La NBA, come tutti i mondi che fanno dello show business il loro cavallo di battaglia, tende ad esaltare i suoi giocatori, mitizzandoli e elevandoli a figure quasi epiche. Ma spesso, in questo processo di idealizzazione, ci si dimentica del lato umano che si cela dietro ogni giocatore. Della loro storia personale, del loro passato. Un passato che, per alcuni, racchiude un significato particolare.
Randy Foye è sicuramente tra coloro che non potranno mai estraniarsi dal loro passato. Perché lo ha segnato, in modo indelebile. Basti pensare che nell’85, all’età di due anni, Randy perde il padre a causa di un incidente in moto. E dopo neanche tre anni il fato si abbatte nuovamente su di lui: la madre scompare nel nulla, dopo essere stata vista per l’ultima volta mentre saliva su un camion guidato da sconosciuti. Rapimento? Disgrazia? Nessuna traccia della donna.
Il piccolo Randy e il fratello si ritrovano in una situazione disperata, ma per fortuna la nonna e la zia si prendono cura di loro. Li crescono e li educano come meglio non potrebbero, riuscendo a tenerli lontano dalle tante strade della perdizione che Newark, in New Jersey, può offrire a giovani sbandati.
Randy fin da piccolo mostra una propensione innata verso il basket. Il pallone, fra le sue mani, sembra telecomandato. Ma il destino, non ancora soddisfatto, decide di infierire su di lui: all’età di 7 anni il bambino scopre di essere affetto da una sindrome, il situs inversus. E’ una condizione congenita a causa della quale alcuni organi si trovano nel lato opposto del corpo, il cuore e la milza sono a destra, il fegato a sinistra.
Il suo stato di salute va costantemente monitorato, ma fortunatamente la sindrome non costringe Randy a tenersi alla larga dai campi da basket. Al contrario, lui continua a migliorare giorno dopo giorno, tant’è che viene notato da ZeGale Kalliehan, matricola alla New Jersey City University. ZeGale – per gli amici Z – prende a simpatia il piccolo Foye e gli offre consigli importanti, diventando per lui una fonte di ispirazione.
Partito dalla periferia di Newark, Randy riesce passo dopo passo a costruirsi una carriera di tutto rispetto. Prima in NCAA , dove diventa una colonna portante dei Villanova Wildcats e si afferma tra i giocatori più forti a livello universitario. Poi, nel 2006, il salto nel basket che conta: viene scelto con la settima pick al draft dai Celtics, per poi essere subito girato ai Blazers, che a loro volta ne cedono i diritti ai Minnesota Timberwolves.
Da qui avrà inizio un lungo e prolifico percorso professionale. In 10 anni Foye giocherà con sei squadre diverse, e soprattutto in maglia Nuggets troverà la giusta continuità di rendimento, diventando una pedina chiave in quel di Denver.
Il 15 luglio Foye ha firmato un nuovo contratto con i Brooklyn Nets, carico come non mai per l’inizio della sua undicesima stagione in NBA. Ma prima é necessario effettuare le visite di routine, soprattutto tenendo conto della sua sindrome.
E quando, pochi mesi dopo, Randy riceve una chiamata da un numero di New York il sangue gli si gela nelle vene. Il medico che lo aveva sottoposto agli stress test lo aveva avvisato chiaramente: se fosse arrivata una telefonata da un numero governativo, questa avrebbe comportato un esito negativo agli esami clinici.
Nell’alzare la cornetta Randy sa già di doversi preparare al peggio. Ma eccola, la sorpresa. La chiamata proviene da Brooklyn, non da New York, e dall’altro capo del telefono c’è un uomo che gli comunica una notizia sconcertante: “Signor Foye, crediamo di aver trovato il cadavere di sua madre, Regina Foye.”.
Randy resta paralizzato. Di lì a poco scopre che la donna era morta 27 anni prima, per overdose, ed era stata seppellita a Brooklyn sotto il nome di Jane Doe – nome che viene assegnato ai corpi delle persone di cui non si conoscono le generalità -.
Per fortuna non è stato il cuore, durante gli stress test, a tirargli un brutto scherzo, ma il passato, tornato prepotentemente a galla. Un passato che per anni lo aveva perseguitato, costringendolo a fronteggiare ogni giorno un enigma indecifrabile, un mistero insolubile. Ma grazie a quella telefonata, Randy ha scoperto la verità. E ora, forse, gli spettri del passato che da sempre lo hanno tormentato non saranno nient’altro che un vago ricordo.