Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (undicesima giornata)
Spettacolo e intensità non hanno fatto difetto a questa undicesima giornata già a partire da Atalanta-Lazio, rappresentazione godibilissima sin dai primi minuti della partita. Per l’Atalanta solo conferme: atteggiamento agonisticamente superlativo, uno Zapata in forma smagliante e il ricorso a giovani di prospettiva (in campo c’erano Lovato, Scalvini e Piccoli, tutti nati dopo il 2000). La Lazio, oltre alla solita capacità di dimostrarsi letale con le ripartenze, comincia a esporre un modo di coprire il campo più vicino all’idea di calcio cara a Sarri. La squadra è apparsa più compatta, armonica nei movimenti in fase di non possesso palla. Il gioco offensivo non è ancora quello che più piace al tecnico toscano ma il tempo gli darà una mano a far recepire ai giocatori il messaggio. Due le segnalazioni importanti in casa biancoceleste: l’aggancio al primo posto della classifica dei marcatori all time di Ciro Immobile a Silvio Piola; e il gesto di fair play di Pepe Reina, colpito da una monetina in testa e mai sfiorato dal dubbio di accasciarsi al suolo per trarne beneficio. Lodevole, seppur poco evidenziato, il suo gesto: ricordando anche il soldo che colpì Alemao nel 1990 viene da pensare che a Bergamo ci sia un gran surplus di denaro. E che gli spettatori locali dispongano di un’ottima mira.
La Juventus, a Verona, prende lezioni di italiano. Inteso nel senso di modo di giocare, legato alle marcature strette a tutto campo che la squadra di Tudor mostra di saper applicare al meglio come già faceva lo scorso anno seguendo le direttive di Juric. Certo, non stiamo parlando del catenaccio old style ma di una modalità rivista e aggiornata del “primo non prenderle” che non vuol dire rinunciare allo spettacolo bensì togliere spazi, idee e capacità di ragionare all’avversario per poi andarlo a colpire appena indotto in errore. E’ questo il copione al quale si sono attenuti i gialloblù avvalendosi dello stato di forma straordinario di Caprari e Simeone che, da qualche settimana a questa parte, stanno facendo impazzire le difese avversarie.
A proposito dell’ex tecnico scaligero Juric, è giusto menzionare anche il suo Torino, distanziato di un solo punto dal Verona e in grado di sviluppare quel gioco fatto di pressing alto e marcature a uomo che sta dando le sue soddisfazioni anche al pubblico granata. E al Gallo Belotti, arrivato sabato sera al centesimo gol in serie A.
Il clou della giornata, però, è arrivato nella serata di domenica, quando a pochi minuti di distanza sono scese in campo le capolista. Che tali sono rimaste al termine dei rispettivi incontri: più faticosa, per paradosso valutato sulla qualità dell’avversario, la vittoria del Napoli, anche se la rinuncia contemporanea a Osimhen e Insigne non ha reso semplice la gestione della fase offensiva. Gli azzurri tengono botta rischiando anche di essere agguantati dalla Salernitana. Ma alla fine si accomodano sul divano nella speranza che la Roma di Mourinho riesca ad arginare, almeno in parte, la marcia del Milan. Speranza mal riposta, perché nella notte dell’Olimpico, che, ove ce ne fosse bisogno, dimostra nuovamente quanto ci sia voglia di vedere calcio negli stadi, i giallorossi non ripetono la prestazione fornita sette giorni prima contro il Napoli e si fanno da parte già alla metà del primo tempo senza trovare il modo di riprendere l’inerzia di una gara che solo dopo l’espulsione di Theo Hernandez ritrova un po’ di equilibrio.
Anche se, va detto, l’episodio decisivo del match, il rigore assegnato per intervento di Ibanez su Ibrahimovic, rimane incagliato nei meandri dell’interpretazione (VAR contro arbitro) di un regolamento che, piuttosto che assegnare certezze allo svolgimento del gioco, lo rende sempre più opinabile nonostante il salvifico utilizzo della tecnologia. Emblematiche, a tal proposito, le dichiarazioni di Mancini dopo il fischio finale:”Noi difensori non possiamo intervenire, non possiamo fare contrasti. Ci dicono di stare attenti con i falli di mano, noi difensori sembriamo pinguini. Questo non è calcio”. Da impacchettare e spedire a chi, appesantito dal troppo tempo trascorso dietro a una scrivania e ai tavoli dei ristoranti, si è dimenticato (o non ha mai saputo) cosa significhi giocare a calcio.