 18 anni, con una protesi fatta con un pezzo di legno e 4 ferri. Me la sono vista abbastanza brutta. Oggi una cosa del genere penso dia tanta speranza. Essere stato il primo a vincere un titolo mondiale per normodotati è sicuramente un’emozione incredibile, ma ce ne saranno altri che faranno lo stesso. La cosa davvero importante è stata quella di essere il primo ad essere stato accolto in un mondiale per normodotati, perché oggi con la problematica protesi sì protesi no, può dare vantaggi non può dare vantaggi, hanno speso tantissime parole e soldi per fare delle ricerche. Per il salto in lungo posso dirti che ci sono 100 atleti che provano ad entrare ai Mondiali, ma si contano sulle mani quelli che ce la fanno. Se la protesi fosse un vantaggio quello che fa 5 metri da anni, perché con la protesi non ne fa 8,48 come Markus? Anche qui c’è la specializzazione della nostra disciplina. Ho tanti ragazzi che mi scrivono che stanno studiando i miei salti dai video sulla mia pagina facebook, ma quello che gli dico loro è che devono vedere non come salto ma come mi alleno e quanto fatica e impegno metto per prepararmi ad effettuare salti del genere.

Tu, come Bebe Vio e Alex Zanardi, sei sulla cresta dell’onda ed è una cosa certamente positiva. Ho letto che hai deciso di intraprendere la carriera sportiva dopo aver visto ad Atlanta 1996 Tony Volpentest, atleta senza mani e piedi.  Quale può essere l’approccio che può avere un ragazzo nel pieno dell’adolescenza nel doversi trovare ad affrontare una disabilità?

Come ho sempre detto, il nostro è un esempio positivo per tutti ma non per forza un ragazzo disabile per rivalersi nella vita deve fare atletica o ambire a vincere un titolo mondiale. La mia vittoria è la dimostrazione che, malgrado un incidente più o meno serio, si può tornare come prima o addirittura meglio di prima. Dipende anche dal tipo di incidente che hai: diciamo che il mio è tra i “migliori”. Dico così perché, per un ragazzo che diventa tetraplegico dopo un incidente, la questione è completamente diversa e quindi non riesco ad entrare nella testa di nessuno. Ti faccio un altro esempio: il campione Oney Tapia, un mio amico cieco che ammiro incredibilmente, parte da Bergamo da solo, cambia treni e autobus fino a Roma per arrivare in Federazione. Una cosa assurda per me, ma lui, allo stesso tempo, trova impossibile che io con un moncone possa correre 4 ore di seguito. In ognuno, nella disabilità, scatta un meccanismo di rivalsa e penso sia questo che ci permette di poter tornare come prima. Questo è il mio messaggio, della nazionale paralimpica, di tutti gli atleti del mondo.

Puoi vantare un Palmarés infinito, tra cui un argento alle Olimpiadi di Atene 2004. Quale è stato però il momento in cui hai capito che la strada sportiva sarebbe stata parte integrante della tua vita?

Naturalmente con la medaglia olimpica. Ti racconto una cosa che mi è tornata alla mente dopo la vittoria di Malaga: mia moglie, che era incinta di mia figlia (nata lo stesso giorno in cui sono stato insignito come Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, vedi il destino?), poco dopo la medaglia d’argento di Atene 2004, mi chiese cosa volessi di più dopo quel successo. Due cose: la medaglia d’oro, per ora sogno nel cassetto perché con il mio amico Markus che gareggia è impossibile che faccia 8,48. L’altra era quella di vincere un titolo in un campionato per normodati. E ci sono riuscito.

Come ci si allena per diventare come te?

Bisogna essere un po’ folli. Io mi alleno tanto, tantissimo e ogni anno mi alleno più dell’anno prima per motivi fisiologici perché a 51 anni non devo farmi male e devo fare più degli altri. Da ottobre fino a gennaio è un massacro di ripetute, resistenza e pesi. Se dai un’occhiata alla mia pagina facebook ti rendi conto quanto sono duri i miei allenamenti. E ogni anno ho l’opportunità di migliorare. A gennaio faccio una sorta di “scarico” per acquisire velocità in vista delle gare indoor di febbraio/marzo poi riprendo duramente un mese e mezzo e comincio il vero e proprio scarico che, di fatto, è più faticoso del resto dell’allenamento perché devo arrivare a correre velocissimo e riuscire ad abbinarci la tecnica per saltare. La difficoltà è proprio questa: arrivare al top nel momento top.  Il prossimo anno sarà durissima perché abbiamo a Novembre i campionati del mondo a Dubai e di conseguenza dobbiamo arrivare a giugno/luglio al top per fare i minimi per accedere. Poi bisogna iniziare la preparazione iniziale a luglio come se fosse Ottobre. Sarà durissima.

I numeri per quel che riguarda le Paralimpiadi sono in costante crescita. Ho sentito molti atleti paralimpici che vorrebbero far svolgere le Paralimpiadi contestualmente alle Olimpiadi per normodotati. Che ne pensi? Sei d’accordo con questa visione?

