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Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (ventitreesima giornata)

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Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (ventitreesima giornata)

Per l’Inter sono prove di fuga: mentre il Milan non riesce ad andare oltre un uggioso 0-0 a San Siro contro la Juventus, appena ventisei ore prima, sullo stesso campo, i nerazzurri avevano colto una vittoria in extremis che li distanzia dal secondo posto quattro punti con una partita da recuperare. Potrebbe essere il primo strappo importante di una stagione che finora ha vissuto di appassionanti incertezze. Anche se i dati sulla squadra di Inzaghi cominciano a diventare piuttosto univoci, seppure le ultime due partite casalinghe (contro l’Empoli in Coppa Italia e sabato sera) ne abbiano mostrato una versione opacizzata. Contro gli uomini di Zanetti è stato necessario aggrapparsi a Dzeko per mantenere alto il ritmo di marcia: nel colpo di testa che ha affondato un buon Venezia negli ultimi minuti, c’è la sintesi di una prestazione individuale che rispecchia quella della squadra, apparsa per buoni tratti ingolfata e poco incisiva. Ma la classe non è acqua e chi ne dispone ha sempre una risorsa in più da poter utilizzare quando le situazioni si fanno difficili e il tempo è un nodo sempre più stretto dal quale doversi divincolare per raggiungere un obiettivo.

Il Milan, che ha perso Ibrahimovic dopo mezz’ora, è stato incapace di superare l’arrocco difensivo organizzato da Allegri, che sperava in qualche ripartenza più efficace dei suoi per vincere la partita. Dalla poca spettacolarità del pareggio del Meazza esce rafforzata la Juventus che, misurati i suoi limiti, ha trovato il modo per gestirli ritornando in corsa per un posto in zona Champions che, solo due mesi fa, sembrava una chimera. Ai rossoneri non resta che utilizzare la sosta per riorganizzare le idee e recuperare freschezza in vista del derby che il calendario propone alla ripresa del 6 febbraio.

Il poco spettacolo offerto dalle squadre milanesi riflette una controtendenza che i primi mesi della stagione non lasciavano intuire: il bel gioco e l’intensità delle partite che si erano ammirate nei primi turni di campionato sembrano oggi una rappresentazione ormai conclusa influenzata dalla favola azzurra raccontata agli Europei da Roberto Mancini. Molti match sono tornati ad essere giocati sotto ritmo, facendo ricorso a giro palla noiosi e a tattiche attendiste che allontanano il livello della Serie A da quello dei principali tornei d’Europa.

E così, mentre il Napoli risale al secondo posto passeggiando sulle macerie della Salernitana, la Roma espugna Empoli con una nuova prestazione da dottor Jekyll e mister Hyde. All’ottimo primo tempo nel quale gli uomini di Mourinho sono andati in gol quattro volte ha fatto da contraltare una ripresa giocata su toni scadenti e approssimativi nell’approccio alla gara che hanno portato la mente alla partita suicida di due settimane fa contro la Juventus. Al tecnico portoghese rimane molto da lavorare ma i nuovi innesti sembrano poter garantire alla squadra valori tecnici utili a migliorare il cammino del girone d’andata.

Nella vittoria del Verona su un Bologna che non riesce a trovare continuità (la squadra di Mihajlovic è alla sesta sconfitta nelle ultime sette partite) spicca ancora la prestazione di Gianluca Caprari, fantasista che sembra aver trovato la maturità espressiva alla soglia dei trent’anni. Già esordiente in A più di dieci stagioni fa, lanciato prematuramente nel vortice della prima squadra da Luis Enrique nella sua esperienza romanista, Caprari sta disputando un campionato di alto livello dispensando assist e andando in gol (otto il parziale ad oggi) con una continuità che finora gli era sconosciuta. Mancini lo aveva chiamato in azzurro in una delle prime convocazioni del suo mandato senza utilizzarlo: un segnale comunque chiaro di apprezzamento delle doti tecniche di un calciatore che, con la necessità impellente per il CT di trovare nuove forze per il reparto offensivo della nazionale, potrebbe tornare utile per gli spareggi di fine marzo.

La Lazio non è riuscita ad abbattere il muro eretto dall’Atalanta. Letteralmente decimata dal Covid, la squadra di Gasperini ha saputo fornire la solita buona prestazione basata sul duro lavoro settimanale e la voglia di applicarsi di un gruppo che conosce bene le richieste del suo allenatore, il cui sguardo sorridente a fine partita certifica la soddisfazione per un risultato affatto scontato. Ai biancocelesti è rimasto solo il clamoroso palo di Zaccagni sul quale recriminare.

E, a proposito di pali, più ancora della Lazio questa domenica sono stati Cagliari e Torino a maledirli a più riprese: due quelli che hanno impedito agli isolani di battere la Fiorentina, addirittura tre quelli colpiti dai granata prima di essere raggiunti nel finale da un Sassuolo che poco aveva fatto per meritare il pareggio.

Giornalista e scrittore, coltiva da sempre due grandi passioni: la letteratura e lo sport, che pratica a livello amatoriale applicandosi a diverse discipline. Collabora con case editrici e redazioni giornalistiche ed è opinionista sportivo nell’ambito dell’emittenza televisiva romana.
Nel 2018 ha pubblicato il romanzo "Ci vorrebbe un mondiale" – Ultra edizioni. Nel 2021, sempre con Ultra, ha pubblicato "Da Parigi a Londra. Storia e storie degli Europei di calcio".

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