Rivista al…Bar: il commento della Serie A di Paolo Valenti (seconda giornata)
Diversi, come sempre, i temi della giornata. Ma quello che, inevitabilmente, svetta su tutti, è l’addio di Cristiano Ronaldo alla Juventus e al calcio italiano, preannunciato da voci di corridoio inizialmente smentite con forza dalla società. Chissà con quanta convinzione e con quale stato d’animo: se la speranza di poter portare davvero a fine contratto l’asso portoghese o quella più pragmatica di alleggerire il fardello di un conto economico appesantito dagli effetti della pandemia e ricominciare a programmare una squadra costruita più su se stessa che sulle gesta epiche di un uomo solo.
Già, perché questo è Cristiano Ronaldo: un uomo, un giocatore solo, condannato da se stesso e dalla sua ambizione a inseguire record che lui stesso frantuma in successione. Una macchina perfetta che solo il tempo, alla lunga, riuscirà a fermare. L’egolatria lo ha reso qualcosa di diverso rispetto alla squadra in cui ha giocato. Un’azienda nell’azienda, come hanno detto in molti, che nel momento in cui ha capito che c’erano migliori opportunità di business (prospettive di risultati sportivi, contratto più lungo) ha preferito cambiare. Un buon affare per tutti: innanzitutto per il calciatore, tornato, a trentasei anni, a giocare nel campionato più bello del mondo in una squadra in lotta per vincere in tutte le competizioni; per la Juventus, che non riusciva a tener testa a un suo dipendente che, oltretutto, pesava troppo sul bilancio; per il Manchester United, che può mettere la ciliegina su una torta già molto appetitosa. Un buon affare e, allo stesso tempo, un fallimento: per Ronaldo e la Juventus, che si erano scelti per vincere la Champions e non ci sono riusciti; e per il campionato italiano, il cui livello qualitativo si è ulteriormente assottigliato dopo le partenze di Donnarumma e Lukaku.
CR7 mancherà davvero alla serie A? Probabilmente non più di tanto, almeno se la valutazione viene spostata dal campo del mero spettacolo a quello delle emozioni, il motore principale che alimenta il gioco del calcio. Ronaldo è mancato di empatia, non ha saputo emozionare: ha suscitato il brivido della vittoria, o della sua promessa, ma non ha spinto l’animo del tifoso alla commozione. “Io so’ io e voi non siete niente” sembra dire quando scende in campo in una versione aggiornata e corretta del Marchese del Grillo di sordiana memoria. Il campionato saprà trovare altri eroi, anche se tecnicamente inferiori a lui. E la Juventus, nelle mani di un allenatore intelligente e pragmatico come Allegri, saprà ricostruirsi su basi diverse. Anche se le prime due partite della stagione hanno fatto intendere che la strada sarà in salita.
Delle sette sorelle del nostro campionato, l’unica ad aver fatto un passo falso, oltre alla Juve, è stata l’Atalanta. Lo scialbo pareggio interno ottenuto col Bologna conferma le difficoltà di gioco già incontrate col Torino una settimana fa. Del resto le partenze sprint non sono mai state una specialità delle squadre allenate da Gasperini.
Volano, invece, le romane e le milanesi, aggrappate alle prodezze dei loro giocatori di punta: da Immobile a Pellegrini, da Correa a Giroud è tutta un’esplosione di marcature multiple che spingono sulle ali dell’entusiasmo estivo le rispettive ambizioni di vertice. Sarà un campionato avvincente, nel quale reciterà il suo ruolo importante anche il Napoli di Spalletti, non deflagrante ma arrivato comunque a punteggio pieno alla prima sosta della stagione con vista sulla Nazionale che, dopo il trionfo europeo, ha già due obiettivi molto nitidi da raggiungere: il pass per i mondiali 2022 e la Nations League. Se Mancini continuerà a lavorare seguendo i valori che l’hanno portato a vincere Euro 2020, ci divertiremo ancora.