Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (ventunesima giornata)
Covid ancora protagonista in campionato. Dopo le decisioni asimmetriche delle ASL è intervenuto il Governo per chiedere alla Serie A di giocare nuovamente a porte chiuse (5000 presenze sono di fatto uno stadio con qualche vocio di sottofondo). Difficile capire la necessità del provvedimento: come se l’accesso solo tramite green pass, la riduzione della capienza delle strutture (tutte all’aperto) e l’obbligatorietà dell’uso delle mascherine FFP2 non fossero condizioni sufficienti per rendere i contagi quasi impossibili. Probabilmente si è considerato che nella prassi molti tifosi, una volta ai loro posti, non indossino la mascherina come sarebbe necessario, vanificando l’efficacia del complesso delle misure previste. Nell’impossibilità concreta di poter costringere le persone ad utilizzarle, ecco che si è richiesto il ritorno a misure antecedenti la vaccinazione collettiva alla quale ci stiamo sottoponendo: un sentito ringraziamento va indirizzato a chi proprio non ce la fa a rispettare le regole. Ma, al netto di questo, le perplessità rimangono, nella speranza che da febbraio si possa tornare a far entrare negli stadi il pubblico seppure a percentuali ridotte.
La prime cinque della classifica avanzano a passo serrato: vincono tutte seppur in modi diversi. L’Inter rimane capolista con una partita ancora da recuperare dopo un difficile confronto con una Lazio che proprio non ci sta a giocare il ruolo della vittima sacrificale. I nerazzurri, alla fine, si impongono con la forza d’urto dei difensori e una convincente prestazione di Sanchez ma i romani tengono sulla corda Inzaghi fino al novantesimo. Il Milan supera in scioltezza l’ostacolo Venezia che, da parte sua, non può fare molto più che recriminare per un rigore (apparso legittimo) non concesso sul risultato di 0-2 mentre il Napoli, che vede rifiorire Spalletti in panchina dopo aver superato il Covid, ricorre al bomber di scorta Petagna per tornare alla vittoria. Dopo i passi falsi prenatalizi l’Atalanta torna ad essere dominante in terra friulana: il 2-6 è il risultato più largo della giornata ma le recriminazioni del direttore tecnico Pierpaolo Marino appaiono comprensibili visto che l’Udinese, falcidiata dalla pandemia, ha dovuto raccogliere alla spicciolata i giocatori eligibili per giocare che, comunque, erano in piena carenza di allenamento. Storture conseguenze di un periodo distorto nel quale capacità di adattamento e fortuna giocano ruoli fondamentali.
Infine la Juventus: sotto di due gol a venti minuti dalla fine riesce a ribaltare il risultato in sette minuti e a mantenere i tre punti nel finale, con Szczęsny che neutralizza un rigore calciato da Pellegrini, autore poco prima di una punizione magistrale che sembrava aver chiuso la partita. Difficile trarre considerazioni univoche da una partita che, almeno sulla sponda romanista, ha riportato in vita i fantasmi dell’era zemaniana. La squadra di Allegri (bravo a scegliere i cambi giusti, Morata su tutti) ha avuto il merito di rimanere con la testa nella partita anche quando sembrava non avere più grandi speranze. Dopo il gol del 3-2, arrivato in un momento in cui sembrava che la Roma potesse governare con serenità la gara, tutto è stato reso più semplice dalla friabile consistenza emotiva dei giallorossi, spaventati forse più dalla conoscenza delle proprie incapacità che dalle minacce bianconere. Una vittoria che fa morale e classifica, con la zona Champions che oggi non sembra più così lontana.
Da segnalare, infine, la vittoria sorprendente della Salernitana a Verona: con due partite ancora da recuperare il treno della salvezza potrebbe essere ancora a portata d’assalto.