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Rio 2016, Pallanuoto: Valentino Gallo:”La mia terza Olimpiade? Sempre una grande emozione”

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«Da giovanissimo mi allenavo prima di andare a scuola, dopo e nel tardo pomeriggio. Per raggiungere i livelli più alti ci vuole predisposizione, talento e tantissimi sacrifici. Senza quelli non vai da nessuna parte». E’ alla sua terza olimpiade Valentino Gallo, 31 anni, siracusano, attaccante mancino della nazionale italiana maschile di pallanuoto a Rio. Con il suo metro e novantatré di altezza, per 97 kg di peso e sei medaglie all’attivo, fra cui un argento alle Olimpiadi di Londra e un oro ai mondiali di Shanghai, si prepara, insieme ai compagni a dare del filo da torcere alle squadre avversarie. Un percorso, il suo, iniziato per caso dopo aver visto la finale dei Mondiali di Roma nel ’94. E da allora un crescendo di successi che l’hanno portato, oggi, alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e il 6 agosto, alle 17.00 ora italiana, si inizia. «La tensione è altissima. Ti senti una goccia in un oceano di atleti».

Sei alle Olimpiadi per la terza volta. L’emozione è la stessa?

«Questa è la mia terza olimpiade e l’emozione, in una competizione come questa, è sempre molto grande. Però devo dirti che è un tipo di emozione diversa. Maturando forse cambia anche questo.»

Quanta tensione c’è quando si partecipa ad un evento così importante come questo?

«La tensione è altissima, quasi non te ne rendi conto. L’importante è canalizzarla sempre nella direzione giusta. Più che altro è come sentirsi una goccia in un oceano di atleti.»

Nella tua carriera hai collezionato numerose medaglie fra cui un argento alle scorse Olimpiadi di Londra e un oro ai mondiali di Shanghai. A quale sei più legato?

«Sono più affezionato al Mondiale vinto a Shanghai perché credo che un oro sia sempre un oro.»

Alle Olimpiadi di Londra, le prime in cui l’Italia riuscì a conquistare l’oro nella pallanuoto maschile, i tre azzurri: Ermenegildo Arena, Pasquale Boncore ed Emilio Bulgarelli, dissero, durante un’intervista al cronista Nicolò Carosio: “Noi siamo quelli del Settebello, ci chiami così”. Sai perché?

«Il Settebello si chiama così perché era loro abitudine giocare con le carte napoletane in treno (in quel periodo la maggior parte della squadra era composta da napoletani). Per questo scelsero questo nome».

Se, a distanza di 68 anni, dovessi scegliere due compagni di squadra con il tuo stesso carisma e spessore per ribadire insieme, “Noi siamo il Settebello”, per chi opteresti?

«Posso dirti che quelli che reputo di maggior carisma con i quali posso dire: “Siamo il Settebello” sono Matteo Aicardi e Christian Presciutti. Anche se devo aggiungere che siamo una squadra molto affiatata e competitiva e sono sicuro che a queste olimpiadi daremo del filo da torcere a tutti.»

Sei siracusano ma hai vissuto per 12 anni a Napoli, monumento della storia del Posillipo: mi racconti in cosa ti senti campano e in cosa, invece, resti sempre siciliano?

«Questi 12 anni a Napoli in parte mi hanno cambiato. Diciamo che, per certi versi, Napoli è stata una palestra di vita. Sicuramente nel mio modo di scherzare ed affrontare le difficoltà (quasi scherzandoci sopra) mi sento napoletano. Per il resto la mia sicilianità è rimasta intatta e così sarà sempre. Devo confidarti che mi manca tanto la mia terra e spero, un giorno, di tornare a vivere nella mia città».

Hai un rito scaramantico prima di entrare in vasca?

«No, non sono scaramantico».

Come ti sei avvicinato alla pallanuoto?

«Mi sono avvicinato alla pallanuoto per caso, guardando la finale dei Mondiali di Roma nel ’94. Mi appassionai così tanto che l’allora allenatore delle giovanili dell’Ortigia Siracusa mi persuase a provare ad allenarmi. E’ nato così l’amore infinito per questo sport».

Quanti sacrifici deve fare un atleta per arrivare a certi livelli?

«Da giovanissimo mi allenavo prima di andare a scuola, dopo e nel tardo pomeriggio. Per raggiungere i livelli più alti ci vuole predisposizione, talento e tantissimi sacrifici. Senza quelli non vai da nessuna parte».

Quando smetterai di praticare questo sport cosa farai?

«Il mio desiderio è quello di dare ancora tanto a questo sport, magari facendo l’allenatore. Inoltre ho già avviato con due soci la produzione di una birra artigianale buonissima, la Zion, che è già presente in tanti locali di Siracusa e provincia».

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