Rivoluzione d’ottobre e pallone: il calcio in Russia dopo la caduta dello Zar
Nella notte tra il 6 ed il 7 novembre 1917 (24 e 25 ottobre secondo il calendario giuliano) cominciava quell’evento che sarebbe passato alla storia con il nome di Rivoluzione Russa o, per l’appunto, Rivoluzione d’ottobre. Per l’esattezza, avvenne una vera e propria insurrezione guidata dal gruppo dei bolscevichi presso la città russa di Pietrogrado che avrebbe dato il via ad un governo rivoluzionario con a capo la figura di Vladimir Il’ič Ul’janov (dai più conosciuto col soprannome di Lenin).
Fu un vero e proprio scossone sotto molti punti di vista per quella terra che, fino ad allora, corrispondeva all’immenso impero della Russia zarista. Tra i vari ambiti che subirono importanti stravolgimenti non poteva mancare quello sportivo.
Ma quali furono esattamente gli effetti che tale evento ebbe sul mondo dello sport dalle parti di Mosca? In questo pezzo, noi di Gioco Pulito, proveremo a descrivere la situazione che si venne a creare a seguito di ciò che accadde in quel giorno di metà autunno del 1917.
Partiamo da un concetto base: lo sport era malvisto dagli alti dirigenti del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica) perchè, secondo la loro concezione, distraeva il popolo dal concetto concetto basilare di rivoluzione. Veniva difatti considerato un vero e proprio simbolo della borghesia e portatore di alcuni concetti divisori come professionismo, divismo, guadagni e violenza. D’altronde c’è chi giura che, un detto ancora molto in voga oggi, “il calcio è l’oppio dei popoli”, sia stato usato per la prima volta proprio in questa occasione.
Lo stesso Lenin non fu mai un vero e proprio atleta. Il padre della Rivoluzione però aveva ben in mente l’importanza dello sport in generale.
Tale importanza la possiamo leggere chiaramente in alcuni passi dei suoi scritti. Eccone uno in particolare che riportiamo di seguito: “Il comunismo deve apportare non l’ascetismo, ma la voglia di vivere e il benessere fisico. La gioventù, particolarmente, ha bisogno della gioia di vivere e del benessere fisico. Sport, ginnastica, escursioni, ogni sorta di esercizi fisici, svariati interessi culturali, studi analisi ricerche, imparare, studiare, ricercare quanto più possibile in comune, tutto ciò darà alla gioventù molto di più delle teorie e delle discussioni interminabili. Mente sana in corpo sano, né monaco né dongiovanni e nemmeno come mezzo termine un filisteo tedesco”
Per la popolazione in generale, invece, il calcio continuava a rappresentare un momento di puro svago e divertimento. Fondamentalmente per questo motivo, in quella fase storica, crebbe e si estese a vasti strati della società russa la passione per il gioco.
Al contempo, il mondo del pallone aveva attratto a sé molti intellettuali russi di allora. In un articolo pubblicato qualche settimana fa abbiamo, ad esempio, descritto la passione calcistica di uno dei più grandi compositori russi di tutti i tempi: Dmitrij Dmitrievič Šostakovič.
Altri grandi intellettuali di allora citarono il calcio. Uno degli esempi più noti che si può fare è il romanzo “L’invidia” di Jurij Olesa.
Lo stesso Olesa entrò a far parte del cosiddetto “consiglio degli allenatori” di una delle numerose squadre della capitale russa: lo Spartak Mosca. Essa fu fondata nell’aprile 1922 da Nikolaj Petrovič Starostin.
Fino a quel momento le squadre avevano avuto origine prevalentemente dall’iniziativa di membri di polizia, esercito o da ferrovieri (come la Lokomotiv), lo Spartak Mosca, invece, come società sportiva nasceva da un sindacato di operai ispirati dalla storia di Spartaco e, per questo diventò in poco tempo “la squadra del popolo”.
Un altro club glorioso della storia russa, il CSKA di Mosca, fondato nel 1911, prima della Rivoluzione, vide invece cambiare il suo nome in CDKA, come acronimo di Società Sportiva della Casa dell’Armata Rossa, che ancora oggi è una delle più grandi polisportive al Mondo.
Nel 1928 ci fu un altro evento, l’inaugurazione dello stadio Dinamo a Mosca, che consacrò il calcio non solo come sport nazionale, ma anche come imponente fenomeno di costume nazionale. Alcuni osservatori della società russa del tempo ci dicono che le tribune dell’impianto potevano contenere poco meno di 50.000 persone ed erano sempre gremite durante ogni incontro. Fu anche una delle sedi del torneo calcistico delle Olimpiadi del 1980.
Rimanendo in tema stadi, molti anni più tardi, nel 1956, venne inaugurato sempre a Mosca lo Stadio Lenin (oggi Stadio Lužniki), un’imponente struttura con 100.000 posti (in seguito ridotti a circa 80 mila), anch’esso sede delle gare olimpioniche dei Giochi russi e tristemente noto per una delle più grandi tragedie della storia del calcio.
Con L’inizio del decennio degli anni Trenta, lo stato centrale cercò di mettere a tacere tutte quelle forme di espressione che non avevano quel contenuto ottimistico e celebrativo della società ideale in via di costruzione. Il gioco del pallone, però, non venne minimamente toccato da questa repressione visto che nel giro di pochi anni era diventato molto popolare e, grazie ad esso, si riusciva a raggiungere un pubblico vastissimo. In particolare, da ricordare, fu la partita di calcio organizzata da Stalin in un luogo simbolo come la Piazza Rossa di Mosca.
Tutto questo comportò anche un grande sviluppo della nazionale calcistica dell’Urss che, fino alla sua dissoluzione nel 1991, raggiunse importanti traguardi sul campo. Tutti noi abbiamo ancora in mente le più importanti vittorie della squadra russa: l’oro conquistato alle Olimpiadi di Melbourne nel 1956, l’oro agli Europei di Francia nel 1960 e l’argento agli Europei di Spagna 1964.
Questi traguardi furono raggiunti grazie alle parate di uno dei più importanti portieri di tutti i tempi: Lev Ivanovič Jašin. Jasin non a caso fu il solo estremo difensore a vincere il Pallone d’Oro nel 1963; ma questa come si dice, è tutta un’altra storia…