Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (trentasettesima giornata)
Il Milan riesce a pregustare solo per pochi minuti la gioia di essere Campione d’Italia. Alla vittoria sull’Atalanta fa seguito la netta affermazione dell’Inter a Cagliari, che rimanda l’esito finale del campionato all’ultima giornata. A San Siro i rossoneri preparano una festa che, almeno nel primo tempo, sembra non potersi celebrare: squadra contratta, senza lampi, ben opposta da un’Atalanta che cerca di trovare nella figura della sorpresa di giornata un riscatto almeno parziale a una stagione dura e in parte sfortunata.
Mancano le corse ragionate di Tonali e gli strappi ripidi di Leão e la squadra appare prevedibile, forse affetta da quella brutta sindrome che nel tennis viene chiamata braccino. Alla fine, però, è ancora il giovane attaccante portoghese a indirizzare il risultato con una delle sue accelerazioni: l’unica del match, sufficiente a spazzare dai cuori rossoneri la paura della beffa, a coronamento di un’azione forse viziata da un fallo su Pessina. Ma nelle migliori stagioni chi vince rimane spesso in debito con gli arbitri e la fortuna. Ai tifosi, prima di acclamare i propri eroi, rimane il gusto di osservare la perla di Hernandez che dà al risultato il suo profilo definitivo. Un encomio a Pioli, capace nell’infondere fiducia al gruppo e a fare i cambi giusti nei momenti opportuni.
L’Inter a Cagliari comincia immediatamente a galoppare nella prateria della metà campo avversaria: è chiaro dall’inizio che il dislivello di forze non verrà colmato da una serata di grazia dei padroni di casa o dalla frustrazione generata della vittoria del Milan. I nerazzurri dimostrano di avere potere fisico e abilità tecnica superiori a tutte le avversarie: un motivo ulteriore di rammarico oltre ai due punti di distanza che li separano dalla capolista. Rimane un’ultima partita nella quale riporre le speranze di un recupero che il trascorrere del tempo rende sempre più improbabile ma non impossibile.
Prime sentenze in zona retrocessione: con la vittoria conquistata a Udine lo Spezia si assicura un altro campionato nella massima divisione. Un esito affatto scontato che premia il lavoro serio di Thiago Motta e rinfranca nei propositi la proprietà americana. Continua a coltivare il grande sogno anche la Salernitana, che a Empoli, in una partita godibilissima, si trova in svantaggio prima di riprendere il risultato e sprecare un rigore che le avrebbe regalato anzitempo la salvezza. Complimenti anche ai toscani che, senza velleità residue di classifica, hanno giocato una partita intensa. In particolare il portiere Vicario, che ha messo la firma a una prestazione stratosferica. E’ un piacere segnalarlo: oltre che un ottimo professionista l’estremo difensore ha dimostrato nelle settimane scorse di essere persona sensibile e attenta a quello che accade fuori dal campo, avendo dato un esempio positivo (non solo ai colleghi) accogliendo in casa due profughi ucraini.
I complimenti vanno fatti pure al Venezia, sceso in campo all’Olimpico matematicamente retrocesso ma che dal primo minuto ha messo a dura prova le coronarie dei tifosi giallorossi, sollecitate oltremodo dalla prestazione della loro squadra, incapace a imporsi nonostante una superiorità numerica durata due terzi di partita. Va anche detto che la Roma non è stata fortunata visti i quattro pali colpiti: ma una squadra che vuole vincere una finale europea deve essere in grado di trovare un modo per battere l’ultima in classifica.
Ieri, dopo quindici anni, è retrocesso anche il Genoa che, nel giorno dell’addio di Insigne al Napoli, crolla definitivamente al San Paolo: la mesta fine di una stagione che ha chiuso l’era Preziosi. Il nuovo che avanza dovrà ripartire dalla in serie B.