Rivista al…Bar: il commento della Serie A a cura di Paolo Valenti (diciottesima giornata)
L’Inter è campione d’inverno: per quanto non sia un titulo ufficiale, sicuramente dà un’indicazione del sistema di valori del campionato, giunto a un passo da metà percorso. Dopo gli aggiustamenti d’assetto autunnali, i nerazzurri hanno trovato nuovi equilibri che sembrano capaci di imporre alle altre contendenti il valore quali-quantitativo di una rosa che, sulla carta, sembra migliore delle altre. Il campo, però, rimane (per fortuna) il giudice supremo e l’accoppiata che insegue resta vigile è affamata nonostante il calo di rendimento che ha accusato nelle ultime settimane. Lo scontro di San Siro, una sorta di derby dei reduci per via delle molte assenze inflitte dalle circostanze sia al Milan che al Napoli, ha evidenziato per entrambe un precario stato di forma, tanto che il big match di questa diciottesima giornata non ha saputo rispondere con un adeguato spettacolo alle aspettative del pubblico. Vince il Napoli grazie a un gol trovato nei primi minuti e ad una prestazione che, seppur non superlativa, lascia intravedere una struttura di gioco che invece nel Milan sembra essersi perduta nella delusione dell’eliminazione dalle Coppe europee. In questo momento ai rossoneri serve attingere alle qualità mentali di Ibrahimovic, forse ancor più che a quelle tecniche, per ritrovare la convinzione di essere un top team.
La Roma si scopre finalmente mourinhana in una delle trasferte più ostiche finora affrontate. A Bergamo il tecnico portoghese vince il duello tattico con Gasperini che, al netto delle recriminazioni sul gol annullato, nel dopo partita non si concede (quanto meno con la stampa) la più seria autocritica che dovrebbe fare a se stesso e ai suoi ragazzi: quella di non avere ancora affinato il killer instinct. Dopo la sconfitta casalinga col Villarreal, quella consuntivata con la Roma segna un altro passo falso nel percorso di sviluppo della mentalità vincente di una squadra che, per la continuità di risultati e prestazioni dimostrata negli ultimi anni, è chiamata a uscire dalla comfort zone della provinciale di lusso per competere a pari livello coi migliori club italiani ed europei.
Tornando ai giallorossi, tocca a Tammy Abraham, indiscusso man of the match, dare il titolo alla prestazione della sua squadra: what a win! È l’esclamazione sorpresa che l’attaccante inglese ripete più volte nelle interviste post gara, rimarcando le dimensioni di un risultato frutto di novanta minuti di applicazione mentale feroce, senza sbavature. Dopo il gol realizzato al primo minuto, la Roma non si fa sopravanzare dagli attacchi dei nerazzurri, che riescono a impensierire Rui Patricio quasi esclusivamente con tiri dalla distanza e calci piazzati. Le folate offensive di Abraham e Zaniolo, che combinano in ugual misura potenza e tecnica, le incursioni del marine Veretout e la capacità statuaria di fare reparto quasi da solo di Smalling, peraltro autore del gol che di fatto chiude la partita, evidenziano gli acuti di una prestazione collettiva che accende il dubbio su quale sia la vera Roma: quella balbuziente vista contro Inter e Spezia o la squadra determinata e implacabile ammirata a Bergamo? La prossima partita contro la Sampdoria potrà dare qualche indicazione aggiuntiva nel merito.
Probabilmente ottiene la palma della sfida più aperta quella tra Fiorentina e Sassuolo, compagini che declinano sul campo le idee armoniche e offensive dei rispettivi tecnici, Italiano e Dionisi. Gli emiliani confermano il loro buon momento di forma andando a Firenze a giocare una gara tutta in verticale che frutta un doppio vantaggio a lungo protetto dalle straordinarie parate di Consigli. La Fiorentina risponde col solito Vlahovic e una voglia di non arrendersi che si infrange, dopo il raggiungimento del 2-2, sull’espulsione di Biraghi, che costringe i suoi a guardare al pareggio come a un punto guadagnato piuttosto che a due persi. Il primo, peraltro, dall’inizio del campionato.
Nell’ultima parte della classifica continua il ristagno delle ultime tre squadre: Cagliari, Genoa e Salernitana proseguono nella loro imbarazzante impasse che non porta né punti né speranze. Del tutto inadeguati liguri e campani: ma mentre per i rossoblù le iniziative della nuova proprietà dovrebbero quanto meno tentare di trovare dei correttivi per aggiustare la rotta (anche se la mossa di Shevchenko sulla panchina fino ad oggi sembra essere stato più un azzardo che una scelta efficace), per i granata quest’anno la massima serie, complice la controversa situazione societaria, sembra essere ormai solo una sospensione temporale tra due stagioni di serie B. Diverso il discorso per il Cagliari, che non riesce a scrollarsi di dosso un malessere di gioco e di risultati impensabile a inizio campionato per il valore dei giocatori in rosa, oggetto degli strali del ds Capozzucca dopo l’ennesima figuraccia rimediata davanti al proprio pubblico.