D’accordo lo saremmo tutti. Noi paralimpici abbiamo lottato molto per gareggiare alla pari, ma si è arrivati alla conclusione che non è possibile. E’ come far gareggiare una moto con una macchina, lo puoi fare ma alla fine le differenze rimangono. Ti faccio il mio esempio: a Malaga con il mio successo ho avuto tante attenzioni e se tornerò lì la gente si ricorderà di me. Il secondo classificato, però, è giusto che venga ricordato come il primo dei normodotati e io, contestualmente, il primo nella classifica dei disabili. Poi in quella gara tra normodotati e disabili, ha vinto il secondo, quella è la notizia. Però siamo due, due categorie distinte, perché noi abbiamo la protesi e loro no. Il fatto che ai Giochi si possa gareggiare tutti assieme sarebbe fantastico, ma lo è di fatto. Perché noi arriviamo subito dopo le Olimpiadi per normodotati e siamo nella stessa città. E’ una festa incredibile. Il partecipare contestualmente creerebbe confusione e toglierebbe visibilità ad entrambi. E’ bello che nei meeting importanti siamo incorporati e facciamo la stessa gara. In un Olimpiade, però, ci sono sponsor che pagano, eventi da organizzare, si perderebbe di significato sia da una parte che dell’altra. E’ giustissimo che siano una consecutiva all’altra. E se senti quelli che vivono nella città ospitante, ti dicono che sono state più emozionanti le paralimpiadi. E questa è una soddisfazione immensa per il nostro mondo. Senza contare che nelle paralimpiadi per una singola disciplina ci sono più gare che variano a seconda della disabilità. Verrebbe una finale di 100 metri con 30 gare, oltre a quella dei normodotati.

Grandissimo seguito per lo Sport Paralimpico arriva soprattutto dall’Estero e si ha l’idea che ci sia più attenzione rispetto all’Italia. Mi vengono in mente gli Stati Uniti. Si riuscirà mai ad avere la stessa visibilità che hanno i normodotati anche per i paralimpici, tolti casi isolati di fenomeni come te.

Il discorso è più complicato. Bisogna vedere alle radici, alla mentalità di certi posti. In Italia, la maggior parte dei ragazzi preferisce non fare ginnastica facendosi firmare l’esenzione dai genitori con la scusa dello studio. Poi magari neanche lo fanno. In America, nei grandi College, un ragazzo molto studioso ed intelligente, non raggiungerà mai il massimo dei voti se nello sport non eccelle e se non dimostra di avere lo spirito di sacrificio per ottenere risultati  sportivi fisiologicamente ottenibili, che possono fare tutti grazie all’allenamento. Per loro, se non hai lo spirito per eccellere nello sport, non puoi averlo neanche in un lavoro d’azienda. Qua sono gli stessi genitori a farti fare il certificato medico per esentarti dall’attività. E’ una mentalità diversa. In Cina, Giappone, in azienda per un’ora e mezza sei obbligato a fare sport altrimenti rischi il licenziamento. Perché per loro se non fai sport rendi meno sul lavoro. Prova a fare un discorso del genere in Italia. Solo adesso lo stanno timidamente inserendo ma all’eEstero è una vita che è così. Fin quando non cambieranno le cose non ci sarà un ritorno come nelle altre nazioni. Ma le cose stanno migliorando, rispetto a quando ho iniziato io che eravamo in pochi ad avere visibilità, ed eravamo sempre gli stessi. Adesso siamo diventati di moda, fortunatamente. Oney Tapia, Bebe Vio, la Versace e gli Insuperabili. Ma siamo ancora legati alla componente fortuna. Se ti vede un addetto ai lavori e trova in te delle qualità allora hai qualche possibilità, altrimenti fai fatica.

Ringraziandoti per il tempo chiudiamo con la classica domanda finale. Obiettivi prossimi da raggiungere?

Obiettivo è continuare un paio di anni su questi livelli. Tokyo 2020 è un sogno che si realizzerebbe perché vorrebbe dire partecipare a 5 edizioni delle Olimpiadi. La cosa che voglio fare assolutamente, però, e varrebbe più di tutte e 5 le olimpiadi è un’altra. Ci sto lavorando e solo per sfortuna non ce l’ho fatta. Ho rotto la protesi pochi giorni prima degli Europei e ho dovuto gareggiare con quella nuova, una cosa impensabile. Prima della rottura, in allenamento ho fatto sopra i 7 metri abbondantemente e moltissime volte. Ecco il mio obiettivo è questo: diventare il primo 50enne della storia a fare sopra i 7 metri. Lo puoi fare tra i 50 e i 55 anni.
Ci ha provato il monumento del salto in lungo Mike Powell e non ci è riuscito. Se io riuscissi a fare questo sarebbe una soddisfazione incredibile perché si realizzerebbe qualcosa che neanche una leggenda del genere è riuscito a fare. Questa è la mia aspirazione e quest’anno deve essere quello giusto. E dal momento che mi sento alla grande ora, non vedo perché il prossimo anno non debba sentirmi come adesso. Sarà il mio primo obiettivo e ci metterò l’anima per poterlo fare. Sarebbe grandioso.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articoli recenti a cura di